Dentro la guerra di logoramento, un racconto dalle Brigate Civili di Osservazione in Chiapas

21 / 2 / 2022

Un reportage dalla comunità zapatista di Nuevo San Gregorio nel Caracol 10 che da settimane resiste agli intensi attacchi paramilitari dovuti al tentativo di usurpare le terre autonome e sgomberare le famiglie presenti. L’autore Marko Urukalo, tramite l’associazione Ya Basta! Êdî bese!, ha partecipato nelle scorse settimane alle Brigate di Osservazione organizzate dal Centro per i Diritti Umani Frayba di San Cristóbal de las Casas, importante attività di solidarietà con le comunità zapatiste sotto attacco.

Sono le sei di mattina mentre sorseggio il caffé caldo aspettando il sorgere del sole dietro le montagne, a due mila metri di altitudine. Mi trovo a Nuevo San Gregorio, territorio zapatista, dove “il popolo comanda e il governo obbedisce”, come mi ricorda il cartello all'entrata del paese. Mi scaldo intorno al fuoco chiacchierando con i compagni che arrivano dalle loro case per iniziare una nuova giornata di lavoro e di lotta. Questa piccola comunità zapatista, composta da sei famiglie che vivono intorno al centro del “poblado” è in resistenza da più di due anni. Nel Novembre del 2019 infatti, un gruppo di “40 invasori” li hanno cacciati dalle loro terre che avevano recuperato nel 1995, dopo il levantamento zapatista. Si tratta di 155 ettari coltivati soprattutto a mais, grano e fagioli, oltre che pascolo per il bestiame. “Gli invasori”, come li chiamano i compagni e le compagne, si sono presi quasi tutte le terre intorno alla comunità con la forza, le minacce e le aggressioni, lasciando agli zapatisti solo pochi ettari, insufficienti per avere abbastanza cibo per tutto l'anno. 

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Si tratta di persone che vivono nei villaggi vicini, che posseggono la loro terra ma l'hanno lasciata pur di invadere e lavorare quella dei compagni zapatisti. “Loro non lavorano la terra per mangiare ma solo per interesse”, mi racconta un compagno mentre osserviamo gli invasori, riprendiamo con la videocamera e scattiamo foto. “Si sono presi i nostri campi, che noi abbiamo sempre lavorato in forma collettiva, perché vogliono venderli e guadagnarci sopra. Un solo ettaro vale 100 mila pesos (4160 euro)”, ci raccontano.

Ho passato qui 15 giorni insieme ad altri 5 volontari della Brigata di Osservazione Civile organizzata da Frayba (Centro dei diritti umani di San Cristobal), che da 25 anni organizza la presenza di osservatori nelle comunità zapatiste. Il nostro compito consisteva nell'osservazione e registrazione della violazione dei diritti umani. Ed è proprio quello che accade in questa piccola comunità, dove le donne e i bambini hanno paura di uscire dalle loro case perché vengono minacciati e aggrediti verbalmente dagli invasori. Questi ultimi spesso bloccano la strada di accesso al villaggio, si presentano coi machete e provocano con offese e gestacci. Nella comunità ci sono sia la scuola primaria che la secondaria ma i ragazzini non la frequentano da più di due anni perché non hanno la libertà di movimento. I bambini non possono giocare liberamente per paura di essere aggrediti. Le sei famiglie vivono sequestrate nella loro terra, osservando i movimenti degli invasori e comunicando con le radioline per vedere se possono spostarsi senza pericoli.

Dopo la perdita delle terre, si sono reinventati per poter sopravvivere; gli uomini hanno costruito la carpenteria dove fabbricano vasi, tazze, taglieri di legno che poi vengono venduti a San Cristobal grazie all'aiuto del Frayba. Le donne hanno la cooperativa di “artesania”, ricamano oggetti utili e decorativi. “In questo modo cerchiamo di guadagnare un po' di denaro per poter vivere, perché quel poco di mais, grano e fagioli che possiamo coltivare non ci bastano. Abbiamo anche un piccolo orto ma non è sufficiente.”

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Ogni mattina portano cibo e vitamine agli animali, una ventina tra vacche, buoi e vitelli, che dopo l'arrivo degli invasori hanno pochissima terra libera dove pascolare. “Guarda come sono magre le mucche, purtroppo non hanno cibo sufficiente a causa della presenza di questi personaggi”. Mentre eravamo nella comunità, una mucca malata da giorni è morta, nonostante gli sforzi di salvarla. “È successo perché non ha abbastanza cibo”, ci racconta un compagno.

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Ho potuto vedere con i miei occhi la minaccia che si vive quotidianamente. In particolare quando un pomeriggio, una ventina di invasori si sono presentati nel campo di fronte al centro del villaggio, insultandoci, facendo gestacci, fotografando e mettendo in mostra i loro machete e i coltelli.

“Una volta potevamo girare liberi, lavorare, nuotare nel fiume che si trova lungo i campi, ora invece abbiamo paura di camminare tra il centro e le case”. Anche l'accesso al fiume è diventato impossibile e gli aggressori hanno pure ammazzato tutti i pesci che i compagni hanno allevato.

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Nonostante tutto ciò però, l'importante è non rispondere alle provocazioni e cadere nella trappola degli invasori che cercano solo un pretesto per alzare il livello del conflitto. “Noi non vogliamo usare la violenza, non vogliamo che ci scappi il morto, noi lottiamo per la vita, non per la morte. Nel febbraio del 2020 hanno organizzato un incontro per trovare un accordo, ma gli aggressori hanno respinto ogni proposta di pacificazione. Da qui si comprende chiaramente che l'unico obiettivo che hanno è di cacciare gli zapatisti dalla loro terra.

“Noi però da qui non ce ne andiamo, non abbiamo altra terra dove andare. Questa è nostra casa, qui resteremo, qui resisteremo e qui continueremo a lottare. Se ci vogliono ammazzare che ci ammazzino ma non lasceremo questo posto”.

Una delle cose di cui spesso gli zapatisti ci parlano è la difesa della Madre Terra; “Noi veniamo dalla Madre Terra, ce ne prendiamo cura e siamo i suoi guardiani mentre gli invasori, manipolati dal malgoverno la vogliono distruggere in nome del denaro”.

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La piccola comunità di Nuevo San Gregorio, ci lancia un messaggio forte di come la resistenza e la lotta quotidiana è l'unico modo per difendere i nostri territori da un modello di società predatorio. Quello che in questo caso ha come suo braccio armato i “40 invasori” che stanno sottoponendo sei famiglie a una vita di pericoli, stress, paura e carenza di cibo; che impediscono ai bambini e ai ragazzi di andare a scuola e di poter giocare e muoversi liberamente nella loro terra.

** Pic Credit: Marko Urukalo