Brasile - Bilancio della Riforma Agraria nell'era Lula

Secondo la Commissione Pastorale della Terra il 2010 è stato l'anno peggiore

10 / 1 / 2011

1. Secondo la CPT, il 2010 è stato l’anno peggiore per la Riforma Agraria negli otto anni di governo Lula.   La Commissione Pastorale della terra fa una analisi della congiuntura politica e valuta passi avanti, sfide e ostacoli alla Riforma Agraria nel 2010, l’anno in cui termina l’ “Era Lula”.    Alla fine di un anno che rappresenta il compimento di due mandati del Presidente Lula, le sfide e gli ostacoli storici alla Riforma Agraria in Brasile non sono stati superati. Nel 2010, abbiamo assistito alla riduzione del 44% del numero di famiglie insediate, in relazione all’anno precedente, oltre alla riduzione del 72% rispetto agli ettari destinati alla Riforma Agraria. L’Incra è diventato ancora più inefficace con il proprio bilancio ridotto quasi della metà tra il 2009 e il 2010.      I numeri di questo ultimo anno dell’ERA LULA dicono chiaramente: la Riforma Agraria non è stata una priorità per il Governo Federale. La Riforma Agraria che doveva essere assunta come Progetto della nazione e di sviluppo sostenibile, si è trasformata in un precario programma di insediamenti, ad un livello inferiore rispetto alle domande reali degli uomini e delle donne delle campagne.Bilancio della Riforma Agraria nel 2010Il 2010, che chiude la cosiddetta Era Lula è stato l’anno peggiore per la Riforma Agraria negli ultimi 8 anni. La realtà è che la promessa del Presidente Lula di fare la Riforma Agraria con un colpo di penna non è stata mantenuta.   La situazione dei contadini e lavoratori rurali è abbastanza grave! Il campo esige cambiamenti che favoriscano la cittadinanza, lo sviluppo sostenibile, che vadano contro la concentrazione di terra e contro il rafforzamento del già forte agrobusiness brasiliano! Nel 2010 c’è stata una riduzione delle famiglie insediate del 44% in relazione all’anno precedente, che era stato già abbastanza insoddisfacente in relazione alle promesse e al dovere del governo di fare la Riforma Agraria e, soprattutto, di fronte alle necessità delle famiglie contadine.  C’è anche stata - durante il 2010 - una drastica riduzione del 72% degli ettari destinati alla Riforma Agraria, secondo i numeri divulgati dall’INCRA. Non è esagerato affermare che nel 2010 c’è stata un’assoluta stagnazione nel processo di Riforma Agraria in tutto il Paese.  Di fatto, il bilancio dell’Incra è stato ridotto di quasi la metà tra 2009 e 2010. Questo significativo taglio di risorse conferma che la Riforma Agraria non è stata una priorità per il governo federale. Il quadro si è ancor più aggravato perché, al di là dei tagli,lo stanziamento destinato in bilancio alla Riforma Agraria, per  quest’anno, si è esaurito nel mese di giugno e il Governo non ha fatto niente per evitare che il Congresso Nazionale vietasse un supplemento di fondi. (…)  La Riforma Agraria, come insieme di misure strategiche per affrontare la concentrazione della proprietà della terra e per promuovere uno sviluppo sostenibile e egualitario nel campo, si è trasformata in un precario programma di insediamenti, a un livello molto inferiore rispetto a quello previsto dalle promesse del II Piano Nazionale di Riforma Agraria.  E’ triste che il   Governo Lula, in questi otto anni, abbia relegado questo programma ai margini delle politiche pubbliche e abbia praticato una sorprendente opzione preferenziale per l’agrobusiness e per il latifondo. La storica disputa presente in Brasile tra due progetti per le campagne brasiliane si è sbilanciata a favore dei potenti di sempre. Da un lato, si favorisce con risorse pubbliche abbondanti l’agrobusiness agroesportatore e distruttore del pianeta. Dall’altro lato, praticamente si relega a un livello inferiore l’agricoltura familiare e contadina che garantisce la produzione di alimenti, del rifornimento del mercato interno e che fornisce lavoro a più dell’85% della manodopera del campo, secondo l’ultimo censimento agrozootecnico del 2006.   Con l’espansione del settore dello zucchero e alcool e maggiori investimenti del governo per la produzione di etanolo, il  numero di lavoratori trovati in situazioni di schiaviù è notevolmente cresciuto. Nell’epoca di Cardoso, circa cinquemila lavoratori e lavoratrici sono stati liberati dal lavoro schiavo nelle campagne. Nell’Era Lula questo numero sale significativamente a 32.000. Abbiamo attribuito questo aumento ad un lavoro più intenso del   Gruppo Mobile di lotta al Lavoro Schiavo, stimolato da una maggiore mobilitazione sociale sul tema, dalla creazione di Campagne, di denunce nazionali e internazionali (OIL), da visibilità sulla stampa, dalla creazione di una lista nera, oltre ad altri meccanismi giuridici come la modificazione della definizione penale del crimine di Lavoro Schiavo, nell’art.149.  