Il governo Macron vuole controllare l'informazione

La Francia si dirige con inquietante determinazione verso l'autoritarismo, il potere esprime la chiara volontà di mettere la museruola ai media.

8 / 2 / 2019

Negare e criminalizzare il diritto di manifestare, reprimere in massa e attaccare il giornalismo d'inchiesta con la volontà di restringere paurosamente la libertà di esprimere il dissenso sono segnali politici inequivocabili e pericolosi.

Il caso Mediapart

Il tentativo di perquisizione in seguito alle ultime rivelazioni dell'"affaire Benalla" parla di uno Stato che trema di fronte alla verità dei fatti che provano quanto le strutture del comando siano diventate strumenti offensivi e incontrollabili per gli stessi cittadini come nel caso delle violenze contro i manifestanti durante la manifestazione del primo maggio 2018.

La minaccia al diritto all'informazione riemerge nelle intenzioni espresse da Macron davanti ad una platea di giornalisti selezionati ad hoc alludendo al fatto che il comune cittadino possa accaparrare più spazio mediatico di un qualsiasi ministro della Repubblica, come è avvenuto in questi mesi con le mobilitazioni dei Gilet gialli. 

Uno dei giornalisti invitati ha pubblicato su Le Point un resoconto in cui Macron, preoccupato per la credibilità compromessa dei media, invita la stampa a riflettere in questi termini: «L’informazione è il bene pubblico. Forse lo Stato dovrebbe finanziarla, il bene pubblico non è l'operatore video di France 3. Il bene pubblico è l'informazione su BFM, su LCI, su TF1 e ovunque. Bisogna assicurasi che sia neutra, finanziare le strutture che ne assicurano la neutralità. Che per verificare l'informazione ci siano sovvenzioni pubbliche per giornalisti che ne diventino garanti. Le remunerazioni devono essere disinteressate. Questo dovrebbe anche essere richiesto dalla professione».

Lo stesso giornalista aggiunge: «Non è un'illusione. Il presidente della Repubblica propone che lo Stato paghi alcuni giornalisti nelle redazioni. Con l'intenzione, senza farsi scrupoli, di fare qualcosa che assomigli ad una parziale nazionalizzazione della stampa. Andiamo pure oltre all'affermazione delirante secondi cui nel giornalismo esisterebbe una parte destinata a "verificare": e la parte restante sarebbe forse autorizzata a raccontare qualsiasi cosa? Il punto è questo: si tratta di un programma di controllo. Il presidente se ne rende conto? Evoca, certamente, delle modalità che senz'altro immagina più flessibili, come : "dovrebbe essere la professione" a ragionarci tramite "giornalisti garanti". Ovviamente…Coscienti dell'infinita saggezza del nostro infallibile Giove (figura mitologica dell'Olimpo in cui si è pubblicamente identificato Macron, ndr.), i giornali decideranno spontaneamente di affidargli la scelta della verità attraverso un sistema finanziato da lui, questo per fare la più grande felicità del popolo….».

Un giornalismo di corte che pretende di eliminare i giornalisti come i "casseurs" nelle manifestazioni.

Per Macron la stampa "neutra" dovrebbe certificare il "vero" grazie alla collaborazione dei giornalisti e diffondere la verità, fare propaganda. Una stampa orientata da strutture (commissioni? comitati di garanti? ) finanziate dallo Stato, sotto controllo, che non disturberebbe più con le inchieste sui legami tra poteri politici e finanziari. 

In vista del progetto di legge in cantiere che prevede un "consiglio di deontologia della stampa", queste dichiarazioni suscitano non poche preoccupazioni non solo nelle redazioni delle testate giornalistiche. 

L'attacco contro la redazione di Mediapart in seguito alle rivelazioni della scorsa settimana - le registrazioni delle conversazioni tra Benalla, ex-assistente personale del presidente Macron e Crase, ex-gendarme responsabile della sicurezza di LREM, partito di Macron, che confermano l'esistenza di vasi comunicanti tra potere, protezione illegale di figure sotto inchiesta e opachi scambi d'affari nonché abusi e sospetti ai più alti livelli dello Stato - va quindi inserito in questo contesto.

Lunedì 4 febbraio, il sito d'informazione di Mediapart, testata indipendente, ha respinto un tentativo di perquisizione da parte della procura di Parigi diretta direttamente dall'Eliseo. Tre poliziotti accompagnavano l'autorità giudiziaria che è intervenuta  nel quadro di un'inchiesta preliminare riguardo Benalla e Crase a difesa dell'"intimità e della vita privata" degli stessi e di "detenzione illecita di apparecchiatura tecnica per intercettare le comunicazioni telefoniche o conversazioni", mettendo in causa le condizioni in cui le registrazioni in questione si sono realizzate.

