Ferguson Action - 2015 Year of Resistance

3 / 1 / 2015

Nelle ultime due settimane di dicembre, le proteste e le azioni scatenate dagli omicidi di Michael Brown e Eric Garner, contro la violenza poliziesca e la militarizzazione delle forze dell'ordine, nonché contro il problema della radicale alienazione tra comunità locali e organi di polizia e di giustizia in numerose aree degli Stati Uniti, sono proseguite incessantemente culminando nelle azioni di mercoledì 31 dicembre, quando il dipartimento di polizia di St. Louis, MO, è stato occupato da collettivi di protesta “per reclamare lo spazio in conseguenza alla deliberata incuria e violenza che il dipartimento ha mostrato verso la comunità cittadina.” 

Dopo la Millions March, che il 13 dicembre aveva portato nelle strade di New York, Boston, Oakland, Washington e Chicago decine di migliaia di persone, azioni quotidiane si sono susseguite nelle maggiori città americane durante tutto il periodo natalizio. 

Nelle ultime due settimane l'uccisione di due poliziotti avvenuta a Brooklyn per mano di un cittadino afroamericano di Baltimora ha scatenato pesanti tensioni tra alcuni sindacati della NYPD, il sindaco Di Blasio, e diversi gruppi di cittadin* e attivist*. Nei media americani, immediata è stata l’associazione tra l’episodio di Brooklyn e un supposto sentimento anti-poliziesco diffuso dalle manifestazioni #blacklivesmatter, posizione particolarmente supportata dall’ex sindaco di New York, Giuliani, che non ha risparmiato critiche per il supporto che Obama avrebbe dimostrato verso le domande dei manifestanti, e dal precedente commissario di polizia della città, Ray Kelley, che ha attaccato frontalmente Di Blasio per lo stesso motivo. 

Nel giorno del funerale dei due poliziotti, le forze dell’ordine presenti hanno voltato le spalle a Di Blasio durante il suo discorso, per protestare l’eccessiva disponibilità del sindaco verso manifestazioni che hanno scandito il periodo pre-natalizio. La domanda di Di Blasio rivolta a collettivi e le associazioni in mobilitazione, di sospendere le proteste per agevolare una distensione degli animi in corrispondenza con i funerali dei due poliziotti, ha tuttavia trovato risposta negativa da parte di tutt* quegli organizzator* che continuano a lavorare per rivendicare l’autonomia delle proprie domande da strumentalizzazioni mediatiche e di categoria. La situazione tra manifestanti e polizia è tesa, e sono di questi giorni notizie di svariati arresti avvenuti a New York in seguito all’aggressione di alcuni poliziotti sul ponte di Brooklyn durante lo svolgimento di un corteo nel mese di dicembre. 

A Oakland, in California, l’11 dicembre lo smascheramento di poliziotti in borghese impegnati ad agitare gli animi dei manifestanti per disturbare l’organizzazione della manifestazione (ed appropriarsi della performance dell’azione), è risultato in un dispiegamento di armi da parte degli infiltrati, che sono stati però efficacemente isolati dai manifestanti.

Il problema sollevato dagli accadimenti di Ferguson e di New York non è affatto nuovo nella storia del paese, e l’attivisimo che si sta organizzando attorno alla questione è particolarmente concentrato sul tema del racial profiling, e della diffusa impossibilità da parte dei cittadini di avere garanzie di un coinvolgimento maggiore nella gestione della sicurezza territoriale per superare il problema della razializzazione delle statistiche su cui il controllo securitario si basa. 

Per coloro che considerano la repressione poliziesca e l’incarcerazione strumenti mirati a risolvere le consistenti disparità economiche del paese negando cambiamenti strutturali volti ad una maggiore inclusione o ad una diversa distribuzione delle risorse, Ferguson rappresenta un punto di continuità in una lotta preoccupata con la strutturale negazione di accesso ai beni materiali ed intellettuali, al loro utilizzo e alla loro ri-produzione. 

Attivismo e rivendicazioni si stanno sviluppando su uno spettro eterogeneo di posizioni e tradizioni di resistenza, che mostra una forte continuità con le lotte per l’ottenimento e la difesa dei diritti civili, e che al contempo trova la partecipazione o la solidarietà di gruppi impegnati a lavorare sui fronti dell’aumento del salario minimo e dell’attacco allo sfruttamento corporativo, del diritto all’abitare, e dell’autonomizzazione alimentare. Queste lotte sono spesso molto localizzate geograficamente, ma durante il 2014 hanno caratterizzato un impegno politico trasversale in numerosi centri del paese. 

Un altro importante supporto al movimento #blacklivesmatter è quello che viene dai gruppi LGBT, che rivendicano un simile rifiuto dello stato delle strutture securitarie del paese, nonchè la necessità di diffondere una mutazione nei discorsi identitari per garantire non solo tutele ma una maggiore indipendenza nella produzione di significati, contenuti e progetti di azione legati alle discriminazioni di genere, alla violenza domestica, alle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso (negli USA la prostituzione è illegale, e quindi relegata ai canali dell’economia informale, ovunque tranne in Nevada), e alle categorie sotto-tutelate dal sistema giudiziario americano (le storie di Monica Jones e Marissa Alexander sono due importanti referenze in materia).

Il 2015 si apre su un appello a continuare le azioni di organizzazione e riappropriazione territoriale lanciato da Ferguson Action, che battezza l’anno nuovo con il semplice e diretto appellativo di year of resistance.