Gaza, sotto le bombe muore anche il calcio internazionale

La morte sotto i bombardamenti del più famoso calciatore palestinese non impone alla Fifa nessun tipo di condanna verso lo stato di Israele e la sua federazione

4 / 8 / 2014

La fine della guerra la vedono solo i morti, e mai come oggi nella striscia di Gaza questa è una tragica verità. Migliaia di corpi senza vita per la necessità dello stato di Israele di esercitare un diritto alla difesa - posto che ne abbia diritto - che si è trasformato in un massacro indiscriminato di civili inermi, uomini, donne e bambini.

"La Palestina ha perso uno dei suoi migliori calciatori, il suo miglior centrocampista di sempre." così ha commentato il giornalista sportivo Khaled Zaher alla Reuters dopo che il corpo di Ahed Zaqout, 49 anni conduttore televisivo a Gaza, voce sportiva nazionale per un popolo senza nazione ed ex stella del calcio, è stato ritrovato ucciso nel suo letto dalle bombe delle Forze di Difesa israeliane mercoledì scorso.

Perché l'esercito israeliano si stesse "difendendo" da Zaqout è un mistero. Non era Muhammad Ali, ne aveva utilizzato lo sport per sostenere una fazione politica in particolare . Era il classico ex-atleta famoso diventato giornalista e conduttore televisivo. Ma a Gaza, quello che possiamo vedere come convenzionale può diventare politico. Zaqout era una persona la cui voce, l'acume, e l'analisi tagliente erano una fonte di gioia e una presenza imprescindibile per un popolo sotto assedio costante.

Dare una possibilità di normalità alla popolazione intrappolata di Gaza era di per sé un atto politico.

È stato Zaqout in realtà colpito consapevolmente, o è morto in un altro spietato bombardamento di civili voluti dall' IDF? Se crediamo a Netanyahu ed ai suoi difensori, che ritengono le cronache dei giornalisti ed i rapporti delle Nazioni Unite sulle uccisioni di massa indiscriminate solo propaganda antisemita, allora vale la pena domandarsi perchè Ahed Zaqout è stato ucciso?

Sulla base della descrizione e delle relazioni dei bombardamenti, per come li raccontano gli israeliani, è indubbio che il suo è stato un assassinio di precisione. In realtà, Zaqout è una delle migliaia di vittime della precisa scelta del governo di Netanyahu di portare una guerra totale ai palestinesi.

Un azione mirata, la guerra, che offre l'ennesimo esempio del modo in cui Israele ha attaccato la comunità di Gaza non solo per questioni militari ma con la volontà di colpire tutte quelle attività, calcio e sport compresi, che possano offrire una qualsiasi tipo di speranza, tregua e sollievo ad una popolazione stremata e prigioniera.

Il calcio è principalmente questo: un senso di gioia collettiva e di speranza. E lo è tanto più a Gaza, come visto all'inizio di quest'anno, con di migliaia di persone sulla spiaggia di Gaza per celebrare una vittoria della squadra nazionale.

Attaccare il calcio è attaccare anche l' aspirazione ad essere riconosciuti come stato. E' l'atto disumano che mira a colpire una espressione collettiva dell'umanità.

Attualmente la FIFA sta discutendo di sanzioni contro Israele a causa delle accuse formali sull'uso della violenza contro la squadra nazionale palestinese, spesso impedita di uscire dalla striscia di Gaza per andare a giocare partite internazionali anche ufficiali. Ahed Zaqout ora è necessariamente una parte di questo dibattito. Sia che Zaqout sia stato preso di mira o sia stato coinvolto in un omicidio indiscriminato dovuto ad un bombardamento è una ragione in più per una scelta chiara della FIFA.

La FIFA potrebbe esercitare quel tipo di forza per la giustizia sociale che ne le Nazioni Unite, ne gli Stati Uniti e la comunità internazionale tutta non vogliono/posso attuare. Potrebbe di fronte allo spargimento di sangue a Gaza e per onorare la memoria di Ahed Zaqout, inviare il messaggio che un paese che imprigiona un altro non ha posto nel mondo dello sport internazionale ... … o forse no.

Il rumore dei bombardamenti a Gaza non è poi così dissimile dal quello dei gas lacrimogeni nelle strade dei mondiali brasiliani, degli scontri armati al confine della Russia prossima sede dei mondiali e di tutte quelle guerre e conflitti che il calcio ed i suoi organismi non hanno mai impedito e che fanno finta di non vedere.