Francia - Sainte Soline e la violenza di Stato: una nuova strategia repressiva all’orizzonte?

Ancora un articolo della rubrica "Le Père Duchesne: uno sguardo sulla Francia” sulle mobilitazioni francesi in difesa dell’acqua.

6 / 4 / 2023

È impossibile non aver sentito parlare della manifestazione contro i mega-bacini di Sainte-Soline. Su Globalproject abbiamo trattato spesso la questione, anche perchè una delegazione di attivist* del nord-est ha partecipato alla mobilitazione. Anche in questa rubrica se ne è parlato, con un’intervista ad alcun* attivisti di Les Soulèvements de la Terre.

L’attenzione politica e mediatica della manifestazione di Sainte Soline non è solo legata all'importanza della tutela delle acque nel contesto della crisi ecologica – in Francia e non solo -, ma anche alla violenza della polizia, che ha spinto molti opinionisti e commentatori a parlare addirittura di «una giornata di guerra». Inserendo quanto accaduto a Sainte Soline nel contesto delle proteste contro la riforma delle pensioni, è necessario  aprire un dibattito sulle strategie di repressione in Francia.

Il bilancio della manifestazione del 25 marzo è catastrofico: più di 200 persone ferite dalle forze dell'ordine, due delle quali in coma, più di 4.000 granate utilizzate in due ore, cioè una ogni due secondi, l'uso di GM2L e GLI-F4. La granata GM2L contiene una pericolosa carica pirotecnica e provoca una forte esplosione; quanto alla GLI-F4, che ha ucciso il militante ambientalista Rémi Fraisse nel 2014, nel corso di una manifestazione contro la diga di Sivens e mutilato diversi gilet gialli nel 2018-2019. In conclusione, un'esplosione di violenza contro i manifestanti e, purtroppo, la sensazione è che questa manifestazione segni un vero e proprio cambio di passo delle politiche repressive in Francia.

Ma la violenza militare non è stata l'unica cosa che si è verificata durante questa battaglia.

I due manifestanti che sono ancora in coma soffrono di danni cerebrali causati da un'emorragia. È accertato che le responsabilità di questo siano legate al fatto che la polizia abbia bloccato l’arrivo delle ambulanze, impedendo al personale sanitario di soccorrere subito i feriti. Inoltre, ci sono altre informazioni che spaventano: la prima è che il metodo di lancio della granata lacrimogena che presumibilmente ha colpito Serge D è severamente vietato. Un decreto del 27 luglio 2017 del ministro del Interno Gérard Collomb, ricorda che quando questo metodo viene utilizzato con un lanciagranate, "sparare con un bastone è severamente vietato", quindi stiamo parlando di uno sparo non regolamentare che potrebbe comunque portare all'accusa di omicidio per chi ha sparato, visto che Serge è ancora in coma e in pericolo di vita. Il secondo punto, il più scandaloso, è che il SAMU non è stato in grado di prendersi cura del ferito immediatamente.

Una telefonata registrata dalla Ligue des droits de l'homme (LDH) e trasmessa da Le Monde ha rivelato una conversazione tra un medico a pochi chilometri di distanza e il SAMU. Ecco la trascrizione: "Sono un medico, ci sono degli osservatori della LDH (..) sul posto che dicono che è calma da mezz'ora. Potete intervenire". La risposta del SAMU: "C'era un medico sul posto e gli abbiamo spiegato che non avremmo mandato sul posto né elicotteri né Smur (Strutture mobili di emergenza e rianimazione). Perché la polizia ci ha ordinato di non inviarne".

Il medico ha insistito ulteriormente e il suo interlocutore ha risposto che non è stato il primo ad avvisarlo, ma che "il problema è che dipende dalla polizia". Un avvocato della LDH ha chiesto da dove provenissero questi ordini: "Non siamo autorizzati a inviare aiuti sul posto perché è considerato pericoloso". Gli avvocati della LDH fanno notare che "se non lo è, non c'è assistenza a una persona in pericolo", e l'oratore finisce per confermare che "non è la prefettura a vietare l'accesso, è il comando sul posto". I genitori delle due persone in coma hanno presentato una denuncia per "tentato omicidio e deliberato impedimento all'arrivo dei soccorsi".

La seconda ondata di violenza e repressione è arrivata dopo la manifestazione. Il ministro dell'Interno, Gérald Darmanin, ha infatti annunciato lo scioglimento dell'organizzazione Les Soulèvements de la Terre, co-organizzatrice della manifestazione. Nell'ottobre 2022, durante una prima manifestazione contro il mega-bacino a Sainte-Soline, il Ministro aveva già tacciato i manifestanti di "ecoterrorismo".

