Il grande favorito delle elezioni presidenziali è l’attuale presidente Rafael Correa, che molti sostengono abbia grandi possibilità di vincere già al primo turno

Elezioni in Equador

di Bz
17 / 2 / 2013

Oggi 17 febbraio si terranno in Ecuador le elezioni per eleggere i nuovi presidente e vicepresidente della Repubblica, per rinnovare l’Assemblea Nazionale e per eleggere i 5 rappresentanti del paese al Parlamento Andino (l’organo della Comunità Andina, di cui fanno parte Perù, Bolivia, Colombia e Ecuador). Gli aventi diritto al voto sono 11,6 milioni.  Se nessuno otterrà la maggioranza assoluta dei voti, oppure almeno il 40% dei voti con una distanza di 10 punti percentuali dal secondo, i cittadini ecuadoriani torneranno a votare il 7 aprile per il ballottaggio.

I temi più importanti della campagna elettorale sono stati l’economia e l’aumento della violenza nelle maggiori città del paese, causata della presenza crescente della criminalità organizzata e delle bande giovanili. Il presidente Correa è riuscito a presentarsi come il presidente che ha risollevato il paese dalla situazione di grande icrisi economica iniziata con la crisi finanziaria del 1999. Nel 2000 la valuta dell’Ecuador venne sostituita con il dollaro americano. Già durante la campagna elettorale del 2006, Correa aveva cavalcato il malcontento popolare scagliandosi contro i banchieri, le privatizzazioni e le istituzioni finanziarie internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale. Il suo slogan era diventato: “Il paese non è più in vendita. Il paese della disperazione è diventato quello della speranza”.

Insomma, non dovrebbero esserci sorprese per il Caudillo di Quito. L’amore degli ecuadoriani per il loro presidente, d’altra parte, affonda nel passato. Quando fu ministro delle Finanze dell’allora capo di Stato Alberto Palacio, nel 2005, Correa - economista ecuadoriano formatosi in università europee e statunitensi - proponeva riforme contrarie ai dettami delle istituzioni finanziarie internazionali. In questo modo si guadagnò le simpatie di buona parte della popolazione, impoverita da decenni di liberismo selvaggio. Vinse poi le presidenziali nel 2007 e nel 2009, e riuscì a resistere al colpo di stato con cui, l'anno successivo, la polizia cercò di destituirlo.
In breve Correa è diventato membro autorevole del nuovo blocco socialista latinoamericano insieme con Venezuela e Bolivia, promotore dell'integrazione regionale e di misure talvolta guardate con sospetto dalla comunità internazionale. Come quando, dopo le imbarazzanti rivelazioni di Wikileaks, fece chiudere la base statunitense di Manta ed espulse l'ambasciatrice statunitense, per poi offrire asilo a Julian Assange - il fondatore, appunto,  del sito Wikileaks - che già aveva trovato ospitalità all’ambasciata ecuadoriana a Londra dopo essere stato accusato di molestie sessuali da due ex attiviste svedesi di WikiLeaks.

Il suo maggiore successo politico è però la Costituzione di Montecristi, firmata nel 2008, che prevede il controllo statale su settori strategici come il petrolio e l’estrazione mineraria, stabilisce che l’accesso all’acqua e la sovranità alimentare sono diritti umani e che la madre terra ha diritti propri. Il retroterra legislativo e culturale che ha permesso a un tribunale locale nel 2011 di infliggere una multa da 19 miliardi di dollari alla multinazionale Chevron per aver causato un disastro ambientale nella foresta amazzonica.

Correa - negli anni di governo - ha rinegoziato il debito estero ecuadoriano e aumentato le tasse alle classi più abbienti. Buona parte delle nuove entrate sono state investite in programmi di aiuto alle famiglie più povere nel cosiddetto Plan nacional del buen vivir: gli investimenti sociali sono passati dal 4,74% nel 2006 al 9,85% nel 2011, anche se, in termini reali, l'Ecuador continua ad essere uno dei paesi con il livello di investimenti sociali procapite più basso della regione.

Il presidente ecuadoriano ha inoltre aumentato il salario minimo del 40% istituito un assegno mensile di 50 dollari destinato a 1,2 milioni di abitanti che vivono in situazione di povertà estrema, trovando parte di questo finanziamento nella tassazione delle banche private. Secondo i dati forniti dal governo la previsione di crescita del Prodotto interno lordo (Pil) ecuadoriano per il 2013 è del 5,4% e la disoccupazione non supera il 5%.

Le elezioni ecuadoriane saranno molto seguite in particolare dagli Stati Uniti: L’Ecuador fa parte dell’Alleanza Bolivariana delle Americhe, un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica promossa da Cuba e Venezuela – i due paesi più ostili agli Stati Uniti del continente latinoamericano – e alternativa all’Area di Libero Commercio delle Americhe, voluta invece dagli Stati Uniti.

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