Immaginari per uscire dal disastro. Conversazione tra Angela Davis e Naomi Klein

17 / 7 / 2020

La filosofa e attivista afroamericana e la saggista canadese discutono su come costruire un mondo con meno repressione, più attivismo, creatività e una prospettiva femminista. A cura di Lucía Sbriller / Solana de la Torre (Revista Anfibia). Traduzione per Globalproject.info dall’originale spagnolo di Ilaria Ruggiero.

Naomi Klein e Angela Davis si sono incontrate in una conversazione virtuale organizzata il 2 aprile da The Rising Majority: "Coronavirus and Building an Opposition Movement". C'erano più di 200.000 persone ad ascoltarla dal vivo in tutto il pianeta, in fusi orari differenti e in tutte le lingue, ma con una visione del mondo condivisa. Hanno parlato della crisi globale, della pandemia, dei femminismi, dei posti di lavoro imprescindibili, del razzismo, delle persone private delle libertà. Hanno riflettuto sulle sfide in arrivo per l'attivismo e per la sinistra internazionale in uno scenario che ci impone la necessità di sfidare i limiti dell'immaginazione del possibile.

Angela Davis è un'attivista antirazzista, anticapitalista e referente storico delle lotte afro negli Stati Uniti, attraverso le Pantere Nere. È l'autrice di Genere, Razza e Classe e di Aboliamo le prigioni?. Naomi Klein è un'attivista anticapitalista e ambientalista, regista e giornalista. Ha scritto No Logo e Shock economy. La conversazione è moderata dall'attivista Thenkiwe Mcharris.

Thenjiwe Mcharris: Questa conversazione cerca di mettere insieme visioni trasformative e ci invita a parlare dei cambiamenti strutturali di cui abbiamo bisogno. Cosa ci dice questa crisi sul fallimento del capitalismo e sul rischio che il sistema applichi le proprie soluzioni per far fronte al disastro?

Naomi Klein: Questa è una crisi creata dal capitalismo. La pandemia stessa è frutto della nostra guerra contro la natura, delle malattie che vengono dal “mondo selvaggio” e che attaccano gli umani perché ci stiamo addentrando sempre più in esso, invadendolo. Stiamo assistendo all’inserirsi di questa malattia in un sistema immunitario debole. Ma se facciamo un passo indietro e allarghiamo la nostra prospettiva, vediamo che il nostro sistema economico, disposto e costruito sulla volontà di sacrificare la vita per il profitto, ha creato i presupposti perché questa crisi diventasse ancora più profonda, indebolendo il nostro sistema immunitario collettivo e creando le condizioni per lo sviluppo incontrollato del virus.

Questo si esprime in molti modi: attraverso i sistemi sanitari privati, nella denigrazione del lavoro di cura - non fornendo adeguati dispositivi di protezione - e nella denigrazione del lavoro di servizio: le persone che producono e consegnano cibo sono trattate come “usa e getta”. Tutte queste situazioni rendono il virus fuori controllo.

Inoltre, siamo davanti ad un capitalismo dei disastri. Vediamo la stessa cosa di sempre: di fronte a tanto dolore e necessità, l'opportunismo aziendale non si chiede come fornire soluzioni, ma come possa uscirne ulteriormente arricchito. Alcuni esempi sono le norme ambientali sospese in Cina e negli Stati Uniti in nome dell'aiuto all'economia e la tassa sulla regolamentazione finanziaria. Queste dichiarazioni d'intenti alimentano crisi nascoste, sono attacchi espliciti alle nostre già deboli democrazie. Così vediamo come un Viktor Orban in Ungheria, un Jair Bolsonaro in Brasile, un Benjamin Netanyahu in Israele, un Trump negli Stati Uniti... Siano la stessa cosa. Tutti usano l'autorità per ottenere più potere di sorveglianza.

Angela Davis: Ascoltandoti, Naomi, penso a quello che sta succedendo in Palestina, a quello che sta succedendo in Siria e in Kurdistan, penso alle popolazioni che sono esposte a ulteriori repressioni e limitazioni in risposta al coronavirus.

