È un altro gennaio di contestazione sociale in tutta la Tunisia

Articolo in aggiornamento

10 / 1 / 2018

Chi segue le mobilitazioni sociali in Tunisia sa che, per una serie di causalità e casualità inanellatesi nella storia del paese, si è cristallizzata una sorta di ciclicità che fa di gennaio il mese della contestazione sociale per eccellenza. Ma quest’anno è chiaro che la tempistica della protesta è anche direttamente legata all’entrata in vigore della legge di bilancio del 2018 che – sotto la diretta richiesta degli istituti di credito internazionali – vede l’aumento dei prezzi di una lunga serie di prodotti di consumo tramite l’aumento della tassazione indiretta (e quindi regressiva), l’abbassamento dei sussidi a certe derrate alimentari e l’aumento delle bollette delle utenze domestiche. Questo in un contesto in cui il potere d’acquisto della popolazione è già stato compromesso dalla disoccupazione sempre alta, i salari stagnanti e l’inflazione generale accentuata dalla svalutazione del dinaro tunisino.

Le proteste a carattere sociale – manifestazioni, sit-in, blocchi stradali, ecc. – non erano mai veramente cessate nel corso degli ultimi anni, e avevano visto una nuova impennata in primavera ed estate con i blocchi delle multinazionali di estrazione di petrolio e gas nelle regioni di Tataouine e Kebili (1). Ma, a partire da fine 2017, si è visto un nuovo crescendo che sta culminando in questi giorni con manifestazioni, blocchi stradali e scontri in ogni zona del paese. Il 18 ottobre 2017, il villaggio di Bir El Hafey (nel governatorato di Sidi Bouzid) andava in sciopero generale per protestare contro la morte di oltre quaranta giovani migranti tunisini, in parte originari del posto, la cui imbarcazione era stata affondata da una nave militare tunisina in circostanze da chiarire(2). Il 17 novembre 2017, a Sejnane, si era suicidata dandosi fuoco Radhia Merchegui. In modo tragicamente simile a molti altri episodi paralleli, la madre di cinque figli protestava così contro la sospensione degli aiuti sociali alla sua famiglia(3). La sua morte scatenò una serie di mobilitazioni di massa nel piccolo paese, che videro due scioperi generali e scontri con le forze dell’ordine.

Sabato 6 gennaio 2018 è avvenuto un altro suicidio di protesta, nel villaggio alla frontiera algerina di Sakiet Sidi Youssef, da parte di un ventinovenne che denunciava così la precarietà (4). Altri giovani della città hanno così dato vita al blocco della strada che porta all’Algeria. Dopo questo episodio la contestazione ha dilagato a ritmo accelerato in tutto il paese. I governatorati interessati sono Kebili, Gabes, Sidi Bouzid, Gafsa, Kasserine, Beja, Kef, Kairouan, Mahdia, Sousse, Nabeul, Bizerte, Tunisi e le sue banlieue. Gli scontri notturni più duri tra manifestanti e polizia sono per ora avvenuti nella notte tra domenica e lunedì a Tala (Kasserine) e in quella tra lunedì e martedì a Kasserine, nelle banlieue di Tunisi e a Tebourba. Gli scontri sono proseguiti in numerose città anche tra martedì e mercoledì. Nel corso degli scontri notturni sono avvenuti anche molteplici furti di beni di consumo da negozi e grandi magazzini. L’8 gennaio, durante gli scontri di Tebourba, è caduto un uomo di 43 anni. Secondo la polizia l’uomo avrebbe avuto problemi respiratori e sarebbe quindi morto di asma durante un lancio di lacrimogeni. Stanno tuttavia circolando sui social immagini che mostrano un veicolo della polizia schiacciare un corpo. Il Ministero degli Interni ha già dichiarato decine di arresti.

Secondo un pattern ormai consolidato, le proteste sembrano avvenire in gran parte tramite modalità di organizzazione informali, non ideologiche e basate su solidarietà locali. Se le sezioni locali del sindacato UGTT a volte dichiarano scioperi generali locali di solidarietà, i vertici del sindacato sono incorporati nel “Patto di Cartagine” che sostiene, al netto dei malumori spesso espressi, il governo di grande coalizione attualmente al potere. È però attualmente in corso una campagna organizzata a livello nazionale nota come Fech Nestannaou (Cosa Aspettiamo). Fech Nestannaou si esprime contro gli aumenti dei prezzi, contro la subordinazione della società tunisina ai diktat neo-coloniali e per i diritti sociali. La campagna è principalmente animata dal Fronte Popolare, coalizione di partiti Marxisti-Leninisti e nazionalisti arabi. Hanno però aderito anche figure dell’attivismo di sinistra tunisino non riconducibili al Fronte Popolare. La campagna ha lanciato una serie di iniziative a livello locale (che hanno già portato all’arresto di diversi militanti) che dovranno culminare nella scadenza del 12 gennaio con manifestazioni in ogni governatorato. La traduzione dall’arabo di uno dei primi comunicati della campagna è riportata qui sotto.

