Because we're friends. Anti-repressione in Germania e Rote Hilfe.

18 / 8 / 2018

Demi, un attivista della Rote Hilfe di Heidelberg, descrive il modello tedesco di solidarietà attraverso il suo simbolo più longevo e attivo. Dal supporto legale alla gestione delle notizie, la RH rimane il punto di riferimento principale per il contrasto della repressione politica su suolo tedesco, coordinando attivisti su tutto il suolo nazionale. Traduzione di Anna Clara Basilicò.

Se vi è mai successo di partecipare a una protesta in Germania, o di usare il bagno in un appartamento di attivisti, con ogni probabilità vi siete imbattuti nella guida Was tun wenn’s brennt? (affettuosamente chiamata WTWB e disponibile anche nelle versioni inglese e italiano), Cosa fare quando la situazione inizia a scottare?, un libretto di istruzioni su da farsi in caso di problemi con le forze dell’ordine tedesche.

Questo opuscolo è la pubblicazione-simbolo di un’organizzazione chiamata Rote Hilfe (vale a dire: Aiuto Rosso). Mettendo insieme oltre 10.000 sostenitori e svariate centinaia di membri attivi, la RH si occupa di anti-repressione, e di quello solamente. Evitiamo accuratamente qualsiasi presa di posizione circa questioni politiche specifiche, così da essere un riferimento per tutta gli attivisti. Che tu sia un anarchico, un comunista, un antifascista, un attivista per i diritti degli animali o tutti questi messi insieme, se sei (o sei stato) vittima di repressione politica, in particolare per mano dello Stato, sei il benvenuto, e nessuno di noi giudicherà la tua causa – fintantoché possa definirsi chiaramente “progressista”.

Qualcuno potrebbe aspettarsi parecchie dispute interne su cosa si possa – e non si possa – propriamente definire “di sinistra” e “progressista”. In realtà, per quanto all’interno dell’RH si discuta quotidianamente, dal punto di vista pratico questo non ha mai costituito un problema. Il nostro statuto se la cava semplicemente fornendo qualche esempio: «Per quanto possibile, l’RH garantisce solidarietà a chiunque […] sia perseguito in Germania a causa della sua attività politica. Viene considerata tale, ad esempio, l’agire a sostegno del movimento operaio, fornire solidarietà internazionale, portare avanti lotte antifasciste, antisessiste, antirazziste, democratiche e sindacali, opporsi all’antisemitismo, alla militarizzazione e alla guerra. Il nostro sostegno va a chiunque perda il proprio lavoro, sia interdetto da una professione, stia affrontando un processo, abbia ricevuto una pena detentiva o la comminazione di una sanzione pecuniaria, o sia soggetto a qualsiasi altro danno. Inoltre, la nostra solidarietà va a chiunque sia politicamente perseguitato in qualsiasi Paese».

Propaganda vs. Azione

Lavorare sul fronte anti-repressione significa molte cose. Uno degli aspetti più importanti è capire come contrastare le politiche repressive ed “educare” gli attivisti. Il WTWB è una delle soluzioni adottate, ma esistono anche documenti su argomenti più specifici, come l’uso dello spray al peperoncino o sulle analisi del DNA, così come un opuscolo più dettagliato sul rifiuto a testimoniare (Aussageverweigerung) – una situazione tra le più spinose in Germania, dal momento che, se convocati come testimoni da un PM o un’aula di tribunale, rifiutando di testimoniare può significare la prigione. Stabilire che accettare di testimoniare provoca danni ben maggiori e mantenere vivo l’insegnamento sono questioni di estrema importanza, che naturalmente traggono più beneficio da un’organizzazione di livello nazionale che dal modello dei piccoli gruppi locali para-legali.

Ciò nonostante, le pratiche di anti-repressione sono locali per definizione: poniamo che si tenga una manifestazione e che le autorità costringano gli organizzatori a restrizioni davvero ridicole (caso piuttosto frequente in Germania), chiedano i nominativi di diversi manifestanti, proibiscano i concentramenti nei luoghi richiesti o vietino striscioni o cartelloni di dimensioni sensate. Poi, durante il corteo, le forze dell’ordine istigano gli attivisti, cercano di disperdere la manifestazione o la attaccano senza motivo. E dopo che tutto è finito, polizia e tribunali iniziano a perseguire i partecipanti. In questi casi (e in molti altri), l’RH serve da supporto agli attivisti, cui fornisce informazioni e consigli, oltre a provvedere agli aspetti legali e, qualora necessario, al pagamento delle parcelle o delle sanzioni. Normalmente riusciamo a coprire il 50% delle spese legali, dando per scontato che altre strutture possano farsi carico del resto.