Thenjiwe Mcharris: Angela, per anni ci hai parlato del sistema carcerario. Possiamo pensare alla situazione da una prospettiva abolizionista?

Angela Davis: Quando abbiamo esaminato l'impatto e i tentativi di mitigare il virus, abbiamo pensato alla situazione delle persone costrette a rimanere rinchiuse. C'era preoccupazione per coloro che erano confinati sulle navi da crociera. Ma dovremmo essere preoccupati - e ancora di più, per le persone che si trovano in carcere o nei centri di detenzione per migranti. Qui negli Stati Uniti, le persone sono detenute per un periodo da uno a sei mesi, non più di un anno. Tuttavia, in questo contesto, una condanna a tre mesi può significare la pena di morte. Molte organizzazioni - Critical Resistance, No New Jails, All Of Us or None, Transgender Gender-Variant & Intersex Justice Project- chiedono il rilascio dei prigionieri. Ci sono 2,3 milioni di persone dietro le sbarre negli Stati Uniti. Chiediamo, in particolare, il rilascio delle detenute e dei detenuti anziani. E considerando che il carcere accelera l'invecchiamento, stiamo parlando di persone oltre i 50. Gli appelli richiedono anche il rilascio dei bambini e bambine che si trovano in istituti per minori. Quello che dobbiamo fare è buttare giù le porte, aprirle ad una nuova possibilità radicale più ampia e più duratura possibile.

Stavo leggendo un articolo di Mike Davis su Jacobin, dove si parla della "crisi da Corona virus" come di un mostro alimentato dal capitalismo. L’articolo afferma che questa pandemia rafforza l’argomentazione secondo la quale il capitalismo globale sembra biologicamente insostenibile in assenza di un'infrastruttura sanitaria pubblica globale. Dice: "una tale infrastruttura non esisterà mai se i movimenti sociali non romperanno il potere del grande sistema sanitario privato e farmaceutico. La visione abolizionista ci costringe a pensare in modo ampio e a ricordare, per esempio, i senza fissa dimora. Anche se c'è una diminuzione del numero di persone dietro le sbarre, molte e molti di loro avranno solo le strade come luogo di rifugio. Pertanto, dobbiamo anche pensare all'accesso all'alloggio e al cibo. Se l'Iran è riuscito a liberare 70.000 prigionieri, cioè un terzo della sua popolazione detenuta, gli Stati Uniti dovrebbero poter fare lo stesso.

Thenjiwe Mcharris: Questo ci conduce alla domanda successiva: come sappiamo cosa è possibile trasformare? Quanto ancora dobbiamo impegnarci?

Naomi Klein: Ci vuole molto impegno. Siamo solo alla prima fase di questa tremenda crisi. Una volta realizzato che ci troviamo in una situazione di emergenza, allora è possibile una reazione di grande impegno. Ora, per esempio, tutti quelli tra di noi che stanno ascoltando e partecipando a questa conversazione stanno probabilmente passando la vita a cercare di convincere il mondo che lo status quo ci sta portando al disastro. Gli Stati Uniti non hanno percepito questa pandemia come una crisi. FOX News lo diceva: gli anziani e i malati devono morire in silenzio, in nome del mercato. L'unica ragione per cui c'è stata una mobilitazione su larga scala ha a che fare con il viaggio geografico che ha fatto il virus, che prima di colpire gli Stati Uniti ha colpito le società con un tessuto sociale più forte. Poi abbiamo avuto presidenti come quello cinese, e alcuni dell'Europa meridionale, che hanno chiuso le loro economie per salvare vite umane, e questo ha superato e condizionato le misure di Trump che è stato in qualche modo costretto a prendere decisioni simili. La crisi apre un senso a un nuovo scenario possibile.