Una via di uscita dal ciclo ricorrente di esplosione e spossamento della contestazione non è ancora chiara. Quello che si registra è che le varie mediazioni fra la classe tunisina e il capitale internazionale si fanno sempre più scarne. L’apparato sindacale, il sistema dei partiti e lo stato appaiono sempre più ininfluenti rispetto alle direttive del Fondo Monetario e della Banca Mondiale. Buona parte della popolazione sembra percepire chiaramente la natura “eterodiretta” degli aumenti dei prezzi. I mercati mondiali stanno violentemente irridendo le aspirazioni di dignità che le lotte tunisine hanno espresso negli ultimi anni, ma queste stesse lotte hanno dimostrato una tenace capacità di riproduzione e resistenza. 

Fech Nestannaou (Cosa aspettiamo), comunicato del 3 gennaio 2018 (5)

Non si può più aspettare

Sono passati sette anni dall’avvio del processo rivoluzionario, durante i quali il nostro popolo ha sopportato grandi sacrifici per ottenere la sua libertà e la sua dignità. Ma tutti i governi che si sono succeduti in Tunisia dopo il 14 gennaio hanno solo perseverato nelle medesime scelte economiche e sociali del regime di Ben Ali. I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Abbiamo sentito centinaia di promesse e migliaia di accordi, e i vari governi ci hanno promesso lavoro, sviluppo, sanità, case, educazione, etc. Ma tutte queste promesse erano bugie, e le susseguentesi squadre di governo dipendono in tutto e per tutto dai diktat esterni e fanno gli interessi delle potenze straniere e di alcuni ricchi nostrani, nonché degli esponenti vecchi e nuovi della corruzione. Siamo stanchi delle promesse menzognere, non si può più aspettare. Non possiamo più vivere senza lavoro, senza sicurezza sociale, senza sanità gratuita, senza istruzione gratuita e senza edilizia popolare. Non possiamo più vivere senza speranza di cambiamento. Per questo, noi promotrici e promotori della campagna Fech Nestannaou facciamo appello a ogni cittadino libero per l’organizzazione civica in forma di coordinamenti, comitati, sezioni regionali e locali, e per la presa di responsabilità nell’iniziativa a partire dalle strade e solo nelle strade, innalzando rivendicazioni unitarie dal sud al nord del paese:

-Riduzione dei prezzi dei beni di consumo di base;

-Annullamento delle privatizzazioni delle aziende pubbliche;

-Sicurezza sociale e sanitaria per i disoccupati;

-Assegnazione di case popolari alle famiglie a basso reddito;

-Aumento dei sussidi alle famiglie indigenti e impiego per almeno un componente di ciascuna famiglia;

-Riforma progressiva della fiscalità;

-Piano nazionale strategico e globale di lotta alla corruzione.

Lanciamo anche rivendicazioni regionali e locali per tutte le regioni e le località a seconda del contesto. Per questo la campagna Fech Nestannaou della regione di Tunisi invita tutte le interessate e gli interessati che si sentono coinvolti e tutti coloro che hanno rivendicazioni sociali individuali o collettive a un presidio di protesta per il giorno 12 gennaio alle ore 13.00 di fronte alla prefettura di Tunisi. È la prima tappa per la difesa delle nostre vite e della nostra dignità. Servirà anche a definire la piattaforma rivendicativa per la regione di Tunisi. Invitiamo tutte le regioni a seguire questa procedura. Solamente uniti possiamo realizzare le nostre rivendicazioni.

Tunisi, 3 gennaio 2018

Foto di Wael Ammar

(1) http://www.globalproject.info/it/mondi/aggiornamento-sulle-mobilitazioni-in-tunisia-tataouine-kef-kairouan/20756; http://www.globalproject.info/it/mondi/tunisia-blocchi-delle-compagnie-petrolifere-muore-un-manifestante-e-decine-di-feriti-la-polizia-si-ritira-da-al-kamour/20833 

(2) http://www.jawharafm.net/fr/article/aujourd-hui-greve-generale-a-bir-el-hafey/90/56459

(3) http://www.middleeasteye.net/fr/reportages/sejnane-se-r-volte-contre-la-marginalisation-1596190652 

(4) https://www.tunisienumerique.com/tunisie-le-kef-blocage-de-la-route-menant-en-algerie-au-niveau-de-sakiet-sidi-youssef/ 

(5) https://www.facebook.com/%D9%81%D8%A7%D8%B4-%D9%86%D8%B3%D8%AA%D9%86%D8%A7%D9%88--1784313681639144/