Free Koulchi: la campagna per la liberazione dei prigionieri di coscienza in Marocco

28 / 1 / 2020

Nelle settimane scorse in Marocco è stata avviata la campagna Free Koulchi (Liberare tutti) per chiedere la fine delle persecuzioni giudiziarie nei confronti di attivisti o anche semplici cittadini colpevoli di esprimersi apertamente contro il regime. Secondo il manifesto pubblicato sulla pagina Facebook della campagna: “Di fronte alla tensione sociale e allo stallo politico che il Marocco sta vivendo, lo stato sta adottando un duro approccio securitario che non si limita solo ai militanti dei movimenti di protesta sociale ma colpisce con arresti, denunce e perquisizioni anche cittadini che hanno meramente espresso le loro opinioni sui social network”.

Il caso che ha avuto più eco all’estero è stato quello di Omar Radi, noto giornalista e militante, messo in arresto preventivo il 26 dicembre 2019 per un tweet in cui criticava le pesanti sentenze carcerarie ai danni dei militanti del movimento di massa per i diritti sociali Hirak del Rif. Omar Radi è stato poi liberato il 31 gennaio in seguito alle pressioni della campagna di solidarietà nei suoi confronti, ma resta tuttora in attesa di giudizio.

Un altro caso che ha avuto ampia risonanza è quello del rapper Gnawi, autore assieme a Weld Lgriya e Lz3er del pezzo “3acha Cha3b” (Viva il popolo), che in pochi giorni ha raggiunto sette milioni di visualizzazioni su YouTube e al momento ne ha 22 milioni. Se l’inno nazionale marocchino si conclude con “Dio, patria, re”, il pezzo ammicca alla sostituzione dell’ultima parola con “popolo”. Il testo denuncia la situazione sociale del paese trasgredendo ampiamente le linee rosse che non permetterebbero di criticare la monarchia e la famiglia reale: “Chi guadagna dal fosfato e possiede le più grandi società? (…) Siamo quaranta milioni e trenta obbediscono per forza. (…) La povertà non ci sarà più perché per il 2020 saranno scappati tutti [dal Marocco]. (…) Dio, patria e che il terzo se ne vada, questo è lo slogan dei nostri fratelli”. E ancora: “Avete impoverito metà del popolo e commemorate il primo maggio”. Purtroppo, Weld Lgriya ha inserito nel testo un verso antisemita, indifendibile, ma non è certo per questo che Gnawi è stato arrestato il 1° novembre 2019 – due giorni dopo la pubblicazione di “3acha Cha3b” – con l’accusa di oltraggio alle forze dell’ordine in un pezzo più datato. Gnawi è stato condannato a un anno di detenzione ed è al momento in carcere.

In un episodio correlato, il diciottenne Ayoub Mahfoud è stato arrestato a inizio gennaio e clamorosamente condannato a tre anni di carcere per un post su Facebook in cui riprendeva il testo di “3acha Cha3b”. Lo studente medio è stato rimesso in libertà dopo due settimane, in seguito allo scandalo che la sua condanna ha suscitato, ma è ora in attesa del giudizio in appello. In modo simile, il rapper e studente medio Hamza Asbaar aka Stalin (sic) è stato condannato a quattro anni di carcere, ridotti poi a otto mesi, per la pubblicazione del pezzo di denuncia “Fehemna” (Abbiamo capito). Per concludere questa lista parziale, il YouTuber Mohamed Sekkaki aka Moul Kaskita è stato condannato a quattro anni di carcere per aver criticato il re Mohammed VI in un video.

Questo nuovo giro di vite sul dissenso segna un’ulteriore regressione dei diritti civili e politici nel paese, confermando – se ce ne fosse bisogno – che la “transizione democratica” avviata dal Palazzo alla fine degli anni ’90 non era né transizione né democratica. Se negli anni 2000 si era assistito a una effettiva, per quanto circoscritta, apertura dello spazio politico, questa non si spingeva oltre determinati limiti: la “monarchia governante”, l’esercito e la polizia, la religione e il Sahara Occidentale come facente parte del Marocco. Tuttavia, il consenso nei confronti di tale impianto egemonico – in particolare per quanto riguarda il primo punto – era basato su una promessa di prosperità che, in linea con il trend globale, è andata progressivamente infrangendosi dopo la crisi del 2008 e il mancato ripristino della crescita economica ai livelli precedenti. È difficile valutare la profondità dell’erosione di tale consenso, ma senz’altro il Movimento 20 Febbraio del 2011 e il Hirak del Rif del 2016-2017 sono stati degli scossoni significativi. Questa è certamente l’interpretazione del Palazzo, non si spiegherebbero altrimenti le pesanti condanne carcerarie per dei semplici post sui social media, condanne da parte di un regime che ha sempre dato grande importanza alla propria immagine anche all’estero.