Bolsonaro: «I veri uomini non prendono il coronavirus». In Brasile vige il negazionismo

2 / 4 / 2020

Nel continente latinoamericano il primo caso di positività al coronavirus è avvenuto in Brasile a fine febbraio. Da allora il paese, che conta oltre 210 milioni di abitanti, ha avuto una crescita costante dei contagiati, arrivando questa settimana a superare gli oltre 4 mila casi. Il negazionismo di Bolsonaro, dettato dagli stretti rapporti con le grandi imprese che spingono al sacrificio della popolazione per salvare i loro profitti, rischia di far precipitare il paese in una drammatica crisi sanitaria, considerate anche le difficili condizioni di vita a cui è costretta una parte importante della popolazione. 

A cercare di fermare la discesa senza freni verso gli abissi, alcuni governatori locali, che hanno stanno garantendo la quarantena nonostante il parere contrario del potere centrale, e le organizzazioni sociali che nei territori costruiscono ponti, solidarietà e campagne a sostegno dei più poveri, come il caso del Movimento dos Atingidos por Barragens (movimento dei colpiti dalle dighe) con sede a San Paolo, ma con diramazioni in tutto lo stato, in prima linea in questa emergenza. Raggiunto telefonicamente, Moises, compagno conosciuto l’anno scorso in Italia durante una visita del movimento, ci racconta la situazione nel paese.

Nelle ultime settimane sono saliti in modo preoccupante i casi di positività al coronavirus. Puoi raccontarci qual è la situazione nel paese? Quali sono le regioni più colpite?

Oggi in Brasile abbiamo 4661 casi confermati di coronavirus con 166 persone decedute. Gli stati più colpiti sono quelli di San Paolo con 73 persone decedute e di Rio de Janeiro con 18. È stata decretata la quarantena, siamo in isolamento e sono aperti solo i servizi essenziali di pubblica utilità come i supermercati e le farmacie. In alcune regioni, dove ci sono più casi di positività sono stati chiusi anche i trasporti, con il risultato che non ci si può spostare non solo da una regione all’altra ma nemmeno da un municipio all’altro. Tuttavia al momento non è stata decretata una quarantena forzata, non c’è isolamento totale. È una situazione molto complessa e già stiamo cominciando ad affrontare le prime difficoltà. Per esempio cominciano a scarseggiare i prodotti nei supermercati e i prezzi stanno continuando a salire. Inoltre, le istituzioni non coprono le tasse, le bollette dell’energia e dell’acqua, cosa che potrebbe ridurre l’impatto economico della crisi nella vita delle famiglie. Questi sono i problemi concreti che sta affrontando la popolazione. Proprio per questi motivi sta crescendo un movimento di protesta molto importante che punta ad ottenere questi “sconti” almeno per tutta la durata di questo periodo speciale che stiamo passando.

Il presidente Bolsonaro nonostante nel mondo ci siano più di 800 mila contagi e oltre un miliardo di persone in isolamento a casa, continua a sostenere che è solo una banale influenza. A livello istituzionale sembra che ci sia una guerra interna al governo oltre che con le opposizioni in merito alle misure di contenimento prese. Cosa ha fatto per fermare l’epidemia?

Secondo Bolsonaro non è rilevante quello che sta succedendo nel mondo, dice appunto che è solo una banale influenza e che esiste solo un limitato gruppo di persone a rischio. Tutti gli altri devono tornare a lavorare altrimenti l’economia brasiliana crollerà e sarà più pericoloso del virus stesso. La posizione assunta da Bolsonaro non è volontaria: nelle scorse settimane il presidente si è incontrato con i più importanti imprenditori brasiliani e a seguito di questa riunione sono stati proprio loro a dettargli la linea e a costringerlo a dire che è indispensabile che i brasiliani tornino a lavorare. Per esempio, un noto imprenditore di Brasilia, dice che dobbiamo stare attenti a dare troppa importanza al coronavirus perché altrimenti rischiamo più fallimenti che morti. Quindi sono più preoccupati per le imprese che per le persone. Dopo la riunione con gli imprenditori, Bolsonaro continua a mantenere questa posizione, seguendo un po’ quello che è successo a Milano e negli Stati Uniti, con la differenza che nei due casi citati, le posizioni sono poi cambiate mentre qui no e anzi Bolsonaro continua a fare campagne in internet perché la gente torni a lavorare, dicendo che non c’è nessun tipo di problema.

