Elezioni Usa - Intervista a Gregory Sholette

10 / 11 / 2016

Un'intervista a cura della redazione di globalproject.info. Gregory Sholette: è un artista, ricercatore e attivista statunitense. Vive a New York, è autore di “Dark Matter, Art And Politics in the Age of Enterprise Culture” (Pluto Press, 2011).

Quali sono, secondo te, i fattori principali alla base della vittoria di Donald Trump?

Ci sono tre elementi principali dietro il successo di Trump e i primi due sono di natura locale. 1) Le tante debolezze del candidato democratico (mentre Sanders avrebbe quasi sicuramente fatto meglio, se non addirittura prevalso). 2) Il risentimento basato sull'abbandono della tradizionale working class sia da parte dei democratici che dei repubblicani.

Io sono nato a metà degli anni Cinquanta in una famiglia della working class bianca, i miei genitori non sono andati al college, esattamente come hanno fatto i miei due fratelli e la mia sorella più giovane, ma nel dopoguerra e durante la guerra fredda la mia famiglia aveva trovato una serie di possibilità per elevare i proprio standard di vita. Dopo la globalizzazione e la deregolazione neoliberale questi privilegi (che ad ogni interessavano molto di più i maschi bianchi che le donne o la gente di colore) hanno iniziato ad evaporare. Dopo il 2008, con la crisi dei mutui subprime, è svanito anche l'ultimo ricordo di questo privilegio della classe lavoratrice bianca, ciò ha innescato la crescita di Trump.

In ogni caso è utile ricordare che Trump è un candidato fuori dagli schemi classici che ha hackerato il Partito Repubblicano sfruttando astutamente le sue debolezze. Allo stesso tempo ha utilizzato un mimetismo aggressivo, nel quale il predatore inganna la preda mostrandosi come un esemplare della sua stessa razza. Certo c'è un buon grado di delirio in questo scambio, un delirio che emerge dalla disperazione di quei molti che sono stati ignorati dai partiti mainstream come dalla stessa società del rischio. Se esiste un corollario alla mia idea di Creative Dark Matter, questo non si limita alla riemersione di un ressentiment nietzscheano, ma alla possibilità per questa distruttiva materia oscura di materializzarsi all'interno del circuito globale della fabbrica sociale.

But the third major factor behind Trump's victory is more nebulous as well as more disturbing. What we see is 3.) a global wave of populist reactive rebellion in the UK Brexit and much of Europe including France and Austria as well as the former East such as Hungary, but also Russia, as well as India and the Philippines, and in parts of Latin America including Colombia and Argentina,with all of this dissent marked by a distrust or outright hostility towards democratic and parliamentary government institutions and a nearly delirious faith in strong populist  leaders whose rhetoric is permeated with xenophobia and nationalism, if not outright authoritarianism. This is like a reversal of the world's magnetic pole from a century ago when the spirit of internationalism gave rise to worker-oriented revolutions in and around 1917.  Perhaps you have some insight into this phenomenon Marco from where you are located?

Ma il terzo fattore maggiore nella vittoria di Trump è più complesso e disturbante. Ciò a cui assistiamo è un’ondata globale di ribellione reazionaria simile alla Brexit, lo vediamo in molte parti d’Europa come Francia, Austria e Ungheria, così come in Turchia, in India, nelle Filippine, in alcuni stati dell’America Latina come la Colombia e l'Argentina. Si tratta di un dissenso segnato dalla sfiducia e dalla aperta ostilità nei confronti delle istituzioni del governo parlamentare e democratico e da una fede quasi delirante per la figura del leader forte e populista, leader la cui retorica è permeata xenofobia e nazionalismo, quando non da spudorato autoritarismo. È come un’inversione del polo magnetico del mondo quando un secolo fa lo spirito dell'internazionalismo aveva fatto nascere le rivoluzioni dei lavoratori attorno al 1917. Forse, voi in Italia, avete già attraversato un momento politico simile...

 Come hanno influito sul voto fattori come il genere, la classe,la razza e l’educazione?

Penso di aver risposto a buona parte di questa domanda sopra, aggiungo che l’intero processo elettorale americano degli ultimi due anni rientra logicamente nella generale tendenza a ribellarsi contro i partiti tradizionali, non solo qui ma anche in altri paesi, perché nonostante i progressi nella tecnologia delle comunicazioni e il global networking, stiamo vivendo tempi d’isolamento antipolitico che è stato esacerbato dalla società neoliberale del rischio, dove percepiamo la nostra vulnerabilità e precarietà come il risultato di nostre mancanze individuali anziché di una condizione economica generalizzata che ci viene imposta e che per essere sconfitta richiederà solidarietà.



Quali sono le prospettive per quelle forze che hanno sviluppato dei punti di vista anti reazionari e anti neoliberali negli scorsi anni negli Stati Uniti? Credi che la presidenza di Trump metterà queste opzioni in un angolo forzandole alla marginalità o che saranno così destabilizzanti da aprire nuovi possibili spazi di alternative politiche radicali?

 

Quello che sento ora dai miei amici progressisti è una combinazione di sconfitta, paura e desiderio di fuggire, tutti sentimenti logici e comprensibili all’indomani di questa situazione che non era per nulla prevista dagli ‘esperti’. Quindi sì, è una sorta di shock collettivo. Quello che verrà adesso è la cosa più importante. La questione reale per quanto mi riguarda comunque non è che per quattro anni ci sarà un pazzo alla Casa Bianca (credo ci sia passato anche tu in Italia, no?), la mia preoccupazione è il bisogno pressante della sinistra o di riformarsi radicalmente o di abbandonare il Partito Democratico, perché è chiaramente un paradigma fallimentare sia per proteggere i diritti dei lavoratori che per innescare cambiamenti sociali positivi. Una volta passato il delirio di questo momento vedremo quali risposte a lungo termine e costruttive emergeranno da questa crisi. Se avessi una proposta per la Sinistra sarebbe quella di fare un grande sforzo per unire i due più potenti impulsi progressisti di questi anni, ‘Black Lives Matter’ e la campagna di Bernie Sanders. Questa coalizione sarebbe il punto d’inizio di una risposta da sinistra all’ascesa di nazionalismo e razzismo che Trump esemplifica.

 

Devo anche ammettere che se veramente Trump riuscirà a restituire l’industria manifatturiera alla classe lavoratrice senza peggiorare i problemi ambientali o vittimizzare i migranti, e se riuscirà a far funzionare l’assistenza sanitaria per il ceto medio senza espellere le persone che hanno appena ottenuto la copertura sanitaria, mi toglierò il cappello. Sarà per qualche secondo in ogni caso. Inoltre Trump potrebbe essere meno incline a impicciarsi in questioni di natura militare con la Russia o con altri, almeno meno di quanto lo sarebbero stati i Democratici. Ma il pericolo imminente di questo risultato elettorale sono le questioni a lungo termine che colpiranno i miei nipoti (se mai ne avrò), in particolare la promessa di Trump di stracciare gli accordi sul cambiamento climatico (sì, questo continuerà a peggiorare, ma nel lungo termine la diminuzione dell’uso del carbone può aiutare ad abbassare la temperatura terrestre) e ovviamente la Corte Suprema gioca un ruolo importante qui, Trump dovrà mantenere anche il suo ‘patto col diavolo’ con i fondamentalisti dell’estrema destra, che significherebbe che i diritti delle donne, dei lavoratori, degli indigeni e delle persone di colore saranno danneggiati se non soppressi del tutto, come lo sarà la democrazia più di quanto già non sia. In realtà a perdere le elezioni sono stati i figli dei nostri figli.