Gli studenti thailandesi contro Voldemort

14 / 8 / 2020

La Thailandia è il “paradiso terrestre” delle nostre vacanze, un paese favoloso nel quale staccare la spina dalla routine della nostra vita, dal lavoro, dai pensieri e dai problemi. Ogni anno sono moltissimi i turisti che la raggiungono per passare qualche settimana di relax in un paese considerato tra i più sicuri al mondo. Tanto è che arrivandoci, l’impressione è proprio quella, di un paese tranquillo, dove regna pace e coesione sociale, dove tutti sono sereni e felici e la povertà sembra non esistere. Il resto lo fa la squisita cordialità dei thailandesi, un popolo davvero accogliente.

Eppure, non sono tutte rose e fiori, non risplende tutto come il maestoso e luccicante Palazzo Reale: basta uscire un poco dai circuiti turistici ed eccola lì la povertà, nascosta ai bordi delle rotaie di un treno sconquassato che trasporta orde di visitatori nei siti turistici. Ti affacci dai finestrini e la vedi scorrere in un tutta la sua crudeltà, la povertà, relegata nelle periferie di quella enorme megalopoli che è Bangkok, e ti prende lo stomaco: ti chiedi come sia possibile che in un paese così ordinato e rispettoso, così ossequioso e pulito, dove tutto sembra tenuto con cura, dove sembra ci sia tanto rispetto per/tra le persone sia possibile che esista qualcuno che viva in un tale degrado. Oppure basta farsi un giro in “tuk tuk” e passare per caso nelle zone del sesso a pagamento, dove migliaia di donne e bambine vengono sfruttate per il diletto di orchi occidentali, molto spesso italiani che, nel pacchetto-relax, includono anche stupri e nefandezze varie. Per sommi, sommissimi capi, agli occhi disattenti del turista, questa è la Thailandia, un paese e un popolo meraviglioso che però nasconde tutti i suoi difetti per mostrare al mondo solo la sua facciata lucente che si rispecchia nel suntuoso Palazzo Reale, un paese che sembra aver paura, almeno fino a qualche settimana fa.

In Thailandia è proibito manifestare contro il governo e la monarchia, per la quale vige una glorificazione assoluta: ogni giorno alle cinque del pomeriggio il paese si ferma: chi corre in macchina o in “tuk tuk”, chi fa jogging al parco, chi sta facendo la spesa o lavorando ossequia il suo monarca rimanendo immobile a cantare l’inno nazionale per due, tre quattro minuti che sembrano interminabili agli occhi del visitatore. E incredibili, perché è davvero molto difficile comprendere l’assoluta devozione che sembra avere questo popolo verso il suo sovrano. Una devozione imposta con la forza del potere ma anche culturale, dovuta in buona in buona parte anche a un’invadenza religiosa che non solo si vede ma sembra quasi di poterla toccare con mano da quanto è presente.

Sta di fatto che da qualche settimana a questa parte qualcosa si muove pure qui, nel paese delle “nostre” vacanze dove regna la pace sociale imposta con la forza. La protesta è partita alla metà di luglio dagli studenti, in aperto conflitto con la sempre più spietata dittatura del governo guidato dall'ex generale Prayuth Chan-ocha, con la richiesta di riforma della monarchia. I malumori sono cominciati in febbraio quando la Corte Suprema della Thailandia ha annunciato la dissoluzione del principale partito oppositore anti militarista, l’Anakot Mai (avanzare per il futuro). La mancanza di democrazia è il principale motivo di queste proteste. D’altra parte, anche le elezioni, celebrate nel 2019 (quindi cinque anni dopo il golpe militare) sono servite solamente a rafforzare la legittimità del governo militare senza dare una risposta concreta alla richiesta di più democrazia. L’immagine di pace sociale costruita per “vendere il pacchetto turistico Thailandia”, dunque stona completamente con la storia politica del paese, che è sempre stata molto tumultuosa: dal 1932 sono stati 19 i colpi di stato militari, l’ultimo avvenuto nel 2014 quando l’attuale primo ministro ha preso le redini del paese con l’appoggio dei militari e la benedizione del re.Thailandia

Tornando alle proteste, dal 18 luglio, il paese e soprattutto la capitale Bangkok è in agitazione. Per la prima volta, le proteste criticano apertamente la monarchia, chiedendone apertamente una riforma. Simbolo delle proteste le tre dita centrali della mano alzate, come in “The Hunger Games”, a simboleggiare “libertà, elezioni, democrazia” e in contrapposizione al saluto militare, sempre a tre dita (ma con pollice, indice e medio alzati), lanciato dal dittatore Sarit Thanarat durante la guerra fredda che rappresentano i tre cardini dello stato, “nazione, religione, monarchia”. Molte delle rivendicazioni dei manifestanti riguardano infatti, proprio i privilegi del sovrano: revocare l’articolo 6 della Costituzione che concede l’immunità al re; revocare il reato di “lesa maestà” con il quale i thailandesi rischiano fino a 15 anni di prigione, ridurre i fondi economici destinati al re; abolire gli Uffici Reali; revocare la Crown Property Act per dividere le proprietà dello stato da quelle personali del re; abolire il divieto reale sulle espressioni di opinioni politiche in pubblico; abolire la glorificazione eccessiva al re nelle istituzioni pubbliche; indagare sugli omicidi di quanti hanno criticato il re o hanno avuto qualche tipo di relazione con la monarchia; il re non deve più appoggiare colpi di stato.

Pochi giorni prima del ritorno in patria del re – che vive in Germania – per festeggiare il compleanno dell’anziana madre, la polizia reale thailandese ha spiccato 31 ordini di arresto contro i leader delle proteste studentesche e ha arrestato due studenti del collettivo FreePeople Thailandia con l’accusa di mettere in pericolo la salute pubblica, sedizione e ostruzione della via pubblica. Alcune centinaia di persone hanno mantenuto un presidio sotto il tribunale fino a quando il giudice ha concesso la libertà provvisoria ai due manifestanti vietandogli però di partecipare a future manifestazioni. Le proteste sono riprese con la successiva visita del re: migliaia di persone hanno partecipato alla manifestazione, lanciate dal fronte studentesco “Thammasat University Pro-Democracy Group”. Gli studenti, vista la repressione subita nei giorni precedenti hanno messo in scena una manifestazione in maschera travestendosi da Harry Potter e paragonando il primo ministro al cattivo della saga, Voldemort per cercare di evitare problemi con la giustizia.

Thailandia 

Nei prossimi giorni sono previste ulteriori proteste. Gli slogan di lancio recitano: «Non ci fermeremo finché i poteri oscuri non saranno finiti. Tutte le strade portano al Monumento alla Democrazia», dove si sono svolte e si svolgeranno le manifestazioni. Quella in atto in Thailandia al momento non è certo una rivolta coesa e radicale, dal momento che alcuni leader della protesta hanno dichiarato di non mettere in dubbio l’esistenza della monarchia, ma sembra comunque che sia iniziato un processo di democratizzazione dal basso molto interessante se si considera la rigidità della dittatura nella quale sono costretti a vivere i cittadini thailandesi.