Darmanin è tornato sulla questione anche dopo l’ultima manifestazione, rincarando la dose e insistendo sulla "violenza estrema di gruppi che sono stati nel radar dei servizi segreti, a volte per molti anni, come Soulèvements de la Terre". Il Ministro dell'Interno ha deplorato gli "eventi inqualificabili" di Sainte-Soline, ricordando che la manifestazione era stata vietata dalla prefettura. «Tutti sapevano di questo divieto», ha detto. Uno dei portavoce delle Soulèvements de la Terre, Basile Dutertre, ha risposto all'Agence France-Presse affermando a gran voce che "si tratta di un tentativo di distrarre dalla gestione disastrosa e tragica dell'ordine pubblico a Sante Soline", e che "le persone che hanno ordinato di sparare sulla folla con armi da guerra sono quelle che ora ci accusano di ultra-violenza, è un'inversione di termini sconcertante".

E il ministro non si è fermato qui: il 2 aprile ha avviato la procedura di scioglimento di un altro movimento, il Collettivo di Difesa (Defco), dichiarando: "Abbiamo identificato a Rennes un movimento chiamato Defco, che ha come obiettivo la rivolta. Chiederemo anche il suo scioglimento". Ma questo scioglimento sembra ancora più insensato, dal momento che il collettivo è prima di tutto un team legale che dovrebbe fornire aiuto e consulenza legale alle persone arrestate durante le manifestazioni. Pubblicano anche consigli su come proteggersi durante le manifestazioni, prepararsi al processo e mettono online dei tool kit per persone che hanno a vario titolo problemi legali per la loro partecipazione a movimenti sociali.

Ed è tutto legale: gli articoli L.212-1 e seguenti del Codice di Sicurezza Interna prevedono che un gruppo possa essere sciolto se si dimostra che il suo "oggetto o la sua azione tendono a minare l'integrità del territorio nazionale o ad attaccare con la forza la forma di governo repubblicana", o se la sua "attività tende a ostacolare le misure relative al ristabilimento della legalità repubblicana". Sarebbe molto interessante chiedere al governo spiegare come una manifestazione contro i mega-bacini e l'abuso di risorse fatto dall’industria agroalimentare - che danneggia l'ambiente, gli agricoltori e il futuro del pianeta - sia un attacco alla Repubblica.

Tutta questa repressione fa parte di un quadro più ampio di violenza di Stato. Come l'uso del 49.3 per far passare la riforma delle pensioni, ma anche la repressione e la violenza contro chi manifesta contro di essa. Dall'inizio delle proteste contro la riforma pensionistica di Macron, la Denfenseure des Droits Humains[1] ha osservato un'accelerazione delle denunce per violenza da parte della polizia, violazione della libertà e arresti arbitrari. Queste violenze hanno persino attirato l'attenzione della comunità europea. Infatti, il Consiglio d'Europa ha recentemente parlato di "uso eccessivo della forza" da parte dello Stato francese. Il Commissario per i diritti umani, Dunja Mijatovic, ha dichiarato che "atti sporadici di violenza da parte di alcuni manifestanti o altri atti riprovevoli commessi da altri durante una manifestazione non possono giustificare l'uso eccessivo della forza da parte degli agenti statali. Né tali atti sono sufficienti a privare i manifestanti pacifici del godimento del diritto alla libertà di riunione", ha proseguito. È quindi facile capire che anche l'Europa chiede a Macron e Darmanin di rispettare il diritto dei francesi a manifestare.

Si potrebbe certamente pensare che stiamo assistendo a una replica del maggio ‘68 ed è molto facile vedere dei parallelismi. In effetti, i giovani - e meno giovani -si stanno rivoltando per proteggere il pianeta e il loro futuro, proprio come fecero i giovani della fine degli anni Sessanta. Ma il collegamento tra questi due momenti storici si può notare anche osservando il corso degli eventi in una prospettiva di medio periodo : entrambi i movimenti sono stati di fatto una risposta ad un ritmo di sviluppo e cambiamenti troppo accelerati avvenuti negli anni precedenti. E il popolo francese è famoso per avere la rivolta nel sangue, che spesso arriva a uno scontro frontale tra il popolo e lo Stato. Ricordiamo che De Gaulle fu costretto a lasciare la carica di presidente dopo il maggio ‘68. Sarà lo stesso destino per Macron?

Dobbiamo riflettere su chi può avvantaggiarsi in questa situazione di grande polarizzazione politica. Il pericolo che scorgiamo all’orizzonte è quello di un compattamento della destra verso Rassemblement National, da poco guidato da Jordan Bardella (ne ho scritto qui), mentre la sinistra non sembra cogliere questa occasione per andare oltre la storica frammentazione che la caratterizza. Dal punto di vista del governo, Macron sembra voler andare dritto, senza cercare una mediazione con i cittadini, ricorrere a un referendum, trovare altri modi per finanziare le pensioni, ad esempio pagando meno i senatori.



[1]In Francia, il Difensore dei diritti umani è un'autorità amministrativa indipendente. Creata nel 2011 e sancita dalla Costituzione, le sono state affidate due missioni: difendere le persone i cui diritti non sono rispettati e consentire un accesso equo ai diritti per tutti.