Il 2022 in Svezia: goodbye “Miss Socialdemokrati”

Intervista a Tania Preste, attivista di origini italiane che vive da oltre dieci anni a Stoccolma, sulla vittoria dell'estrema destra alle elezioni di settembre e sulle prime politiche varate dal nuovo governo conservatore.

2 / 1 / 2023

Alcune delle principali notizie di cronaca provenienti dalla Svezia nel 2022 non hanno fatto certo sorridere coloro i quali si sentono legati ad un’idea di democrazia sociale e comunitaria. La scorsa estate l’accordo per l’ingresso nella NATO da parte di Svezia e Finlandia è stato giocato sulla pelle dei rifugiati curdi nei paesi scandinavi, come già in un’intervista dello scorso mese di luglio per Global Project dal titolo “Il tramonto della terza via svedese”.

Nel mese di settembre abbiamo assistito alla vittoria dei Democratici Svedesi alle elezioni legislative, che ha portato il partito xenofobo di destra alla guida politica del paese. Di seguito un’intervista a Tania Preste, attivista di origini italiane che vive da oltre dieci anni a Stoccolma. Laureata in Sociologia presso l’Università di Trento, dove ha conseguito un dottorato in Studi storici, oggi lavora come insegnante di svedese, scienze sociali e storia in una scuola popolare per adulti e fa parte dell’organizzazione antifascista Kampa Stockholm.

Quali sono in linea generale i motivi che hanno determinato il successo elettorale dell’estrema destra in Svezia?

È sempre difficile dare una risposta certa circa le ragioni che hanno determinato il successo dell’estrema destra alle ultime elezioni, ma sicuramente una delle ragioni chiave è stato l’ormai pluriennale processo di normalizzazione dei discorsi securitari e xenofobi dei Sverigedemokraterna (Democratici Svedesi). La campagna elettorale dell’Alleanza di destra e dei Socialdemocratici è stata interamente centrata su maggiore sicurezza, inasprimento delle pene e sull’immigrazione e la mancata integrazione degli “svedesi non etnici” come causa della violenza nelle periferie svedesi. È stata così accolta da tutte le forze politiche le tesi dei Democratici Svedesi sui mali del paese originati da un fantomatico scontro tra culture.

Sicuramente la xenofobia è un problema tra i giovani maschi bianchi, specialmente nelle piccole cittadine e nelle zone rurali del paese. Le tre maggiori città svedesi - Stoccolma, Göteborg e Malmö - vedono amministrazioni a guida Socialdemocratica con il sostegno del partito di sinistra (V), dei Verdi (MP) e dal partito di centro (C). Ma la normalizzazione di questo discorso fa sì che nel discorso pubblico e nella vita quotidiana si possano dire e fare cose che fino a un decennio fa erano impensabili.

Quali pensi saranno le politiche che il partito dei Democratici Svedesi porterà avanti? Quali quelle sul tema dei diritti civili? E quali quelle in materia sociale?

SD ha fatto la scelta strategica di non entrare nel governo, ma di sottoscrivere con gli altri partiti della coalizione un accordo (Tidöavtalet) che di fatto fa sue tutte le principali richieste del partito.

La lettura del testo dell’accordo è un’esperienza da incubo: il capitolo più ampio è dedicato alle politiche migratorie, si dichiara giunto il momento di cambiare il paradigma dell’accoglienza, ben 20 pagine dedicate a proposte di cambio legislativo da far rizzare i capelli, contro le 6 dedicate alla sanità o alle 7 per la scuola.

Le proposte vanno dal diniego ad avere accesso ad un traduttore nel contatto con le autorità, sino all’obbligo di denuncia da parte di sanitari e insegnanti di eventuali immigrati irregolari. Una delle proposte a cui SD tiene di più e di cui moderati e cristianodemocratici sono entusiasti sostenitori è la possibilità di essere espulsi in base alla mancanza di decoro. Molta parte di testo inoltre è dedicata alla creazione di una normativa che permetta di accertarsi della “svedesità” degli eventuali nuovi cittadini: test linguistici e di cultura svedese (test su cui l’ispettorato scolastico nazionale, Skolverket, sta lavorando già sebbene non ufficialmente).

L’altro capitolo su cui l’accordo spende molte parole è quello dedicato alla guerra alla criminalità organizzata: Le proposte sono un duro colpo allo stato di diritto: si introduce la possibilità di testimonianze anonime e di fare uso di metodi coercitivi segreti, si potranno anche avere “zone di perquisizione”, ovvero zone in cui la polizia ha il diritto di perquisire persone e veicoli a loro discrezione.

Come pensi che sarà affrontata la questione dei rifugiati curdi da questo nuovo governo? E ci sono state in questi mesi, a partire dalla notizia delle nuove relazioni in seno alla Nato tra Svezia e Turchia, delle novità su questo argomento?

Il nuovo governo svedese capeggiato dal conservatore Ulf Kristersson ha dimostrato subito la volontà di, letteralmente, genuflettersi davanti a Erdogan, parlando apertamente di venire incontro alle richieste turche con la massima celerità. Il 6 novembre il ministro degli esteri Tobias Billström dichiarava che la Turchia è una democrazia e che per questa ragione la Svezia prende le distanze da YGP e PYD, che secondo il ministro, hanno mostrato troppa vicinanza con il PKK.

Il 2 dicembre è stata confermata la notizia che due uomini sono stati estradati in Turchia. Uno di loro è accusato dal governo turco di essere membro del PKK ed è stato arrestato al momento del suo arrivo in Turchia. Sebbene il “ministro della migrazione” dichiari che si tratti di un normale caso di espulsione perché le richieste d’asilo dei due uomini sono state respinte, la Turchia batte la grancassa, sostenendo che è la prova delle volontà svedese di cedere alle richieste di Erdogan.

Già in precedenza, agli inizi di agosto, la Norvegia ha dichiarato, attraverso l’ente preposto alle politiche migratorie, che ci sono le premesse perché i curdi espulsi dalla Svezia possano fare richiesta d’asilo nel paese vicino. Il problema principale è però quando come nel caso sopra si attuino rimpatri forzati, consegnando di fatto gli espulsi nelle mani della polizia turca.