Giulio Regeni, un'altra vendetta dello stato di polizia

7 / 2 / 2016

Il 19 Agosto 2013 pubblicammo la traduzione di un lucido articolo di Wael Eskandar per condannare lo sterminio dei Fratelli Musulmani in Piazza Rabaa al Cairo. Nel pezzo si leggeva: “La più grande minaccia per l’Egitto è ancora il ritorno dello stato di polizia. Più specificamente, la minaccia riguarda non solo la ricostituzione dello stato di polizia, che non se ne è mai davvero andato dopo la caduta di Mubarak, ma anche il ritorno dell’implicita, se non aperta, accettazione delle pratiche oppressive dell’apparto coercitivo. Da questo punto di vista, l’attuale conflitto tra lo stato e i Fratelli Musulmani è in potenza estremamente dannoso. Il diffuso sentimento anti-Fratelli Musulmani sta conferendo allo stato la legittimità nell’uso della forza contro i Fratelli, e, nel futuro, una copertura per poter usare simili tattiche anche contro gli altri dissidenti” (1).

Le previsioni di questa analisi si avverarono puntualmente, con migliaia di omicidi di stato e decine di migliaia di incarcerazioni che hanno colpito anche importanti attivisti progressisti (2). Nel frattempo, gli attacchi terroristici sono aumentati invece che diminuire. In pochi tuttavia avrebbero potuto immaginare che il braccio della repressione avrebbe potuto portare via anche un ricercatore europeo. Se i dettagli della scomparsa di Giulio Regeni non sono ancora noti, l’ipotesi più probabile resta che il dottorando sia stato rapito, torturato e ucciso dalla polizia egiziana. In tal caso non sarebbe importante sapere se il presidente Sisi e il suo governo fossero stati al corrente del sequestro (ne dubito, considerando le prevedibili conseguenze mediatiche). Quel che importa è che il regime di Sisi ha creato le condizioni perché ciò potesse accadere, routinizzando torture, arresti extra-giudiziari e soppressioni fisiche dei dissidenti.

I poteri occidentali, non senza iniziali esitazioni, si risolsero ad avvallare il colpo di stato del 3 luglio 2013, nel quale le petrol-monarchie del golfo (eccezion fatta per il Qatar) giocarono un importante ruolo di sostegno finanziario e politico (3). Matteo Renzi è stato il primo capo di stato occidentale a rendere visita ufficiale al dittatore egiziano, definendolo “un grande leader” e assicurandogli che “la tua guerra è la nostra guerra”. Tale entusiasmo distintivo sembra essere principalmente legato agli interessi economici dell’Eni in Egitto e Libia. Il generale Sisi ha comunque giocato una politica di equilibrio tra i diversi poli del potere globale. Ha stretto accordi economici di vario tipo anche con la Russia, i quali hanno fatto scodinzolare la “sinistra carceraria” nostrana. Ma come scriveva Giulio Regeni stesso, la cui ricerca si focalizzava su sindacalismo e movimento operaio in Egitto, il regime di Sisi ha soffocato le speranze democratiche del paese, marginalizzato o cooptato il sindacalismo indipendente e ripreso il processo di riforma neoliberista dell’economia (4).

Come hanno efficacemente sintetizzato Fatima Ramadan e Amr Adly, anch’essi ricercatori sul tema, il nuovo regime sta cercando di consolidare un contraddittorio “nasserismo low cost” o “nasserismo di destra” (5). Questo nel tentativo di porre fine al ciclo di scioperi e altre azioni sul posto di lavoro registratosi dal 2004 al 2013, il più ampio nella storia dell’Egitto post-coloniale. Da un lato Sisi ha scommesso su un revival discorsivo del nazionalismo nasseriano (e del relativo militarismo) e ne ha restaurato il quadro istituzionale autoritario per quanto riguarda diritto di sciopero, l’organizzazione sul posto del lavoro, la determinazione dei salari, ecc. Ha inoltre tentato, cosa assai importante per il ritorno del corporativismo autoritario, di ripristinare il monopolio della rappresentanza del sindacato unico, bloccando una legge per il riconoscimento dei sindacati indipendenti e facendo pressioni su di essi affinché ritornassero nella confederazione di stato. Ma, a causa della crisi fiscale dello stato, a questo “nasserismo politico” non può accompagnarsi un “nasserismo economico”, ovvero tutta quella serie di concessioni materiali ai lavoratori in termini di sicurezza del posto di lavoro ed espansione del welfare e del settore pubblico che erano alla base del compromesso nasseriano. Tale progetto sembra quindi mancare di basi materiali ed è probabile che rimarrà dipendente dagli alti livelli di coercizione visti finora. Tant’è vero che una nuova ondata di scioperi selvaggi ha investito tutto il paese negli ultimi mesi (6), mentre una legge di riforma dell’amministrazione pubblica è stata duramente contestata. Forse sono proprio questi sviluppi che rendono il regime particolarmente nervoso in merito a tali tematiche.

L’autoritarismo egiziano non è comprensibile isolando il paese dal suo contesto, in particolare dall’egemonia delle monarchie petrolifere sull’area e le tensioni internazionali create dall’apartheid sionista. Per ridurre il ripetersi di simili episodi in futuro serve ben altro che una generica domanda di chiarezza, anche se la verità su quanto è accaduto è un imprescindibile punto di partenza.

Petizione per la verità sui responsabili della morte di Giulio Regeni:

https://docs.google.com/forms/d/1fulZt-YNrsvK6hn7hEU7AC-A2yoTEJzoodFRXyjA_OY/viewform?fbzx=-1880109545737946681

*** Lorenzo “Fe” Feltrin, di Treviso, è dottorando in scienze politiche alla University of Warwick, dove si occupa di sindacati e movimenti sociali in Marocco e Tunisia. Ha precedentemente collaborato con la casa editrice milanese Agenzia X, per la quale ha pubblicato il libro Londra Zero Zero sulle subculture anni zero della capitale inglese.

(1) http://www.globalproject.info/it/mondi/la-vendetta-dello-stato-di-polizia/14947; l’articolo fu indipendentemente tradotto e pubblicato lo stesso giorno anche da infoaut.org.

(2) https://www.hrw.org/news/2015/06/08/egypt-year-abuses-under-al-sisi

(3) http://www.globalproject.info/it/mondi/rivoluzione-egiziana-economia-politica-di-un-altro-anniversario-di-sangue/18597

(4) http://ilmanifesto.info/in-egypt-second-life-for-independent-trade-unions/

(5) http://carnegieendowment.org/2015/09/17/low-cost-authoritarianism-egyptian-regime-and-labor-movement-since-2013/ihuh

(6) http://www.madamasr.com/sections/politics/labor-unrest-north-south