Esmeralda e Quasimodo sopravvivranno...

16 / 4 / 2019

La narrazione d'apparato presidenziale che chiama all'unità nazionale in nome della croce, la storia come destino, onore e sacrificio, non è degna dell'omaggio che nel 1831 Victor Hugo offre alla cattedrale di Parigi. Lo scrittore più popolare di Francia dedicò un'ode epica al monumento più popolare di Francia. 

Oggi invece l'appello alla ricostruzione del "patrimonio" è sepolcrale, un richiamo alla monumentalità passata rianimato da una gara milionaria tra i ricchi più ricchi di Francia e del mondo, quello del marketing in cerca di appagamento fiscale e di immagine, è quasi una provocazione a fronte di quelle decine di migliaia di abitanti parigini accorsi sulle rive della Senna increduli e affranti.

Come non pensare a quanti interventi urbani sarebbero necessari per evitare le fiamme che da sempre inceneriscono interi immobili e i loro abitanti lasciati all'abbandono? Come non pensare alla "riqualificazione" di interi quartieri che avanza a colpi di espulsioni di massa da decenni, e ben prima che esistesse airbnb? Nessuna corsa per finanziare i quartieri popolari, neanche per quel 20% di popolazione superstite che rimane a rischio abitativo all'interno della città.

Con l'immagine delle folle in ginocchio sui marciapiedi di Parigi intenti a pregare per la cattedrale, e gli schermi televisivi che diffondono il supplizio della santa pietra, si rischia di dimenticare la fatalità dell'errore umano. La fragilità. Angosciante? Forse. Ma non bastano né comunione laica, né devozione e speranza a ricostruire otto secoli di storia andati in fumo, nonostante l'enciclica di Macron, circondato dai pompieri su sfondo color brace. 

Nell'ottava edizione di Notre-Dame de Paris, c'è un capitolo "Questo ucciderà quello", Hugo parla del documento scritto, della sua riproduzione e di un incendio che demolirà il monumento. Premonitorio secondo capitolo, quinto libro, 1832: 

«Siamo arrivati a questo: che l'architttura è stata fino al quindicesimo secolo l'operato principale dell'umanità, che in questo intervallo di tempo non è apparso nel mondo alcun pensiero complesso che non sia stato trasformato in edificio, che tutte le idee popolari come tutte le leggi religiose hanno avuto i propri monumenti; che il genere umano alla fine non ha pensato nulla che non sia stato scritto con la pietra. E perché? Ogni pensiero, religioso, filosofico, ha interesse a perpetuarsi, l'idea che ha sollecitato una generazione vuole sollecitarne altre, e lasciare traccia. Ora quale immortalità precaria è quella del manoscritto! Un edificio è un libro ben più solido, duraturo, e resistente! Per distruggere la parola scritta basta una torcia e un Turco. Per demolire la parola costruita, ci vuole una rivoluzione sociale, una rivoluzione terrestre. I barbari hanno calpestato il Colosseo, il diluvio può sommergere le Piramidi.

Nel quindicesimo secolo tutto cambia.

Il pensiero umano scopre uno strumento per perpetuarsi non solo più a lungo e più resistente dell'architettura, ma ancora più semplice e più facile. L'architettura è detronizzata. Alle lettere di pietra d'Orfeo succederanno le lettere di piombo di Gutemberg.

Il libro ucciderà l'edificio».

Esmeralda e Quasimodo sopravvivranno a Notre-Dame e ai nostri schermi, testimoni vociferanti ma impotenti.