Riguardo ai territori quilombolas la situazione è la stessa. In realtà, non c’è stata volontà politica di definire i territori quilombolas, al di là del fatto che l’Incra non dispone di personale formato e di una struttura per promuovere il processo di riconoscimento e di elaborazione di relazioni tecniche, restando inerte di fronte a questo debito storico con il popolo dei quilombolas, discendenti di chi ha sofferto una odiosa schiavitù. Come risultato di questo, sono insignificanti i dati divulgati dall’Istituto, che rivelano che il Governo Lula arriva al suo ultimo anno emettendo soltanto 11 titoli alle comunità quilombolas. Numero abbastanza irrisorio di fronte alla domanda di più di 3000 comunità in 24 stati brasiliani.Anche su questa questione, l’agrobusiness ha esercitato pressioni contrarie alla registrazione delle terre e, purtroppo, il governo è stato più sensibile a queste pressioni e interessi piuttosto che al suo principale dovere di fare giustizia per le comunità quilombolas. (…)  Anche rispetto alla  Riforma Agraria, purtroppo il governo Lula ha mantenuto il passivo di conflitti per la terra ricevuto dal Governo anteriore. L’attuale politica economica è una alleata delle imprese transnazionali, minerarie e dell’agrobusiness e, così, penalizza sempre di più l’agricoltura familiare e contadina.Anche se le occupazioni di terra sono diminuite in alcuni Stati, negli ultimi anni, in particolare nel 2010, il numero di famiglie coinvolte nella lotta per la terra nell’Era Lula, non è lontano da quello dell’Era Cardoso (570.000 famiglie, 3.880 occupazioni). I dati del governo Lula, relativi ai due mandati, non sono ancora definitivi, ma le stime indicano la partecipazione di circa   480.000 famiglie in 3.621 occupazioni di Terra durante questo periodo (dati del Nucleo di Studi, Ricerca e Progetti  di Riforma Agraria - NERA).  Anche nel Sertão Nordestino sono visibili gli effetti perversi di questo abbandono di priorità delle politiche pubbliche. Si è intensificata la crescita dell’agrobusines e dello sfruttamento delle miniere, con il decisivo appoggio dei Governi Federale e Statali, attraverso azioni e risorse pubbliche. E’ quel che sta succedendo nella regione della  Vale do Açu e nella Chapada do Apodi, nel  Rio Grande do Norte, nell’alto sertão del Paraiba e nel sertão pernambucano.  Si tratta di progetti di sfruttamento delle miniere, di frutticoltura irrigata con uso intensivo di pesticidi che comportano degrado dell’ambiente e soprattutto, con l’irrigazione pagata dalle risorse pubbliche,  sostengono prioritariamente le grandi imprese e non i piccoli produttori.In tutti questi grandi Progetti, i risultati immediati nella creazione di posti di lavoro e di investimenti nascondono un futuro non sostenibile, con danni alla salute delle persone e all’ambiente, oltre alla concentrazione di reddito e di terre, con gravi impatti sulle popolazioni tradizionali.  Con questi modelli e parametri, il progetto di trasposizione del   São Francisco, che il governo sostiene, è un Progetto che porterà benefici solo all’agro-idro-business e danneggerà invece le comunità tradizionali come quelle indigene, i quilombolas e gli abitanti delle sponde del fiume. Nelle regioni di Curumataú e Seridó paraibano, lo sfruttamento delle attività minerarie fa soltanto aumentare l’illegale appropriazione di terre e l’espulsione delle famiglie che da decenni abitano e coltivano quell’area.  Nella   Zona da Mata pernambucana, il Governo Federale non ha messo in discussione il dominio territoriale del decadente agrobusiness della canna. Neanche la tragedia ambientale, con l’inondazione di decine di città in Alagoas e Pernambuco, a causa dei danni provocati dalla canna da zucchero, ha sensibilizzato i Governi Federale e Statale. Anche se l’ IBAMA ha promosso azioni civili pubbliche per obbligare le aziende di Zucchero e Alcool del Pernambuco a risarcire i danni ambientali, la forte pressione del settore e l’appoggio del Ministero Pubblico Federale, ha fatto sì che ci fosse una tregua della Giustizia nei confronti di queste Imprese secolari, mentre la popolazione più povera  perdeva tutto ciò che aveva nella devastante alluvione del 2010.  Di fronte a questi fatti, la ricostruzione delle città sta avvenendo in aree espropriate alle Aziende senza che sia stata presa nessuna misura preventiva o strutturale di ricostituzione della Mata Atlântica distrutta.   