di Marina Forti
Per la prima volta la violenza sessuale è discussa in modo pubblico. E anche i pregiudizi sessisti Cortei e veglie a New Delhi, Mumbai e altre città. C'è chi urla «impiccateli», chi chiede rispetto
Per la prima volta la violenza sessuale è discussa in modo pubblico. E anche i pregiudizi sessisti Cortei e veglie a New Delhi, Mumbai e altre città. C'è chi urla «impiccateli», chi chiede rispetto
Migliaia di persone, donne e uomini di ogni
età, hanno riempito ieri le vie di New Delhi e di altre città indiane
per commemorare la giovane donna violentata e massacrata di botte il 16
dicembre scorso nella capitale indiana. Lei, la giovane che alcuni
giornali in cerca di un nome hanno soprannominato Amanat (in lingua urdu
significa «tesoro»), non è sopravvissuta all'aggressione: è morta nella
notte tra venerdì e sabato nell'ospedale di Singapore dove era stata
trasferita nell'estremo tentativo di salvarle la vita. Ma non c'è stato
molto da fare. Gli aggressori avevano usato una spranga di ferro non
solo per picchiare lei e l'amico con cui viaggiava, ma anche per
stuprarla, prima di gettarla fuori dall'autobus, nuda e con la testa e
il ventre lacerati. La notizia della morte, giunta ieri mattina, ha
spinto migliaia a partecipare a manifestazioni protesta, cortei, veglie
funebri a New Delhi, Mumbai, Calcutta, Bangalore e altre città. Nella
capitale già al mattino un corteo di studentesse e studenti della
Jawaharlal Nehru University, una delle grandi università del paese, ha
raggiunto la fermata degli autobus dove la ragazza e il suo amico erano
inconsapevolmente saliti sul'automezzo che si è rivelato una trappola
mortale (ci sono state molte polemiche nelle ultime due settimane sulla
mancanza di controlli nel sistema di trasporti privati, dove può
succedere che una compagbnia sia abusiva o che il personale scorrazzi
con l'autobus fuori servizio, come nel caso in questione). Proteste
pacifiche quelle di ieri, dopo gli scontri visti la scorsa settimana
nella capitale dove la polizia aveva fatto ampio uso di lacrimogeni e
idranti per disperdere i dimostranti. Anche ieri in effetti le barricate
di polizia isolavano la zona governativa di New Delhi, l'intero centro
era presidiato fin dal primo mattino da migliaia di agenti in tenuta
antisommossa, dieci fermate del metrò chiuse per sicurezza, alcune
strade chiuse al traffico. Ma per una volta la polizia ha controllato
senza disperdere la folla che per tutto il giorno ha riempito Jantar
Mantar, un grande viale con giardini vicino al parlamento spesso usato
per pubbliche manifestazioni. Anche il governo è stato più sollecito di
due settimane fa. «E' il momento di un dibattito spassionato e una
ricerca dei cambiamenti critici necessari nella nostra società», ha
detto ieri il Primo ministro Manmohan Singh: dopo l'orribile aggressione
il premier era rimasto in silenzio per quasi una settimana, mentre la
polizia disperdeva le proteste, prima di dire qualcosa.
Sull'indignazione pubblica era invece saltata l'opposizione di
centrodestra, che ha alimentato parte delle manifestazioni al grido di
«pena di morte per gli stupratori». Anche ieri sono risuonati slogan del
tipo «impiccateli». Ed è sul terreno della legge e ordine che il
governo ha reagito finora all'ondata di proteste: promettendo controlli
sui bus abusivi, inchieste, più polizia nelle strade. Gli imputati
dell'aggressione (cinque uomini tra 20 e 40 anni e un ragazzo di 15),
arrestati il giorno dopo, saranno formalmente imputati anche di
omicidio, ha dichiarato ieri il vicecapo della polizia di New Delhi, e
il ministro dell'interno federale Sushilkumar Shinde ha dichiarato che
«saranno puniti in modo esemplare». Giorni fa aveva già detto che per
certi casi di stupro si può considerare l'impiccagione; in ogni caso,
per l'omicidio è prevista in India la pena capitale. Al di là degli
appelli a misure di sicurezza e leggi più draconiane, la terribile
aggressione avvenuta a New Delhi ha aperto un dibattito sulla violenza
sessuale che per la prima volta coinvolge il mainstream. Sui giornali, o
almeno quelli in lingua inglese, si leggono appelli a misure di
sicurezza più draconiane ma anche riflessioni sul posto delle donne in
una società urbana in trasformazione, sulle discriminazioni di genere, i
pregiudizi sessisti. Giorni fa un dirigente della polizia è stato
rimbrottato dopo aver detto che le donne dovrebbero evitare di uscire di
sera. Il fatto è che queste «gaffes» rivelano una cultura molto
radicata. Shoma Chaudhury, caporedattore del settimanale Tehelka ,
scriveva la scorsa settimana: «Ammettiamolo: lo stupro è culturalmente
quasi sanzionato in India», in ogni strato della società, da discorsi
che guardano a ogni fatto di violenza «attraverso il prisma della
responsabilità della donna: com'era vestita, se era accompagnata da un
maschio protettore, se aveva un atteggiamento irreprensibile». L'eterna
storia della vittima trasformata in colpevole. Proprio Tehelka lo scorso
aprile aveva interrogato e segretamente filmato decine di dirigenti di
polizia della regione metropolitana di Ne w Delhi a proposito di
violenza sulle donne: risultava un pregiudizio fortissimo (quelle che
frequentano locali pubblici, bevono con gli amici, vanno in giro, sono
donne «che ci stanno ma poi ti accusano di stupro»), lo stesso che
trattiene le donne dal denunciare, o spinge poliziotti e perfino
magistrati a consigliare il matrimonio «riparatore». «Che succede agli
uomini indiani» si chiedeva giorni fa la giornalista Kalpana Sharma
sulle colonne di The Hindu , autorevole quotidiano progressista. «La
violenza contro le donne chiama in causa la cultura maschile», mi dice
Sharma, che raggiungo al telefono: «Dovremmo sentirci più sicure in uno
stato di polizia? considera che tra l'80 e il 90 per cento delle
violenze sessuali denunciate sono attribuite a un uomo noto alla
vittima: parente, vicino di casa, amico di famiglia - non lo sconosciuto
che ti assale per strada. Il fatto è che viviamo una transizione
culturale. Molte più donne sono nello spazio pubblico, nell'istruzione,
nel lavoro, ma la società maschile non si è adattata». Ma le aggressioni
sessuali non sono cosa nuova e «il femminismo urbano dovrà denunciare i
quotidiani stupri di contadine fuoricasta, o nelle zone in conflitto: è
una battaglia culturale profonda». l'India, dice Sharma, «sta vivendo
una trasformazione, quasi uno scontro di culture: e le donne ne pagano
il prezzo».
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