Francia - La follia poliziesca del potere

27 / 7 / 2019

Da un mese si "cerca" Steve, ragazzo scomparso durante le cariche notturne alla Festa della Musica a Nantes, dopo tre anni si ricorda la morte di Adama Traoré avvenuta in seguito a un controllo di polizia in una delle banlieues dell'Île-de-France mentre a Nizza il procuratore traveste i fatti, in precedenza negati, «per non mettere Macron in difficoltà», e sdogana la polizia responsabile, il 23 marzo, di aver caricato senza alcun motivo procurando gravi ferite a Geneviève, 73 anni. Manifestante alla quale il presidente, reagendo alle denunce dei manifestanti e dei media, suggerì di «usare il buon senso» e di non scendere in piazza alla sua età.

Anche il procuratore di Pontoise aveva distorto i fatti che riguardano la morte di Adama per non scomodare il potere. E il procuratore di Marsiglia ha mentito sulle circostanze della morte di Zineb Redouane, 80 anni, finita in ospedale il 1° dicembre 2018 dopo essere stata colpita da un lacrimogeno sparato in pieno volto mentre chiudeva la finestra per non soffocare. Parallelamente, il 16 luglio scorso, le forze dell'ordine vengono celebrate e premiate dal ministro dell'interno.

La Francia ha uno stato autoritario? Si. Il presidente Macron che nega: «non si può parlare di repressione e di violenze poliziesche, sono parole che non esistono in uno Stato di diritto». Però incoraggia, sostiene e protegge il ministro dell’interno Castaner, che in pochi mesi si è reso diretto responsabile della morte di Zineb, di 24 persone accecate, 315 feriti gravi alla testa e di 5 mani mutilate e della scomparsa di Steve.

Legittimare le violenze di stato è la principale caratteristica non di una deriva istituzionale in una democrazia cosiddetta "evoluta", ma di uno stato che istituzionalizza la violenza contro i propri cittadini negando loro i diritti fondamentali di libertà e giustizia. In Francia si può dire che la popolazione intera, che si tratti di persone che manifestano o di passanti, di qualsiasi età e condizione, è presa di mira dalle forze dell'ordine e dalle leggi sempre più repressive dello Stato, con una storica via preferenziale verso il commissariato e il tribunale per chi è reperibile secondo alcune categorie sociali visibili  e localizzabili oppure intuibili per l'origine definita "etnica".

La scomparsa dei "paletti" di allerta in uno stato in cui la polizia non sbaglia MAI riempiono una lunga, interminabile serie di inchieste corredate da innumerevoli denunce anche a livello internazionale. I fatti dicono che non c'è un "caso" o un "incidente", un concorso di circostanze per morti e sparizioni provocate dalle forze dell'ordine. Dietro il dramma di ciascuno/a c'è il trauma collettivo e dietro questa sofferenza condivisa da centinaia di migliaia di persone c'è una "follia" incarnata dalla polizia e dai suoi responsabili che ha intaccato inesorabilmente l'intero apparato istituzionale, politico e mediatico. Quante vittime dovremo ancora aspettarci da questa strategia del terrore?  Quante vittime "collaterali" di una guerra che uccide una donna anziana durante una manifestazione contro il degrado abitativo? O un giovane di 24 anni che stava finendo la serata ballando in riva al fiume? Quale retorica potrà mai giustificare questa "legittima difesa" da parte della polizia e la rimozione di due persone scomparse? 

Quella che all' indomani di un 14 juillet con una coreografia militare che non ha nulla da invidiare a messa in scena di Kim-Jong-un, permette al ministro dell'interno di consegnare medaglie onorifiche ai poliziotti sospetti di sevizie e tortura contro i manifestanti.

Nel funesto silenzio che domina sulle vicende, senza una parola per le vittime e per i loro familiari, né sulle centinaia di feriti la cui vita è cambiata per sempre.

Il problema della dipendenza dell'autorità giudiziaria dal potere esecutivo è legato, costituzionalmente, alla nomina dei procuratori da parte del ministero della giustizia quindi alla sua tutela politica, un legame pericoloso come ampiamente dimostrato dagli affaires che riguardano le violenze poliziesche e gli apparati di potere, vedi il "caso Benalla".

Fino ad oggi nessun presidente della Repubblica francese ha mai osato recidere questo cordone ombelicale al fine di rendere la procura indipendente, anzi tutti hanno successivamente piazzato i loro uomini di fiducia pronti a far fronte ai numerosi scandali politico-finanziari. Ma, a differenza dei predecessori, il governo Macron ha rivendicato il ruolo di tutore della giustizia, pretendendo nel settembre 2018 di decidere il candidato, funzionario del ministero della Giustizia, al posto di quello nominato dal Consiglio superiore della magistratura (CSM), un giudice reputato per la professionalità e considerato "indipendente" dai suoi pari.

