Bil`in (PS) - Art of resistence in Palestine

Utente: marziana
6 / 9 / 2013

Una giornata intensa quella di oggi. Una giornata che ci ha vist* immers* in quella che comunemente chiamiamo resistenza palestinese.

A Bil`in, un piccolo villaggio che con le proprie case ‘tocca’ il muro oltre il quale si trovano gli insediamenti israeliani, ogni venerdi si parte in corteo dopo la preghiera in moschea fino ad arrivare dove l`aria diventa urticante, per il troppo tear gas presente. Quello che accade ogni venerdi, dal gennaio del 2005, non e’ altro che una denuncia perpetua della situazione d`intimidazione e subordinazione che quotidianamente i palestinesi vivono sulla propria pelle.

Si’, perche’ e’ proprio la pella che si rischia a prendere parte alle contestazioni. Infatti in questi anni le numerose proteste contro il muro sono sempre state duramente represse, tant’e` che non si contano i feriti, gli arresti, i soprusi. E a ricordarcelo piu’ di tutto ci sono i due morti, nel 2009 e nel 2010: fratello e sorella che hanno messo il proprio corpo ad ostacolo della prepotenza israeliana.

Cio` che pero` colpisce veramente e’ lo spirito con cui viene affrontato ogni venerdi: uno spirito che non cede all`esasperazione, alla rabbia, al rancore ma che invece antepone a tutto cio’ la potenza dei simboli, dell’organizzazione, della solidarieta’. Si’, perche’ la resistenza palestinese e’ piena di simboli, di gesti che evocano dignita’, come bene ci mostra il documentario “Five broken cameras”.

Si tratta, questa, della testimonianza dura e toccante di un padre di famiglia che decide di filmare la realta’ cosi’ come la vivono i suoi abitanti, attraverso una prospettiva dal basso,  una focalizzazione interna che ci pone dal punto di vista di chi tutti i giorni si vede privato dell’accesso alle proprie terre.

La determinazione di queste persone, pero’, non e’ stata del tutto vana: questi anni di mobilitazioni, lacrimogeni, contestazioni attraverso i corpi e la volonta’ degli abitanti di Bil’in, ha costretto la corte suprema internazionale a dichiarare illeggittimi qugli insediamenti e persino l’alta corte israeliana ad ammettere che quel muro e’ illegale, obbligando lo stato d’Israele a demolirlo per spostarlo qualche chilometro addietro.

Bil’in e’ una realta’ cruda che pero’ ci lascia con un sorriso: la volonta’ di ‘resistere un minuto piu’ di loro’ di questa gente li ha resi un esempio per molti in tutto il mondo, ma soprattutto un modello da imitare anche per gli altri villaggi nella stessa situazione, molti di piu’ di quanti non si possa immaginare.