I gilets jaunes dentro lo sciopero e l'Europa: nuove possibilità e scenari da una Francia paralizzata e “en colére”

11 / 12 / 2019

Cerchiamo di aprire questo testo partendo da una riflessione costruita prima, dentro e durante e per il futuro di una grève générale destinata ad arrivare fino a Natale o addirittura oltre. Lo sforzo che crediamo vada fatto, è quello di leggere in un quadro europeo un'esperienza dirompente, che ha letteralmente scombussolato uno dei Paesi cardine del continente, la Francia: i gilets jaunes e la loro forza esplosiva, rivendicativa ed innovativa.

È sicuramente utile porre l'accento sulla genesi e sul carattere non contingente dei gilets jaunes, sapendo che necessitiamo di un discussione più approfondita sulle forme, le modalità, le discussioni intorno ai movimenti che quanto sta accadendo in Francia ci impone.

I gilets jaunes esistono e resistono da oramai 56 sabati, intervallati tra azioni dirette, blocchi, migliaia di piazze e rond point. Esistono e resistono alle brutali violenze dello stato, della BAC, della gendarmerie. Resistono al potere narrativo e nocivo dei mass media nazionali o al silenzio di quelli internazionali. Non si fanno intimidire dai circa diecimila arresti, dai cinquemila feriti, dagli 11 o 12 morti ammazzati.

La loro straordinaria forza innovativa che ha più volte messo in ginocchio Macron, costringendolo a desistere su varie questioni sociali, mette in luce la potenza che i gilets jaunes hanno saputo esprimere. Hanno elevato la lotta di classe francese, mai cessata negli ultimi anni, si pensi al 2016/17 e alla battaglia sulla loi travail, con una capacità straordinaria di innervare in essa quel rapporto di “doppio potere” che ha portato al mantenimento e potenziamento del movimento.

È stato evidente fin dai primi mesi di blocchi e manifestazioni, ma è emerso in forma ancora più evidente in occasione dell'anniversario dei gilets e della prima giornata di “grève générale illimité”, come il metodo giallo avesse contaminato tutta la composizione sociale che in questi mesi si è mobilitata. Il metodo giallo è riverberato negli scioperi della sanità, della formazione, del settore trasporti, animando le basi sociali sindacali verso una sempre più evidente convergenza di lotte nella quale la battaglia sulla riforma delle pensioni rappresenta un obiettivo comune e non concertabile.

Sta proprio qui la discontinuità rispetto alla lettura classica della lotta di classe, intesa come quel processo di ricomposizione sociale che avviene attraverso i lavoratori sindacalizzati in alterità alle leggi contro la classe lavoratrice stessa. I gilets jaunes hanno trasformato questa ritualità senza volerlo, ma si sono posti e sono diventati quel sindacato sociale che ha fatto avanzare – nel conflitto - tutte le rivendicazioni sociali: antirazziste, si pensi ai gilet noir; ecologiste, affrontando il tema del lavoro in maniera strettamente connessa al rapporto con l'ecosistema in crisi; femministe. Il tutto dentro la costruzione di rapporti di soggettivazione politica assolutamente leaderless, come del resto stanno facendo altre rivolte in giro per il mondo.

Il metodo giallo, dentro questo processo di auto-soggettivazione politico-sociale, ha costretto le stesse componenti sindacali a dover superare il rapporto di concertazione tradizionale. E dentro queste mutazioni, la capacità dei sindacati è stata quella di cogliere che il processo che si era messo in atto verso il 5 dicembre aveva de facto generalizzato lo sciopero.

I gilets jaunes hanno dunque invertito i rapporti tradizionali tra movimento e sindacati: lo sciopero generalizzato e illimitato è stato reso generale dai sindacati, non il contrario.

Generalizzato perché si è dato con una presenza massiccia da parte di una composizione sociale e di classe fatta di studenti medi ed universitari, lavoratori precari e non, disoccupati.

Generalizzato perché le istanze oltre la questione della riforma pensionistica sono andate oltre dal principio: giustizia sociale, antifascismo e antisessismo, ecologismo, stavano dentro le corde di quel milione e mezzo di persone che hanno manifestato giovedì 5 dicembre.

 

Le 5 décembre

La manifestazione parigina ha rappresentato un livello elevatissimo della lotta di classe ed ha comprovato le poche cose scritte nelle righe precedenti.

Oltre centomila persone radunate a Gare de L'est. Un'organizzazione della piazza che ha spazzato via qualunque vecchio metodo dello stare in piazza. Il tentativo di comporre il corteo in spezzoni preceduti dal “cortege de tete” non ha funzionato, sia per i numeri eccedenti sia perché una formula ormai superata dagli eventi di questo anno.

Ed è comprovata la lettura nella quale viene detto che le basi sociali sindacali sono state contaminate se non persuase completamente dal metodo giallo. Semplificando, non si va troppo lontani dalla verità dicendo che sabato c'erano più gilets jaunes negli spezzoni sindacali che lavoratori sindacalizzati “fedeli” al sindacato stesso.

