Colombia: a rischio le trattative di pace

di Bz
30 / 1 / 2013

Sono ripresi all’Avana, Cuba, lo scorso 14 gennaio, i dialoghi di pace con al centro la proposta di una riforma rurale ed agraria integrale, socio-ambientale, democratica e partecipativa, cosi come la 'insurgencia' ha avanzato esortando la controparte governativa a porre fine alla retorica guerrafondaia che accompagna le false promesse di risolvere i problemi sociali.

I portavoce guerriglieri hanno chiesto alla delegazione governativa di dimostrare la volontà di avanzare nel processo di pace, ponendo sul Tavolo proposte chiare e concrete indicate dal paese, e mettendo fine al problema del latifondo e della spoliazione della terra con metodi violenti o mascherati dalla legalità.

Le FARC, dopo aver studiato con attenzione le proposte che il popolo ha presentato attraverso Forum, eventi organizzati dall’iniziativa popolare, dall’ONU, dall’Università Nazionale, dalla commissione di Pace di Senato e Camera, ed attraverso la pagina web disposta dalla Tavola delle Conversazioni, hanno reso nota la bozza di una posizione preliminare in merito al primo punto dell’Accordo Generale, denominata “Dieci proposte per una politica di sviluppo rurale e agrario integrale con focalizzazione territoriale”, dove la prima proposta è la “Realizzazione di una riforma rurale e agraria integrale, socio ambientale, democratica e partecipativa, focalizzata territorialmente”. Dalle proposte del popolo colombiano, pienamente cosciente che alla base del conflitto sociale ed armato c’è la questione della terra e di tutte le disuguaglianze politiche, economiche, sociali e culturali legate al latifondo, le FA RC, nell’esercizio della propria sovranità politica, propongono una riforma integrale che trasformi le relazioni rurali, che contribuisca alla democratizzazione reale del potere territoriale, della società, dello Stato e del modello economico nel suo insieme, sradicando fame e povertà, riconoscendo contadini e contadine come soggetti politici a cui sia garantito il godimento effettivo di diritti politici, economici, sociali e culturali.

Juan Carlos Pinzón, ministro della Guerra colombiano, ha dichiarato due giorni prima della ripresa dei dialoghi dell'Avana (il 14 gennaio scorso) che “le FARC non hanno mai mantenuto la loro parola”, alludendo al cessate il fuoco unilaterale di due mesi dichiarato dall'insorgenza il 20 novembre 2012.

Pinzón, facendosi portavoce dell'opposizione ai dialoghi con le FARC, sostenuta dall'oligarchia narco-latifondista e dai settori più reazionari, pone all'ordine del giorno la necessità di una tregua bilaterale (gli attacchi e le provocazione dei militari contro le FARC sono proseguiti imperterriti, nonostante il cessate il fuoco dichiarato dall'insorgenza), e di porre limiti al conflitto per ridurne gli effetti a danno della popolazione civile; per questo è necessario il riconoscimento dello status di forza belligerante alle FARC, passaggio essenziale per disegnare una regolamentazione del conflitto nella prospettiva di un suo superamento.

ll 20 gennaio sono scaduti i 60 giorni di tregua delle operazioni offensive decretati dalle FARC all'apertura dei dialoghi e davanti all'evidenza della situazione, nonostante le dichiarazioni del suo ministro Pinzon, il presidente Santos è stato alla fine costretto a riconoscere che le FARC avevano mantenuto la parola.

Ora la situazione in Colombia ritorna al novembre 2012, quando ancora non erano state avviate le trattative e secondo cifre governative ogni mese cadevano in media 200 soldati e poliziotti negli scontri con la guerriglia.

Da parte loro le FARC, in mancanza della disponibilità governativa a firmare un cessate il fuoco bilaterale, propongono almeno un trattato di regolazione del conflitto che diminuisca l'impatto della guerra sulla popolazione civile, per esempio vietando di posizionare basi e caserme militari nelle aree abitate, cosa che equivale ad usare la popolazione come scudo umano. Tecnica largamente impiegata da esercito e polizia colombiani, non solo per ripararsi dagli attacchi della guerriglia ma anche per poterla cinicamente accusare di danneggiare i civili.

In mancanza di un trattato del genere, così come di una sospensione bilaterale delle operazioni belliche o di ogni altra iniziativa volta a dare corpo e sostanza ai dialoghi in corso, si rischia di por fine a quel processo di pace partito, con grande risonanza simbolica , con la dichiarazione di Oslo, città dove, appunto, viene assegnato il Nobel per pace.

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