Riportiamo la parziale traduzione di un corposo articolo da le monde diplomatique

Hollande indossa l'elemetto

Utente: zambeppi
15 / 1 / 2013

La Francia ha deciso da sola la forma di un intervento militare in Mali per fermare l'avanzata dei miliziani jihadisti (...). Nonostante l' union sacrée nell'Esagono, e un ampio sostegno internazionale - compreso quello africano - attorno a questa iniziativa del presidente Hollande, degli interrogativi si pongono.

Le finalità della guerra: come in Libia, nel 2011, esse sono confuse. Si è sentito di tutto: assicurare la sicurezza dei cittadini francesi all'estero; (...) guerra contro il terrorismo; (...) impedire la presa di Bamako ecc. Se i jihadisti hanno sì cercato di avanzare verso il Sud, non è dimostrato che avessero intenzione di andare fino a Bamako, la capitale (...). Ora si è agli attacchi contro le posizioni di ripiego dei gruppi armati. A quando la "pulizia" del terreno?

Le truppe inviate sul terreno: È proprio quello che era stato evitato in Libia nel 2011. E quello che cercano di evitare in generale americani, britannici, ecc. Ma quello che non hanno potuto impedire i francesi in Mali (...).

La durata dell'operazione: essa è perlomeno variabile («il tempo che sarà necessario», «diverse settimane», «fino a quando le forze dell'Africa occidentale e l'esercito del Mali non daranno il cambio», ecc.). Ma il tempo non gioca necessariamente a favore di chi interviene, e che può ritrovarsi impantanato, con un'immagine di "occupante" - come è stato in Afghanistan.

Gli obiettivi: inizialmente erano i combattenti sulla linea di demarcazione, adesso sono le retroguardie dei movimenti jihadisti nei loro feudi del Nord (...). Qui nulla è stato veramente negoziato, discusso, approvato: è a discrezione della potenza che prende l'iniziativa, quasi in clandestinità. Una guerra senza volto e senza immagine (...).

Le risoluzioni Onu: sulla loro interpretazione si basa in teoria la legittimità dell'intervento: se ne prende ciò che si vuole con una modalità "di scivolamento", che ricorda anche qui il precedente libico. Così, la risoluzione 2085 del 22 dicembre era imperniata innanzitutto sul necessario negoziato politico, per separare la questione Tuareg (rivendicazione nazionale o comunitaria, paragonabile alla questione kurda) dalla costituzione di poli jihadisti (...) Oggi Parigi pretende di agire all'offensiva nel nord del Mali sotto la copertura di questa risoluzione che autorizzava un negoziato politico e la messa in csmpo di forze dell'Africa occidentale, ma si riservava il via libera militare a un momento successivo (...).

Le giustificazioni politiche: sono a geometria variabile, con un lato "grande salto" della sinistra che assicurava, dopo l'elezione di François Hollande, di non volersi più comportare da "gendarme dell'Africa" (...). Ora, anche se la causa sembra piuttosto giusta, la Francia si ritrova nella posizione di agire in prima linea (...), con i suoi propri mezzi, il suo know-how africano tradizionale (che risale ai tempi del colonialismo, in particolare per quanto riguarda la guerra nel deserto). L'immagine rischia di restarle attaccata ancora a lungo, e non mancheranno "amici" della Francia a chiederle d'intervenire nell'interesse di questo o quel Paese.

Sul piano militare: (...) effettivi relativamente limitati dai due lati (qualche migliaio), terreno conosciuto (il Sahel) e «libero» (deserto), appoggio sulla rete di basi e di truppe pre-posizionate a Libreville, N'Djamena, Gibuti (che fanno della Francia, più di cinquant'anni dopo le indipendenze, un caso a parte). Se la Francia non si fosse lanciata , nessuno l'avrebbe fatto al suo posto. Essa potrà compiacersi: «Intervengo, dunque sono». Ma dovrà far comprendere che non torna a essere un gendarme regionale, cosa della quale - in realtà - non ha più veramente né i mezzi, né la volontà.

Il posizionamento offensivo: questo atteggiamento (già rilevato a proposito della Libia nel 2011, e della Siria nel 2012) fa di Parigi il nemico n°1 dei jihadisti, il nuovo «grande Satana», col rischio che i suoi cittadini all'estero o le sue installazioni all'estero, in particolare in Africa, diventino potenziali obiettivi; o che vengano presi di mira obiettivi nell'Esagono (...). 

Benefici politici per Hollande: (...) il presidente «normale» - più rosa che rosso, più socialdemocratico che socialista, piuttosto «moscio» in tutto - vi trova l'occasione di fare il duro, il risoluto, su un terreno sul quale è garantito incontrare un vasto consenso, in un clima di unanimità nazionale. (...) Unica incognita: se dovesse succedere qualcosa agli ostaggi attualmente prigionieri nel Sahel, com'è accaduto per l'operazione condotta sabato scorso in Somalia per liberare l'agente francese (...), che ha avuto l'effetto disastroso che sappiamo.

traduzione di Ornella SangiovanniLa versione integrale dell'articolo su www.lemondediplomatique.fr