Durban Cop17 - Cambiare il sistema non il clima! Il tempo è adesso

28 / 11 / 2011

Globalproject in collaborazione con Associazione Ya Basta sarà a Durban per seguire le iniziative in occasione del Cop 17 con la delegazione della Rete Italiana per la Giustizia Sociale ed Ambientale .

Dal 28 novembre si sono aperti a Durban i lavori dell’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Sembrano passati secoli dal summit di Copenhagen del dicembre 2009.

Infatti, l'ipotetica ricerca di un accordo globale capace di mettere freno ai processi di surriscaldamento del pianeta passa oggi sotto assoluto silenzio di fronte a quella che viene presentata come l'emergenza a cui tutto va piegato: la crisi finanziaria globale.

Non passa giorno senza che sia l'andamento delle borse a scandire il tempo della vita per miliardi di abitanti della Terra.

La dittatura della finanza si è fatta biopolitica nel tentativo di ricondurre forzatamente a sé le forme di vita e i comportamenti sociali, disegnando un orizzonte costretto in cui si vorrebbero occultare le radici della crisi strutturale, di sistema, nella quale stiamo vivendo.

Ci viene continuamente ripetuto che oggi è il tempo di farci carico della crisi, mettendo a disposizione le nostre stesse vite, l'ambiente e i beni comuni per far tornare a funzionare il meccanismo che garantisce il continuo arricchimento di pochi a scapito dei molti.

Intanto però la crisi dell’ecosistema, di cui il surriscaldamento globale per effetto della crescente emissione in atmosfera dei “gas serra” è la manifestazione più drammatica, procede, apparentemente inarrestabile. L’illusione di una decisa svolta, inserita nella cornice di sviluppo delle green economies, verso fonti energetiche rinnovabili e pulite sembra svanita. L’impiego di combustibili fossili (derivati dal petrolio, ma in misura ancora rilevantissima, lo stesso carbone) continua ad essere la formula dominante la produzione di energia, in Occidente come da parte delle potenze emergenti del BRIC. Gli effetti dei cambiamenti climatici, con eventi atmosferici sempre più imprevedibili e violenti, costituiscono sempre più una permanente emergenza che condiziona la vita di intere popolazioni, nel Sudest asiatico così come nelle regioni italiane devastate dal dissesto idrogeologico.

E le timide e marginali misure, che potrebbero essere discusse ed approvate a Durban, parlano ancora una volta il linguaggio della finanza e, in questo caso, della finanziarizzazione dello stesso bilancio ambientale dei danni, spesso irreversibili, provocati dalle attività antropiche all’equilibrio ecosistemico. Cop 17 nella sua formulazione ufficiale non potrà perciò concludersi che con un nulla di fatto, continuando la strada delle Conferenze di Copenhaghen e di Cancun, dove sono state proposte unicamente soluzioni false e inefficaci. Vendere, comperare e far circolare in termini di prestiti e debiti nello scacchiere delle relazioni geopolitiche globali i diritti di inquinare, attraverso la permanente riproduzione di modelli produttivi ed energetici accentratori e devastanti; introdurre soluzioni green come nuovo terreno di conflitto per l’egemonia tra le diverse potenze economiche, vecchie e nuove; tentare così di trasformare in business anche la crisi ecologica.

Se la strada dei vari vertici Cop è dunque segnata da questa dimensione di crisi globale, dimostrando l'impossibilità di strutturare dall'alto una capacità di governare la crisi ambientale, orientata ad evitarne esiti catastrofici; le proposte, i temi che i movimenti sociali, ambientalisti, contadini ed indigeni hanno portato all'attenzione di tutti ci parlano della necessità della costruzione di una complessiva alternativa di sistema.

Fermare il cambiamento climatico passa attraverso scelte radicali che ripensino le relazioni sociali e ambientali in una chiave di giustizia sociale e di difesa dei beni comuni.

Di questo ci parlano le esperienze che resistono al saccheggio costante della vita e dei territori. Il vertice di Durban sarà l'occasione per conoscere le realtà africane che in questo continente simbolo del saccheggio più violento parlano il linguaggio della costruzione di un'alternativa. Sarà anche l'occasione di affermare che il tempo del cambiamento è ora, anche nei nostri territori ed anche nella nostra Europa intesa come spazio politico e non come semplice, e sempre più problematica Unione monetaria.

Come hanno suggestivamente indicato gli esponenti di alcuni movimenti sociali e ambientalisti del Sud del Mondo, sarà infine l’occasione per verificare se Occupy Wall Street riuscirà a generare Occupy Durban, cioè se il movimento globale di critica alla gestione capitalistica della crisi saprà assumere fino in fondo il terreno della crisi ecologica e della costruzione di una comune alternativa energetica e di modello di produzione, distribuzione e consumo. Prima che sia troppo tardi.