Per quanto si riferisce all’acquisizione di terre da parte di stranieri, il Governo Federale ha perso il controllo (che c’era tra 1971 e 1974) e ha continuato la politica di Cardoso permettendo l’acquisto di aree estese di territorio da parte di imprese straniere o brasiliane controllate da stranieri.Solo nel 2010, l’Avvocatura generale dell’Unione ha rivisto il suo parere e ha cominciato a capire che la vendita di terre brasiliane a stranieri o a imprese brasiliane controllate da stranieri, doveva essere limitata al massimo a 5.000 ettari e che la somma delle aree rurali controllate da questi gruppi non doveva oltrepassare il 25% della superficie di un comune.   La decisione è arrivata tardi ed è stata inefficace, servendo invece a consolidare tutte le acquisizioni realizzate prima, diventando una misura di estrema gravità e attentatrice nei confronti della sovranitù nazionale, lasciando sotto la dominazione straniera aree vicine alle frontiere e nella regione amazzonica.  Quindi, nel governo Luca, non c’è molto da celebrare a favore dell’agricoltura contadina. Ma abbiamo il dovere di registrare alcune eccezioni per stimolare una loro moltiplicazione. Per esempio, il Programma Nazionale dell’Agricoltura Familiare   (PRONAF) e il Programma Nazionale di Educazione nella Riforma Agraria (Pronera) sono stati trasformati in politiche pubbliche permanenti, con decreti firmati da Lula.    Altro fatto positivo è stata la ristrutturazione della Campagna Nazionale di Rifornimento (Conab), che praticamente non esisteva e che è diventata uno strumento importante per la commercializzazione dell’agricoltura familiare e contadina   Altro fattore positivo è stato che il Governo Federale ha smesso di essere un agente attivo nella criminalizzazione di lavoratori senza-terra, dei loro dirigenti e dei loro movimenti. Questo ha creato difficoltà alle azioni dell’agrobusiness nell’ambito del Potere Giudiziario, potere che non è molto migliorato in questi anni per il suo atteggiamento sulle questioni agrarie e rispetto al riconoscimento dei diritti dei cittadini umili e sfruttati.  Di fronte all’esistenza di queste poche azioni positive, in contrasto con le molte negative compiute dal Governo Lula rispetto alla Riforma Agraria, il prossimo governo deve avere una atteggiamento fermo, compiere azioni concrete sulle questioni strategiche relative alla Riforma Agraria. Per esempio: 1.     Assumere effettivamente la volontà politica di realizzare la riforma agraria e sostenere l’agricoltura familiare e contadina;2.    Stabilire stanziamenti in bilancio compatibili con la portata delle richieste e con la dignità e i diritti del popolo delle campagne;3.    Proporre un modello che metta al primo posto la sovranità alimentare, basato sulla produzione contadina; 4.    Limitare le dimensioni della proprietà della terra;5.    Assicurare l’approvazione del Progetto di Emendamento Costituzionale  (PEC) 438/2001 PEC,  che prevede la confisca delle terre degli schiavisti6.     Garantire la demarcazione delle terre indigene e quilombolas;7.    Promuovere la standardizzazione della funzione sociale della terra attraverso i vari punti fissati nella Costituzione;8.    Aggiornare infine gli indici di produttività  In Brasile, non ci potrà essere uno sviluppo alternativo, democratico e sostenibile senza una riforma agraria profonda e estesa. Attualmente tutto il Mondo si interessa alle questioni dell’ambiente e alla necessità di salvare il pianeta. La riforma agraria e l’agricoltura familiare e contadina sono parti essenziali di questo sforzo non rinviabile per ottenere la sostenibilità desiderata nell’agricoltura, nella produzione di alimenti e nei modelli produttivi. Anche sotto questo aspetto, il Governo Lula ha favorito il latifondo nella discussione, nella definizione e nel passaggio in parlamento  del progetto del nuovo Codice Forestale. Il periodo che ora si chiude con la fine del secondo mandato del Presidente Lula, ha prodotto risultati evidenti nella formazione di Consumatori, ma non in quella di Cittadini. Le sfide sono immense perché la  migrazione che è avvenuta tra le classi sociali non sia meramente provvisoria. In realtà, il fatto positivo di poter consumare è solo una parte della cittadinanza, che si stabilizza con l’accesso alla conoscenza, all’educazione e alla terra, alle condizioni per poter produrre, tra le cose che il Governo Lula non ha saputo né voluto assicurare al popolo delle campagne  Così, di fronte alle domande delle riforma agraria e dell’agricoltura familiare e contadina, è immensa la missione del Presidente della Repubblica recentemente eletta. Con l’appoggio della maggioranza del Congresso Nazionale, la futura Presidenta avrà effettivamente, in questi campi strategici, la missione di fare la Riforma Agraria che in Brasile non è mai stata fatta.

Articolo tratto dal sito della Commissione Pastorale della Terra

Trad. Serena Romagnoli

    

Brasile - Bilancio del 2010 e lotte per il 2011 a cura MST