Dall’altro lato, nella destra di governo, c’è una parte, in particolare il ministro della salute, che difende l’isolamento sociale di tutta la popolazione e non solamente per i gruppi di persone più a rischio. Su questo tema quindi c’è un confronto serrato perché la maggioranza della popolazione continua a seguire l’isolamento e i governatori continuano a garantire questa possibilità nonostante l’opposizione di Bolsonaro. Sì, al momento, c’è un grande scontro all’interno delle istituzioni. 

Noi delle organizzazioni di sinistra crediamo che sia necessario al momento tenere un isolamento sociale, questo è il momento di preservare la vita e non il lucro, questo è il nostro discorso e stiamo proponendo misure più forti perché la popolazione non soffra tanto come sta soffrendo ora. Come avevo detto prima, ci stiamo battendo perché siano ridotti i costi per le famiglie o perché siano aumentate dall’altra parte le imposte per chi possiede grandi fortune (che al momento sono esenti da imposte). Quest’ultima potrebbe essere una forma rapida per investire denaro per la popolazione in difficoltà, per garantire un “reddito emergenziale” per chi, non potendo uscire di casa non può neppure trovare i soldi per comprarsi il cibo per sé e per la propria famiglia, che è il problema più grave per molti.

In tutto il mondo la pandemia ha dato visibilità ai limiti del sistema capitalista: oggi a pagare questa crisi sono i “los de abajo”, i migranti, i carcerati, le comunità indigene e chi vive ai margini della società. Qual è la situazione sociale nel paese di fronte all’emergenza?

Di fatto anche qui è così. Chi sta soffrendo di più questa situazione è chi vive nelle periferie, i lavoratori informali, i precari. Per tutti loro il discorso pubblico di Bolsonaro è terribile, la gente non lo sopporta più, comincia a manifestare, ci sono molti “pañuelazo” contro le sue misure e contro il suo atteggiamento. Per esempio, ci sono state due manifestazioni delle classi più benestanti dove è sceso in piazza pure lui rompendo per primo l’isolamento sociale e questo non è stato visto bene. 

Un altro problema per gli abitanti delle periferie, oltre a quelle del salario e delle garanzie finanziarie per sopravvivere, è quello dell’accesso all’acqua. In Brasile l’85% della popolazione ha accesso all’acqua potabile, il resto non ce l’ha. E solo il 60% ha accesso alla sanità di base, quindi la situazione è molto grave. Avere accesso all’acqua è la principale forma di preservarsi contro il coronavirus. Questo è lo scenario che abbiamo ed è per questo che stiamo costruendo un’opposizione alla condotta di Bolsonaro: dobbiamo lottare perché la popolazione abbia accesso all’acqua, all’energia o al reddito minimo. Proprio ieri il senato brasiliano ha approvato un sostegno di 600 reales al mese per ogni cittadino (al massimo due per famiglia) per ridurre l’impatto economico della crisi. La proposta di Bolsonaro era di 200 reales ma la pressione sociale e la battaglia all’interno del parlamento delle opposizioni è riuscita a far approvare un sostegno maggiore. È una piccola conquista ma comunque importante.

Gli esperti sanitari dicono che questa crisi durerà ancora per molto tempo. Cosa pensi succederà in Brasile nei prossimi mesi?

Molto dipenderà da come la popolazione riuscirà a reggere l’isolamento sociale e le conseguenti condizioni economiche. Se le cose seguiranno come adesso, con la popolazione che sta seguendo le indicazioni di tenere l’isolamento sociale, magari insieme a misure di sostegno economico come dicevo prima, l’impatto potrebbe essere meno devastante. Ma questo impatto ci sarà perché il sistema sanitario, che in Brasile è pubblico (il sistema unico di salute è stato una conquista della sinistra brasiliana negli anni ’90), è in difficoltà e molto precario, anche a causa del tentativo di Bolsonaro di privatizzarlo. Nelle prossime due settimane arriverà la fase acuta ed è molto probabile che il sistema collasserà e non riuscirà a sopportare la domanda di persone che avranno necessità di ricorrere alle cure. Credo che molto dipenda dalle prossime azioni del governo federale, che è la cosa che ci preoccupa di più perché la popolazione, i prefetti, i governatori hanno compreso la gravità della situazione mentre il presidente ha assunto questa posizione negazionista che non aiuterà a superare la crisi. Da parte nostra, noi continueremo la nostra attività politica tentando di avanzare proposte che aiutino la popolazione cha ha più bisogno a superare questo momento difficile.