Colombia, Duque ritira la riforma ma “el paro no para”

3 / 5 / 2021

Quattro giorni di sciopero generale, 21 persone uccise (35 secondo Human Rights Watch), 503 arresti arbitrari, 208 persone ferite, 42 denunce di abusi e violenze ingiustificate, 10 denunce di violenze di genere. Tanto è costata la lotta al popolo colombiano ma domenica il presidente Duque è stato costretto alla resa e ha annunciato il ritiro della riforma tributaria “per il poco consenso politico”.

Proteste Colombia

Nella breve conferenza stampa, nessun accenno alle straripanti manifestazioni di dissenso che hanno messo in ginocchio il suo governo e lo hanno obbligato a fare dietrofront. Nessun accenno nemmeno alla inaudita e vigliacca violenza messa in campo in questi giorni per portare avanti la riforma. Stridono le parole di Duque mentre parla della necessità di pensare a una nuova riforma, per i settori più deboli, per garantire il diritto allo studio o i diritti dei lavoratori. Stridono perché abbiamo ancora negli occhi le immagini agghiaccianti di questi ultimi quattro giorni che sono giunte fino a noi: immagini che raccontano di violenza gratuita, di poliziotti che sparano ad altezza uomo, alle spalle e per uccidere; di blindati che spezzano i cortei entrando a velocità folle e lasciando sul terreno uomini e donne la cui unica colpa è quella di pretendere un po’ di più della miseria e della violenza elargita da uno dei governi più violenti della regione.

Le sue parole stridono, perché sappiamo tutti benissimo che quando un governo parla di ridurre la povertà, le ingiustizie e le disuguaglianze in realtà sta dicendo l’esatto opposto e promettendo due cose sole: lacrime e sangue. Stridono ma non traggono d’inganno più nessuno ormai. Chi si aspettava piazze piene di manifestanti felici di prendersi la sbornia per la vittoria e pronti a ritornare buoni buoni a casa rimarrà deluso. Forse anche lo stesso Duque tutto sommato. Sì, perché le piazze piene della domenica hanno subito fatto capire che non c’è nessuna voglia di arrendersi: “el paro sigue, el paro no para”.

E le motivazioni sono molteplici: innanzitutto il presidente ha dichiarato che verrà ritirato questo progetto di legge, ma che una riforma è necessaria e i suoi uomini si metteranno subito al lavoro per una nuova proposta. E poi, non c’è solo la riforma tributaria sotto l’occhio attento dei manifestanti che ora chiedono il blocco della riforma della salute, altro nodo centrale soprattutto in quest’epoca di pandemia. Il nuovo progetto di legge di riforma della salute è fortemente osteggiato innanzitutto perché considerato anticostituzionale in quanto mina il diritto fondamentale alla salute della popolazione. Il tentativo è quello di trasformare definitivamente gli ospedali in delle aziende concentrando l’attenzione sui profitti piuttosto che sui diritti alla salute e dei lavoratori del settore, come mostra la grafica qui sotto.

Proteste Colombia

Se il blocco della riforma della salute è il prossimo obiettivo prioritario dichiarato dalla popolazione in lotta, più in generale la richiesta al governo è quella di bloccare qualsiasi iniziativa di riforma durante la pandemia e di concentrarsi sul fondamentale sostegno ai milioni di colombiani che da oltre un anno stanno resistendo alla pandemia, alla miseria e alla violenza prodotta dallo Stato.

Resistere a tutto questo non è certo facile ma questa volta il popolo colombiano ha dimostrato, grazie anche alla sofferta e dolorosa vittoria ottenuta con il ritiro della riforma tributaria, che qualcosa è cambiato nel paese, che la popolazione non è più disposta ad accettare in silenzio le disuguaglianze prodotte dalle politiche neoliberiste dei vari governi che si sono succeduti; che non è più disposta a veder calpestare i diritti dei lavoratori, degli studenti, delle minoranze; che ripudia la violenza statale che si scatena contro qualsiasi movimento di opposizione politica. Sperare che il tiranno cada non è più un’utopia lontana. Che “el paro siga y, ojala, triunfe”.