La procura potrebbe in seguito richiedere,a l giudice un'autorizzazione a procedere per rendere la perquisizione obbligatoria e coercitiva. Ma né Benalla, né Crase hanno denunciato Mediapart, la procura, da parte sua, ha comunicato in un primo tempo che è intervenuta sulla base di elementi di cui è stata informata senza dare indicazioni sul tipo di informazioni che aveva in mano. Ma senza la denuncia di almeno una delle vittime, compresi Macron, il suo consigliere Emelien e l'avvocata di Crase, l'istruzione giudiziaria non può avere seguito.

In casi precedenti, nel 2005 (Midi libre) e poi nel 2006 ( Le Point e L' Equipe), la Corte europea dei diritti umani aveva condannato la Francia per violazione dell'articolo 10 sulla libertà d'espressione.

Nel 1986, Liberation si era opposta ad una perquisizione dell'ufficio di un giornalista che stava facendo un'inchiesta su Action directe, nel 1999, anche il direttore di Le Figaro aveva rifiutato l'intrusione giudiziaria in un'inchiesta su una fusione finanziaria.

Infatti le perquisizioni nelle redazioni vanno contro il principio della protezione delle fonti dei giornalisti, fondamento della legge sulla libertà di stampa del 1881 che permette ai giornalisti di assicurare una missione di pubblico interesse nel rivelare informazioni spesso scomode senza timore di far correre rischi ai loro informatori.

La legge dice che i giornalisti "in nessun caso" sono obbligati a rivelare l'origine delle informazioni. La protezione delle fonti non è assoluta ma la giustizia può derogare in nome di un interesse pubblico "preponderante". Di solito i giudici fanno una domanda rogatoria alle redazioni con la richiesta formale di mettere a disposizione i materiali, cosa che si è verificata l'1 febbraio con il pieno consenso di Mediapart, questo due ore prima del tentativo di perquisizione.

Ora il solerte procuratore di Parigi, Rémi Heitz, di fresca nomina decisa da Macron e dal primo ministro, ha messo in moto la macchina giudiziaria per ordine diretto dell'Eliseo, e del primo ministro Philippe in particolare, proprio contro Mediapart nel pieno di un'inchiesta sul potere esecutivo. Il procedimento vuole identificare le fonti e le informazioni confidenziali sul caso Benalla, caso che dall'estate scorsa continua a intaccare l'apparato di Stato. Sfacciata evidenza dei fatti.

Le registrazioni rivelate da Mediapart il 31 gennaio sono il risultato di un'inchiesta di diversi mesi sulla base di informazioni fornite da una decina di fonti indipendenti e di documenti inediti, tra i quali estratti audio, che rendono l'affare Benalla affare di Stato. Infatti permettono di dimostrare che i due inquisiti hanno violato il controllo giudiziario che riguarda l'inchiesta sulle violenze poliziesche del primo maggio, nonché il coinvolgimento personale di Benalla, durante il suo incarico all'Eliseo, in un contratto per forniture di sicurezza con l' oligarca Makhmudov che fa parte dell'entourage di Putin ed è sospettato da numerosi magistrati europei di avere legami con il crimine organizzato moscovita. Entrambi poi hanno fatto di tutto per sottrarre le prove di questo contratto russo per il timore che cadessero nelle mani della polizia.

Nessun elemento fornito da Mediapart è stato per ora smentito.

Quindi Benalla, che ha potuto utilizzare abusivamente il passaporto diplomatico per seguire i suoi affari privati con il socio Crase, ha continuato a godere di una sorprendente indifferenza, ed è grave, o condiscendenza, ancora più grave, da parte del potere esecutivo, questo anche dopo essersi fatto passare per poliziotto e aver brutalmente aggredito dei manifestanti il primo maggio. Entrambi i personaggi hanno ripetutamente mentito davanti alla commissione di inchista del Senato e rischiano il carcere.

Benalla è lo specchio di Macron in una storia sordida di complicità con le alte sfere dello Stato francese, che rivela le impunità in serie di una banda al potere, "Macron demission" assume qui tutto il suo senso.

Un più che imminente pericolo incombe ora sul diritto a sapere che ruolo gioca il governo, e un presidente che suggerisce un sistema di certificazione di Stato dell'informazione in questo "serial-affaire", considerando che i media tradizionali sono condizionati da gruppi miliardari e società di azionisti e che le leggi prima d'emergenza ora apertamente liberticide si stanno accumulando.