Honduras - Berta Caceres, vittima perchè lottava per l’ambiente e gli indigeni

10 / 3 / 2016

L’Honduras viene descritto spesso come un paese in preda alla violenza messa in atto in maniera brutale e predatrice dalle gang di strada. La storica attivista Berta Caceres, uccisa lo scorso tre marzo la cui notizia della sua uccisione ha fatto il giro del mondo, l’ultima dei 111 ambientalisti morta tra quelli uccisi dal 2002 ed il 2014, dichiarava: «Siamo presi di mira dal sicariato giudiziario e da quello armato. Le nostre vite sono appese a un filo». 500 anni di colonialismo, insieme al recente saccheggio di risorse energetiche ed impoverimento di quelle umane del paese da parte delle multinazionali, possono fare capire meglio qualcosa sulla vita dell’Honduras e su come spesso la brutalità prenda origine dalla sete di profitto delle multinazionali in combutta con lo Stato. Di seguito un’intervista a David Vivar Coordinatore Accademico della Facoltà Latinoamericana di Scienze sociali in Honduras della Universidad Nacional Autonoma de Honduras.

Come pensi sia alla base della violenza In Honduras? Di che tipo di violenza si tratta?

Il mondo ha dimenticato l’Honduras, ha dimenticato il colpo di stato del 2009 e le sue conseguenze, ma purtroppo ha anche dimenticato il conflitto agrario più sanguinoso del Centroamerica degli ultimi venti anni. Dalla fine delle lotte dei movimenti armati negli anni ottanta fino alle lotte dei contadini repressi nel sangue nel conflitto di Bajo Aguán del 2008, quello honduregno è il risultato di un modello regionale di produzione sbagliato e di controriforma agraria, che impedisce l’accesso della popolazione alla terra e che colpisce duramente la sicurezza alimentare.

La violenza è un meccanismo di controllo ed allo stesso tempo un fenomeno multidimensionale trasversale a tutta la società. La violenza honduregna deve essere messa in relazione alla storia prossima del paese, a partire dal colpo di stato troppo presto dimenticato, che ha messo in pericolo costante contadini, giornalisti, giudici, sindacalisti, difensori dei diritti umani e attivisti ambientali; i loro omicidi spesso sono stati irrisolti. In Honduras l’impunità è troppa, 80% degli omicidi non sono stati indagati, secondo i dati ufficiali.

Questa logica è sistemica, 66.49 omicidi per 100.000 abitanti alla fine del 2015, un percentuale 9 volte più grande da quello mondiale secondo la OMS. Questo deve essere messo in relazione con quel spettro vulnerabile della popolazione, secondo il Global Witness 12 difensori ambientalisti sono stati uccisi in Honduras nel 2014 (111 dal 2004 al 2016), più di 100 contadini nel Bajo Aguán negli ultimi 7 anni, 50 giornalisti (negli ultimi 10 anni), 102 giudici ed avvocati (negli ultimi 10 anni), 174 omicidi LGTTBI tra altri gruppi sindacalisti, difensori dei diritti umani (tra il 2009 e il 2014).

La violenza vieneraccontata spesso come causata dal conflitto delle droghe. Sono d’accordo nel dire che l'Honduras è un posto situato strategicamente tra la Colombia e il Messico, la rotta del traffico di cocaina diretto verso gli Stati Uniti. Le conseguenze sono simili a quelle che abbiamo visto in città come Ciudad Juarez, nello stato di Chihuahua, nel nord del Messico. La violenza diventa un meccanismo di controllo dello spazio. Questo facilmente spiega la realtà, però esonera le dimensioni più importanti, in un senso analitico. La violenza è trasversale, è cultura, economia, società, tutto ciò diventa quotidiano in un paese dove l’estrema disuguaglianza economica è un fatto storico preponderante nei controlli politici, economici e ideologici che alla fine degradano lo stato di diritto, coinvolgendo lo stato nel perseguire la violenza stessa.

Quali sono le battaglie ambientaliste e sociali più rilevanti in Honduras oggi?