Questo spiega anche la solerzia del procuratore di Parigi, Rémy Heitz, nell'applicare una politica penale particolarmente brutale e senza dubbio poco ortodossa nell'evocare i motivi degli arresti o l'obbligo ai domiciliari con il divieto di manifestare, o ancora le perquisizioni nelle redazioni, a titolo preventivo durante le mobilitazioni dei gilets jaunes. Nonché la totale sottomissione della magistratura nell'occultare infrazioni e rivelazioni che invece riguardano ministri o le inchieste sull'entourage dell'Eliseo.  

Nello stesso modo in cui le inchieste aperte dall'IGPN (Ispezione generale della polizia nazionale) servono solo e da sempre a sotterrare i fatti, consumando il tempo per moltiplicare le opzioni della difesa degli agenti di polizia. Che non vengono neanche sospesi siccome «non c'è nessuna prova di responsabilità individuale», questa è la formula classica che esonera ogni gerarchia di responsabilità nella violenza di stato.

Non resta che evocare il destino per quei 14 festaioli cascati nella Loira il 21 giugno scorso a Nantes - nel tentativo di scappare alle cariche della polizia con decine di lacrimogeni, granate esplosive e pallottole di LBD - alla fine di un concerto che doveva concludersi mezz'ora prima. Nessun sospetto, nessuna condanna, non è successo niente. Ma Steve non c'è più. Dov' è? Lo stanno cercando ufficialmente solo dal 24 luglio con quasi due settimane di ritardo.

Graffiti segnaletici «Annegamento autorizzato dalla Prefettura», giovani studenti con i genitori, famiglie con bambini, organizzatori e pubblico di free parties della regione hanno trasformato la riva della Loira in una tribuna per fare luce sul misfatto compiuto dalle forze dell'ordine.

Ma la collera contro il disprezzo delle istituzioni ed il governo, il dolore e la tristezza sono identiche da Nantes a Beaumont-sur-Oise, dove abita la famiglia di AdamaTraoré. «La polizia fa di tutto per dimenticarti, sappiamo che la battaglia sarà lunga Steve, ti vogliamo bene», queste le parole che anticipano lo slogan dei quartieri popolari diventato comune dalle metropoli ai rond-points di tutta la Francia: «Police partout, justice nulle part».

Ancora una volta, nessuna identificazione degli agenti, nessuno ricorda oltre alla coincidenza di una pessima qualità delle immagini di video-sorveglianza. E rifiuto da parte dei poliziotti di consegnare le armi per la perizia balistica, tutto è possibile, infatti si muore perché tutto è davvero possibile.

E la giustizia? Assolve, mettendo in dubbio il comportamento o le condizioni fisiche delle vittime prima di tutto. A Nantes la polizia ha chiesto un'inchiesta per «le violenze subite dagli agenti», mentre la morte di Zineb «non è dovuta all'impatto con il proiettile» per il procuratore incaricato dell'inchiesta; per caso lo stesso si trovava a fianco delle forze dell'ordine in piazza proprio quel giorno, ma aveva evitato di segnalarlo al giudice istruttore del tribunale di Marsiglia.  Dopo cinque perizie depositate in tribunale, Assa, sorella di Adama e figura militante di riferimento mediatico del Comité, ha organizzato un tour de France con lo scopo di far convergere la denuncia contro le violenze poliziesche delle tante "periferie" e le lotte dei Gilets Jaunes con inclusione dei Gilets Noires e dei comitati ambientalisti : «Adama come simbolo di un malessere generale».

Un malessere che attraversa tutto il paese, il paese di quelli "messi da parte", gli stessi che scendono in piazza ogni sabato dal 17 novembre 2018. Così la questione delle violenze della polizia è diventata il collante di mobilitazioni condivise in questi ultimi mesi. 

Il Comité Adama difende le lotte che nei quartieri esistono da oltre quarant'anni, questa coscienza oggi appartiene a tutti, in particolare ai movimenti emersi nell'autunno 2018. Nel tentativo di strutturarla, tra abitanti dei quartieri popolari, ecologisti, sindacalisti, giornalisti indipendenti, antifascisti, associazioni di difesa dei diritti degli immigrati e lavoratori sans-papiers, decine di collettivi hanno aderito alla convocazione per organizzare la marcia del 20 luglio nel maggio scorso alla bourse du travail di Parigi. Con l'adesione delle Assemblées des assemblées dei Gilets Jaunes e quella dei Gilets Noires, la rete organizzata dell'opposizione politica è pronta a far fronte comune contro l'autoritarismo istituzionalizzato.

Più il silenzio di stato e l'impunità dilagano e più si amplifica la voce "Verità e giustizia" per tutti.