Tutti questi problemi sono molto più facili da gestire se le persone si fidano le une delle altre e conoscono, ad esempio, chi tra gli avvocati della zona capisce che, nei processi politici, ottenere il rilascio o l’assoluzione degli imputati non è l’unico obiettivo. Da questo punto di vista, un’organizzazione centralizzata non potrebbe garantire un altro grado di efficienza, ed ecco perché la maggior parte del lavoro dell’RH è portato avanti dalle sezioni locali. La maggior parte delle grandi città tedesche ha la propria divisione cui si rivolge chiunque abbia problemi. Quasi tutte le divisioni locali, peraltro, si occupano anche del legal team (Ermittlungsausschuss) della propria città.

Centrale vs. Locale

L'RH è quindi un’organizzazione che muove dal basso, ma questioni come la produzione di materiale informativo o di nuove politiche da assumere vengono dibattute tra tutti i gruppi locali, e le risorse finanziarie sono gestite centralmente. Abbiamo anche alcuni “dipendenti” stipendiati, a garanzia che tutto il lavoro burocratico sia svolto in maniera affidabile (questi, tuttavia, non sono impegnati nelle decisioni politiche). Per tutti questi aspetti, esiste un consiglio eletto ogni due anni (Bundesvorstand) di circa dodici persone che si incontra una volta ogni due mesi. Oltre a discutere le questioni politiche quotidiane, gestire l’ufficio stampa centrale etc. etc., il consiglio può intervenire sulle decisioni locali in materia finanziaria – il che, comunque, accade molto raramente, e generalmente quando gli avvocati difensori hanno rilasciato alle autorità dichiarazioni su larga scala mettendo in pericolo altri attivisti, oppure se hanno dato alla corte la soddisfazione di vederli rimpiangere (e condannare) le proprie azioni.

La gestione centralizzata delle risorse finanziarie è un’ottima idea, soprattutto perché, mettendo in comune le economie, le conseguenze finanziarie di eventi più vasti – si pensi al G20 di Amburgo, o alle proteste contro un grande assembramento di neo-nazisti – non rischiano di portare alla rovina l’organizzazione. Per inciso, un altro dei vantaggi di avere un’organizzazione dietro alle grandi città è che chiunque viva nel Paese, al di fuori di quei centri, ha comunque una rete di riferimento a cui rivolgersi in caso sia perseguito ­– e in molti lo sono.

Che qualcosa come l’RH esista può sembrare un piccolo miracolo in un mondo in cui i movimenti di sinistra sembrano dividersi a ritmi più veloci di quelli con cui nascono. Per la verità, l’RH è nata, almeno inizialmente, dalla fusione di vari gruppi para-legali locali, che hanno iniziato a collaborare negli anni Settanta e hanno continuato la loro azione fino ad oggi. Ormai tuttavia, la maggior parte degli attivisti che si uniscono all’RH lo fa a titolo individuale, e non per via di quella fusione.

Passato vs. Presente

Gli attivisti che hanno trovato il coraggio, negli anni Settanta, di dare il via a un’organizzazione su scala nazionale avevano un modello ben definito: la Rote Hilfe Deutschlands (RHD) degli anni Venti e Trenta. La RHD all’epoca contava oltre un milione di membri, fornendo sostegno alle decine di migliaia di persone che si opponevano all’ascesa del nazismo (e, ovviamente, a tutte le altre questioni dell’epoca) – si occupò anche di organizzare i centri di accoglienza per i bambini degli attivisti in prigione. E sebbene fosse gestito essenzialmente come una succursale del KPD (un partito comunista mediamente ortodosso che negli anni Trenta riuniva circa 300.000 persone), diversi intellettuali meno ortodossi come Thomas Mann, Kurt Tucholsky e Albert Einstein diedero il loro apporto all’RHD. Quando Hitler prese il potere, gli attivisti della RHD e molti degli avvocati che avevano prestato il proprio lavoro finirono nei campi di concentramento o furono giustiziati ancora prima. Ciò detto, le continuità tra l’RHD e l’RH nata negli anni Settanta da attivisti di diverso genere sono piuttosto flebili.

E rimane, la diversa natura dell’RH: le varie sezioni hanno punti di vista diversi, attivisti da movimenti totalmente diversi e diverse generazioni, come risalta chiaramente quando, come organizzazione, proviamo a ragionare collettivamente. Ad esempio, adesso ci troviamo nella situazione di dover elaborare una posizione comune sul rifiuto di farsi identificare, una pratica portata avanti con successo durante le azioni contro l’estrazione di carbone. Quando si cerca di deliberare in maniera, per quanto possibile, sensata sull’argomento, è sicuramente d’aiuto l’avere nella stessa organizzazione sia persone impegnate nella lotta climatica sia persone che hanno tratto d’impaccio attivisti che hanno dimenticato i documenti, andando alle manifestazioni, un po’ troppo spesso.

Alcuni gruppi locali sono scomparsi perché hanno fallito nel rimpiazzare le persone che, per vari motivi, avevano abbandonato, ma nuove sezioni nascono continuamente grazie alla consapevolezza dell’importanza di una struttura anti-repressiva ben funzionante che consenta alla scena di sinistra di crescere e di agire. Ma, miracolosamente, l’RH continua ad aiutare gli attivisti e, con profonda umiliazione dei servizi segreti tedeschi, continua a crescere.