Lo stato maggiore dell'esercito nordcoreano, in particolare, avrebbe informato «ufficialmente» Washington sul fatto che le minacce americane saranno «distrutte» anche con mezzi nucleari, che sono stati «esaminati e ratificati».

Corea, pretattica di guerra

di Bz
4 / 4 / 2013

La retorica della guerra ha compiuto i suoi passi, anche formalmente.

Pyongyang ha «ufficialmente» informato la Casa Bianca e il Pentagono di una potenziale azione nucleare, ha, quindi, aggiunto Kcna, secondo la quale «nessuno può dire se una guerra esploderà o no in Corea e se esploderà oggi o domani». Ribadendo, in ogni caso, come «il momento dell'esplosione si stia avvicinando, rapidamente»: lo stato maggiore dell'esercito nordcoreano, in particolare, avrebbe informato «formalmente» Washington sul fatto che le minacce americane saranno «distrutte» anche con mezzi nucleari, che sono stati «esaminati e ratificati».
Le ultime boutade coreane sono giunte al termine di una giornata turbolenta all'altezza del 38esimo parallelo, durante la quale erano stati evocati venti di guerra sempre più forti.

Una giornata cominciata con un'altra offensiva di Pyongyang: la chiusura ai lavoratori del Sud del distretto industriale «a sviluppo congiunto» di Kaesong. Un gesto riportato dai media di Seul con stupore, perché Kaesong finora si era dimostrato il più riuscito esempio della cooperazione tra i due Paesi. Non a caso, con l'impennata della tensione, che è arrivata dopo giorni di minacce crescenti nordcoreane all'indirizzo di Seul e Washington che non hanno risparmiato il tabù nucleare, il ministro della Difesa di Seul, Kim Kwan-jin, aveva assicurato l'esame di tutte le opzioni possibili, anche quella militare nel caso di scenario peggiore, qualora la sicurezza dei propri lavoratori nell' enclave nordcoreano fosse risultata a  serio rischio.

Gli USA hanno confermato che sono stati dispiegati a Guam missili del sistema Terminal High Altitude Area Defense (Thaad), per proteggere la base militare da eventuali missili nordcoreani a breve e medio raggio. "Gli Stati Uniti - si legge ancora nel comunicato- rimangono vigili di fronte alle provocazioni della Corea del Nord e sono pronti a difendere il territorio americano, i nostri alleati e i nostri interessi nazionali".

La Cina ha inviato messaggi preoccupati alle ambasciate. Il ministero degli Esteri di Mosca ha parlato di «situazione esplosiva».
E la Francia ha chiesto una riunione d'urgenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu.
Tutte le diplomazie del mondo, insomma, hanno gli occhi puntati sull'incandescente terra di nessuno che, dal 1953, segna il confine tra le due Coree.

Ma cosa sta succedendo di tanto grave in quell’area da paventare il baratro di un conflitto nucleare? Tentiamo di azzardare uno sfondo plausibile.

Dovrebbe essere chiaro a tutti che dietro la Corea del Nord ci sta la Cina, da cui essa dipende per oltre il 70% il suo piano alimentare e militare, quindi possiamo dire che la Cina sta mandando preventivi segnali offensivi verso gli USA, Giappone e Corea del Sud per interposta nazione.

Le motivazioni sono  legate ai complessivi processi della globalizzazione economica e finanziaria, ed inoltre alle aree di dominio geopolitico.

Che la Cina detenga la gran parte del debito statunitense è un dato di fatto, come altrettanto lo è che buona parte delle industrie americane abbiano, tempo addietro, dislocato le loro produzioni nelle zone franche cinesi; così come è certo che questi presupposti degli equilibri tra  i big boss del capitalismo mondiali siano entrati in crisi: ce lo hanno raccontato le cronache attraverso la conflittualità operaia che si è sviluppata, appunto, in Cina, ed anche attraverso le avvenute ricollocazioni produttive in territorio statunitense.

A questa declinazione economica dello scenario di guerra nell’Estremo Oriente, vanno aggiunte le tensioni col Giappone in riferimento all’arcipelago Senaku, determinate non per i diritti di pesca bensì dai giacimenti di gas offshore, prodotte dalla Cina con la penetrante sottrazione economica al Giappone di tutta l’area del sud est asiatico. In questo risiko economico politico le due Coree sono, dunque, le polarità in contatto, dove per interposto schieramento, si consumerà il braccio di ferro tra super potenze alla ricerca di un nuovo punto di precario equilibrio, dopo che il passato scenario è stato messo in forse dai flussi planetari della lotta di classe, dalla risacca della crisi economico finanziaria.