Quando ho scritto Shock economy, ho citato Milton Friedman: "Solo una vera crisi produce un cambiamento reale, e quando la crisi si verifica tutto dipende dalle idee che sono là fuori”. Milton Friedman pone l’accento sull'avere un'infrastruttura intellettuale di preparazione ai disastri della destra, delle grandi corporazioni, perché ha capito che quando il capitalismo produce la sua crisi e le ingiustizie del sistema vengono a galla, come durante la Grande Depressione, la sinistra ha una grande opportunità. Milton Friedman scrisse una lettera a Pinochet negli anni '70 e disse: "Tutto è andato male nel tuo paese, proprio come nel mio paese negli anni '30, quando la gente pensava di poter fare cose buone con i soldi degli altri. Quindi, in altre parole, l'intera strategia che stanno mettendo in atto nel muoversi così velocemente di fronte a una crisi, nello spingere la loro lista dei desideri è perché hanno paura che noi spingiamo la nostra, hanno paura che noi esigiamo esattamente quello di cui Angela ha parlato. Che svuoteremo le prigioni, che chiederemo case per tutti, che diremo: "Aspetta un attimo, hai guadagnato 6 trilioni di dollari? Con quei soldi potremmo cominciare a progettare un nuovo inizio, un green new deal.  Voglio dire, se si può pagare la gente per stare a casa, si può pagare la gente per riqualificarsi al di fuori del settore dei combustibili fossili. Se le imprese sono in ginocchio chiedendo di essere salvate, parliamo dei settori più inquinanti del pianeta, le compagnie petrolifere, le compagnie del gas, le compagnie aeree, le compagnie automobilistiche, le compagnie di crociera, significa che possiamo prendere in mano questi settori, possiamo imporre loro un cambiamento se sono in guerra con la vita sulla terra, possiamo prenderci cura dei loro lavoratori. Quello di cui abbiamo bisogno, per citare i miei colleghi di The Leap, che è un'organizzazione che ho co-fondato, è di sfondare le porte, di aprirle alla possibilità radicale più ampia e più larga possibile.

In questa crisi siamo in una posizione migliore rispetto al 2008, quando l'economia mondiale è crollata ed era chiaro che dovevamo pagare per salvare i banchieri. Abbiamo preso in mano la situazione e abbiamo detto: "No!” ma in quel momento non abbiamo portato avanti le nostre alternative radicali con coraggio e con sufficiente forza. Questo è ciò che dobbiamo fare ora. Sono così ispirata dai lavoratori di Amazon, Hole Foods, Instacard, GI e dalle infermiere. Sono tutte persone che lavorano in prima linea, ma il loro lavoro è screditato e devono letteralmente usare i sacchi della spazzatura per proteggersi dal virus. È così che il capitalismo li vede, come spazzatura. Ma si alzano in piedi: "No, non siamo spazzatura. Noi sosteniamo il mondo". Questa è l'energia che dobbiamo costruire. Dobbiamo esercitare il nostro diritto a fermarci, a mantenere la forza lavoro. Dobbiamo dare un calcio alla porta e tenerla aperta!

Thenjiwe Mcharris: Dobbiamo essere audaci e fiduciosi, ma anche ampliare e immaginare uno scenario di nuove possibilità. Dunque, come ci muoviamo verso un livello di domanda più elevato?

Naomi Klein: È una corsa contro il tempo perché non abbiamo ancora visto il peggio. La gente a Gaza dice di essere un laboratorio per il resto del mondo. Oggi, a Mumbai, sono stati diagnosticati i primi casi di covid 19, in una baraccopoli. Questo è preoccupante e riguarda ciò che dice Angela sull'incapacità delle persone di isolarsi quando non hanno un posto dove farlo. Quale risposta dà uno stato carcerario? Sigilla la baraccopoli, la trasforma in Gaza. A meno che non siamo lì a dire: "No! Tutti hanno diritto a una casa, ci sono molti alberghi vuoti". Penso che vedremo scene peggiori di quelle che stiamo vedendo ora.

