Honduras - Secondo colpo di Stato

Nuova presa in giro al popolo honduregno. Resistenza chiede di boicottare le elezioni. Si approfondisce la crisi

7 / 11 / 2009

Migliaia di persone hanno affollato per più di una settimana la piazza di fronte al Congresso Nazionale, aspettando senza risultati concreti che i deputati decidessero il ripristino del presidente costituzionale dell’Honduras, Manuel Zelaya Rosales.

Di fronte a questa nuova strategia dilatoria, il Fronte Nazionale Contro il Colpo di Stato ha deciso di disconoscere il processo elettorale ed i suoi risultati, invitando i candidati che si sono opposti al colpo di Stato a ritirarsi dall’appuntamento elettorale, e la comunità internazionale a mantenere la sua posizione di delegittimazione del regime di fatto e delle elezioni stesse.

È una decisione che abbiamo preso oggi perché non possiamo continuare a sopportare le strategie dilatorie dei golpisti, che hanno l’obiettivo di avvicinarsi sempre di più alle elezioni ed impedire che il presidente Zelaya occupi nuovamente la carica che gli spetta – ha detto Juan Barahona, leader di questa organizzazione, durante la conferenza stampa che si è svolta di fronte a migliaia di persone -.

Abbiamo anche inviato un messaggio chiaro e contundente alla Osa ed al governo degli Stati Uniti. Basta con i giochi e le manipolazioni degli ultimi giorni. Devono dimostrare serietà, responsabilità e coerenza con ciò che hanno detto quando hanno sostenuto apertamente il ripristino del presidente Zelaya.

Per questo motivo li stiamo dichiarando complici di quanto sta accadendo”, ha concluso Barahona.

Quasi contemporaneamente, i ministri degli Esteri del Meccanismo permanente di consultazione ed accordo politico del Grupo de Río, riuniti in Giamaica, hanno reso pubblica una risoluzione nella quale si dichiara che il ritorno di Manuel Zelaya alla Presidenza costituisce un requisito indispensabile per il ristabilimento dell'ordine costituzionale, dello stato di diritto e della vita democratica in Honduras.

Hanno anche determinato che “solo questa condizione garantirà la normalizzazione delle relazioni della Repubblica dell’Honduras con la comunità internazionale, così come il riconoscimento dei risultati delle elezioni previste per il 29 novembre.

Dopo il ritorno del Presidente costituzionale dell’Honduras, Manuel Zelaya, alla presidenza della Repubblica sarà imperativa la costituzione del Governo di Unità e Riconciliazione Nazionale prevista dall’Accordo di Tegucigalpa-San José”, aggiunge la risoluzione che in un certo modo controbilancia a livello internazionale la politica ambigua degli Stati Uniti e della stessa Osa su questo tema.

Secondo colpo di Stato

In alto mare anche l’accordo sulla conformazione di un Governo di Unità e Riconciliazione Nazionale, la cui installazione era prevista per il 5 novembre.

In modo apertamente provocatorio, la proposta del presidente di fatto, Roberto Micheletti, prevedeva il suo totale e discrezionale controllo del meccanismo da utilizzare per la conformazione del nuovo gabinetto e soprattutto, la sua presenza alla testa di questa nuova istanza governativa.

Ma il governo di fatto è andato oltre e a pochi minuti dalla mezzanotte del 5 novembre, Micheletti ha convocato la stampa nazionale ed internazionale per presentare un grottesto nuovo governo, formato da membri degli stessi partiti che hanno sostenuto e difeso il colpo di Stato contro il presidente Zelaya. Questa decisione è stata segnalata da molti come un vero e proprio secondo colpo di Stato.

Questa assurda decisione che rappresenta a tutti gli effetti una nuova sfida alla controprate ed alla comunità internazionale, è stata immediatamente condannata e respinta dal presidente Manuel Zelaya e da gran parte dei paesi latinoamericani e dalle organizzazioni internazionali.

Secondo il delegato di Zelaya nella Commissione di Verifica, Jorge Arturo Reina, “non siamo disposti a perdere i diritti del popolo honduregno legittimando questo colpo di Stato e nemmeno accettare che il Presidente dell’Honduras venga nominato dalla cupola militare.

La permanente violazione dei diritti umani, la cancellazione delle libertà pubbliche e la chiusura dei mezzi di comunicazione, la persecuzione contro il Presidente eletto dal popolo e contro i cittadini sono la prova più evidente della grande frode politica ed elettorale che il regime di fatto sta preparando.

Annunciamo quindi il nostro disconoscimento di questo processo elettorale e dei suoi risultati viziati. Le elezioni durante una dittatura non possono avere nessun valore”, ha detto leggendo un comunicato emesso dalla Presidenza legittima del paese.

Il comunicato ha invitato anche l’Osa a prendere posizione su quanto successo e a riaffermare la sua condanna del colpo di Stato, continuando ad ignorare il regime di fatto

Con questa decisione risulta evidente la mancanza di volontà da parte del regime di rispettare il contenuto e lo spirito dell’accordo, ignorando la proposta del Piano Arias, le risoluzioni dell'Osa e della Onu – ha detto Reina –.

Dichiariamo il fallimento dell’accordo Tegucigalpa-San José a causa dell'inadempimento da parte del regime di fatto. L’accordo prevedeva che per il 5 novembre si sarebbe dovuto installare un Governo di Unità e di Riconciliazione Nazionale, presieduto dal presidente eletto dalla popolazione e cioè José Manuel Zelaya Rosales", ha concluso Reina.

In una breve dichiarazione a Radio Globo, il presidente Zelaya ha invece considerato assurda e incredibile l’intenzione del signor Micheletti di volere dirigere un governo di unità e riconciliazione. “In questo momento l’Accordo è lettera morta perché è impensabile che si crei un governo con alla testa una persona che nessun paese al mondo ha riconosciuto come Presidente della Repubblica.

Continuerò a lavorare e a lottare affinché si rispetti il popolo honduregno e non si legittimi il colpo di Stato”, ha concluso-

Durante le ultime ore la macchina diplomatica si è rimessa in moto per cercare una via d’uscita a questa nuova ed ennesima crisi.

Da più parti sono arrivate severe condanne contro il nuovo “gioco sporco” di Micheletti.

I governi del Nicaragua, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Argentina e Brasile hanno condannato l’accaduto ed hanno dichiarato di non essere disposti a riconoscere il processo elettorale del 29 novembre se non verrà riconosciuto il diritto del presidente Zelaya a rioccupare il posto che gli è stato tolto con la forza.

Intanto l’Unione Europea ha confermato il blocco di oltre 60 milioni di euro fino a che non verrà ristabilito l’ordine costituzionale nel paese e il governo spagnolo ha condannato l’accaduto.

Sempre più timida e complice, invece, la posizione del governo statunitense, che ha cercato nuovamente di ristabilire il dialogo addossando le colpe di questo nuovo impasse ad entrambe le parti.

(Testo e foto Giorgio Trucchi  - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione  Italia-Nicaragua)


Raccolta di articoli sulla crisi in Honduras sul sito dell'Ass. Ya Basta!

Tegucigalpa, davanti al congresso

Lider del COPINH davanti al congresso