Le battaglie più rilevanti sono per la vita stessa, Honduras è un paese il 67,8 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. I combattimenti specifici da ogni collettivo sono profondi, dalla liberta d’espressione, diritti sessuali e riprodottivi, identitari, il diritto all’organizzazione politica, ecc..

Quello che in fondo rappresenta il problema ambientale, è soltanto un piccolo esempio del conflitto;unconflitto sociale e politico, frutto del confronto tra la logica economica che cerca di accaparrarsi nuovi territori per soddisfare le esigenze di accumulo e di una logica comunitaria che cerca di migliorare la vita delle popolazioni in quel territorio.

Non dobbiamo dimenticare il conflitto agrario del Bajo Aguan, sviluppatosi all’interno dello sviluppo delle grandi piantagioni di palma africana dei latifondisti locali dove il movimento contadino organizzato lotta per difendere il proprio diritto alla terra. Questo conflitto è stato una vera e propria guerra contro le comunità organizzate contadine e rurali, guerra che dal 2009 ad oggi ha registrato un bilancio di circa 100 contadini uccisi appartenenti a diverse organizzazioni.

Il caso di Berta Caceres mostra che quello dei popoli indigeni è una parte di questo conflitto. Dal punto di vista teorico ci sono tre elementi che spiegherebbero la peculiarità di questo conflitto. In primo luogo, i progetti idrici non sono grandi dighe, ma dighe piccole o micro, dove c’è la percezione del danno ambientale. In secondo luogo, il punto centrale della controversia non è il danno ambientale probabile, ma il modo in cui si arriva alla concessione e la gestione politica delle dighe, osservando questo infatti ci si rende conto che la comunità è stato emarginata da ognuna delle decisioni che coinvolge questo processo. In terzo luogo, l'elemento-esclusione della comunità rende questo un conflitto socio-territoriale, vale a dire, una disputa sul territorio tra due forze, che si manifesta in due logiche opposte: si percepisce il territorio come fonte di redditività economica e prerogativa dello Stato honduregno, mentre dall’altro lato è percepito come un fattore chiave della vita della riproduzione della comunità.

Quali sono le possibilità da percorrere per uscire dall’attuale situazione? E’ necessario che ci sia maggiore informazione da parte dei media internazionali? La solidarietà tra paesi latinoamericani può essere utile? Le forze anticapitaliste, ambientaliste ed indigene, devono attuare a tuo parere qualche strategia particolare?

Il caos in alcuni paesi è visto come qualcosa di organico, un prodotto di culture fallite condannate alla violenza perpetua. Le cose sono in realtà più complicate del solito, soprattutto in una regione con una storia di interventi ed ingerenza degli Stati Uniti. La documentazione del ruolo di Washington nel colpo di stato del 2009 è molto rilevante, ma purtroppo e stata dimenticata dalla storia successiva. Questo intervento combinato con il fatto che una delle parti principali responsabili del cambio di regime in Honduras è attualmente presidente, riduce tutto al "ciclo della violenza” locale per le droghe e le gang, dimenticando il passato recente, un colpo di stato nel XXI secolo, e la sua consecutiva purgazione di attivisti ambientali, indigeni e LGBT.

La rabbia qui è palpabile e va in crescendo. La giustizia è qualcosa vista come un’utopia. Si resiste alla fame ed alla violenza, ogni collettivo cerca la sua trincea e la difende a costo della vita. L’essersi organizzati ha aiutato ad acquistare forza, e coraggio. Il contesto internazionale per l'uccisione di un attivista ambientale non potrebbe essere più pertinente per ricordare questo piccolo posto, ma trascendendo la congiuntura. L'Honduras è un paese pericoloso per chiunque sfida potenti interessi.

*** Mattia Gallo è un giornalista pubblicista e media attivista. Ha scritto su web journal, fanzine e siti di contro informazione come: Tamtamesegnalidifumo, Ciroma.org, Fatti al Cubo, Esodoweb, Ya Basta!, Dinamo Press, Lefteast. Tra gli animatori del sito Sportallarovescia.it, collabora con Global Project con attenzione alla politica internazionale.