Thenjiwe Mcharris: E tu, Angela, cosa pensi che ci chieda questa crisi?

Angela Davis: Sono d'accordo con Naomi: dobbiamo pensare alle somiglianze tra gli anni Trenta e oggi. Molte persone si rendono conto che il capitalismo non è pronto a rispondere ai bisogni delle persone e degli altri esseri di questo pianeta. Il capitalismo globale è responsabile dell'incapacità di affrontare questa pandemia. È anche responsabile del gran numero di persone in carcere, dell'elevato costo dell'assistenza sanitaria, degli alloggi e dell'istruzione. La gente oggi ha la capacità di rendersi conto che le cose non dovevano per forza andare così.

La crisi rivela la natura del capitalismo razziale, il razzismo diretto contro gli asiatici americani, per seguire l'esempio di... come si chiama l'attuale occupante della Casa Bianca? Riconosciamo e abbiamo la capacità di organizzarci contro il razzismo delle istituzioni, il razzismo quotidiano. E abbiamo la capacità di generare un'organizzazione femminista, quella che potremmo chiamare l'organizzazione femminista abolizionista, perché queste sono tutte questioni femministe. Il razzismo è una questione femminista, la questione dei senza fissa dimora è una questione femminista, l'abolizione delle prigioni è una questione femminista. Dobbiamo anche considerare che molte delle persone che sono al centro di questa crisi, in prima linea, sono donne. E voglio dire una cosa sulla violenza di genere e gli abusi sui bambini: molte donne sono costrette a passare 24 ore al giorno chiuse con chi abusa di loro, incapaci di entrare in contatto con coloro che erano le loro vie d’uscita e di salvataggio.

Dovremmo cogliere questa opportunità per generare un tipo di organizzazione che evidenzi la necessità della solidarietà internazionale, e che abbia la capacità di farci uscire dal nostro torpore, di riconoscere che possiamo accettare nuove vie da persone che si stanno organizzando in altre parti del mondo.

Naomi Klein: Molto di quello che so sul potere di trasformazione di una crisi l'ho imparato vivendo in Argentina dopo la crisi economica del 2001, quando si sono succeduti cinque presidenti in tre settimane e tutto è crollato e la gente ha iniziato a costruire qualcosa di nuovo collettivamente. Una delle cose che ho visto che mi ha veramente cambiato è stato il movimento delle fabbriche che, abbandonate dai loro proprietari, sono state trasformate in cooperative di lavoro. Questo è ciò che intendo quando parlo di solidarietà internazionale. Credo anche che dovremmo imparare dal movimento per la sovranità alimentare.

Inoltre, oggi c'è un incredibile livello di organizzazione digitale. Dobbiamo difendere il diritto di avere internet, è un bene pubblico, ma ora è nelle mani di poche grandi aziende. Quando parliamo di risposte repressive e autoritarie alla crisi, ciò include la capacità di metterci a tacere quando ci organizziamo su piattaforme che sono proprietà di aziende. Lottiamo per i veri diritti digitali, parte essenziale della trasformazione di cui abbiamo bisogno.

Ricordiamo adesso un paio di cose di cui molte e molti di noi non si stanno rendendo conto. Uno: ci manchiamo, anche se passiamo molto tempo davanti agli schermi. Quando questo accade, vorrei passare più tempo in comunità e costruire un'economia che valorizzi, che elevi e nella quale sia radicata la necessità di prendersi cura l'uno dell'altro e del pianeta. È possibile farlo, dovremo ricorrere a tutti gli strumenti di cui abbiamo parlato, lo sciopero degli affitti, lo sciopero dei debiti, magari anche uno sciopero generale. Non credo di avere un hashtag, quindi dovremo trovare un nuovo modo di organizzarci che la Silicon Valley non ci abbia già suggerito. Una delle cose più difficili di questa crisi è avere un figlio di sette anni ed insegnargli ad avere paura delle persone perché tutte potenzialmente infette, e questo è l'opposto di quello che sto cercando di trasmettergli.