Un anno di gilet jaunes ha rotto anche quel meccanismo che fu innovativo nel ciclo di lotte precedenti, rendendo le azioni maggiormente efficaci e mettendo in difficoltà per mesi la polizia francese. “Il modello rond point”, se gli si volesse dare un nome (anche se molto riduttivo), parla di blocco, sabotaggio, sanzionamento; parla di velocità d'azione, riproducibiltà, di uso azzeccato dei social come twitter e signal, di azione diretta, di cortei agiti a macchia di leopardo. Ingovernabili, non mediabili, dirompenti.

Lo sciopero di giovedì ha avuto la capacità di comprendere l'innovazione del fenomeno gilet. Non sono mancate le provocazioni di una polizia sempre più violenta, gli scontri e gli attacchi al corteo. La BAC (brigata anti criminalità) si è dimostrata ancora una volta come un servizio estremamente addestrato e pericoloso, volontario, al servizio del “Re Macron” e del suo regime. Non sono mancate neppure le scene inaudite di scorribande con le motociclette in mezzo al corteo, il lancio di granate, le cariche perfino agli spezzoni sindacali compreso quello della CGT.

La prima giornata di sciopero ha funzionato, e come detto da molti, è stato solo l'inizio. Un milione e mezzo di persone in piazza, un aumento continuo delle adesioni allo sciopero nei giorni successivi: cose che non si ricordano da molto tempo in uno stato europeo.

Sciopero sociale e articolato, potente, ramificato ed efficace. La capitale francese completamente paralizzata, la provincia di Parigi con circa 600km di code a causa dello sciopero dei mezzi, raffinerie bloccate, non garantito l'arrivo delle merci nei marchè cittadini e non.

 

Acte 56

La potenza dei gilets jaunes si sprigiona e diventa potenza collettiva, portando il terreno della lotta di classe su uno scontro sempre più elevato e obbligando chiunque a schierarsi, a prendere posizione.

E l'atto 56 di sabato 7 dicembre ha parlato di questo.

Nonostante il clima di terrore e lo sciopero in corso, le piazze erano ancora una volta piene e determinate. I numeri di sabato mettono in luce quanto lo sciopero sia esteso e quanto i gilets abbiano dato una forte spinta alla convergenza delle lotte. I numeri e le composizioni parlano da sé.

Anche se l'invito alla partecipazione alle due date è stato fatto anche da Melanchon, la convergenza si sta dando proprio per la forza costituente di questo movimento e non per tatticismi e politicismi di varia natura. Non è la CGT, non potrà essere un Melanchon di turno a governare e indirizzare il volere sociale di giustizia che questo movimento pretende. Niente e nessuno può governare i gilets, data anche la loro forma anti-identitaria che si è  palesata in ogni atto.

Nemmeno le assemblee, del resto, vengono utilizzate per promuovere una battaglia interna di posizionamento nel movimento, ma servono a indicare obiettivi da perseguire senza ansia alcuna di guida del movimento stesso.

 

Perché è solo l'inizio?

La prima settimana di grève gènérale illimité offre vari scenari sui quali interrogarsi profondamente. E più che scrivere se esista uno e un solo modo per leggere e agire, è utile farsi delle domande.

La battaglia sulla riforma delle pensioni sancisce un punto di svolta per il movimento perché rappresenta la battaglia sociale sulla quale non è ammessa mediazione. Non a caso i tavoli di trattativa tra sindacati e governo non potevano che finire con una intenzione alla prosecuzione dello sciopero.

La base sociale è determinata e organizzata per resistere, quasi sicuramente fino a Natale. Il terreno dello scontro si sta alzando notevolmente perché Macron, minacciato da un'Europa che vede la Francia come un paese potenzialmente “pericoloso” dopo un anno di continui tumulti, sulla riforma delle pensioni ha già detto di non poter arretrare.

La questione di fatto sta diventando europea e si sta spostando da una battaglia tutta francese a un terreno in cui ritorna ad essere centrale la disobbedienza ai diktat imposti dalla governance ordoliberale.

Non so se saranno e saremo in grado di praticare questo terreno di conflitto che si apre, ma la sfida esiste ed è qui. Bisogna spostare la potentissima capacità di blocco del sistema nazionale oltre i confini francesi, costruendo le condizioni in cui sia un movimento europeo ed europeista ad invertire la rotta.

Come fare?

Come sconfiggere anche le teorie di fuoriuscita dall'Europa ancora presenti in questo e altri movimenti sociali?

Come convergere attorno a una piattaforma comune in grado di tenere assieme la “potenza gialla”, la questione climatica come nodo strategico anticapitalista, e i movimenti femministi che stanno scompaginando le piazze mondiali?

Come far si che i gilets jaunes sappiano andare oltre confine ?

Come aiutare a far si che ciò avvenga?

Come incontrarsi e conoscersi?

Come ambire a costruire una processualità che metta in scacco l'Europa tutte e tutti assieme?

Come poter partire ognuno dalle proprie storie e sapersi fare carico di un vero processo rivoluzionario senza puzza sotto il naso, senza velleità di battagliare internamente?

La sfida è ardua, lo sciopero continua e staremo a vedere.