In Ecuador si riaccende la protesta

29 / 10 / 2021

A due anni dall’estallido contro le politiche economiche neoliberiste dell’allora presidente Moreno, nel paese è riesplosa la protesta, questa volta contro il governo del banchiere Guillermo Lasso, autore delle stesse ricette economiche dettate dal FMI. Nella giornata di martedì 26 ottobre nelle tre regioni della Costa, Sierra e Amazzonia sono state centinaia le mobilitazioni promosse da oltre 80 organizzazioni sindacali, indigene, studentesche e sociali.

A due anni da quell’estallido, che accese non solo il paese ma anche altre regioni del continente latinoamericano, restano infatti immutate le motivazioni della protesta, vale a dire le misure economiche che i governi di turno promuovono su indicazione del potere finanziario mondiale. Come successo due anni fa, è stato l’aumento del costo del carburante la goccia che ha fatto traboccare il vaso e, simbolicamente, a mostrare la continuità della linea economica pur con governi di differenti colore. 

Per la CONAIE tra i motivi della protesta, oltre all’aumento del costo del carburante, vi è l’opposizione al Decreto Esecutivo 151 inerente il piano di azione minerario che permette l’espansione delle attività estrattive e l’istituzione dello “stato d’emergenza” deciso dal presidente per sessanta giorni in tutto il territorio nazionale con la scusa di combattere il narcotraffico ma che in realtà è una misura di controllo militare della popolazione in un momento in cui il governo è debole e lo stesso presidente è accusato di corruzione per essere vincolato con lo scandalo dei Pandora Papers, per aver trasferito in paradisi fiscali i profitti di 14 imprese a lui legate.

Proprio rispetto a questo scandalo finanziario nei giorni scorsi Guillermo Lasso si è rifiutato di deporre al Congresso dichiarando che né l’Assemblea Nazionale né la Comisión de Garantías Constitucionales sono competenti per le indagini sul caso. Tuttavia, il coinvolgimento nel caso è una delle cause che ha fatto cadere l’approvazione del paese nei suoi confronti, scesa negli ultimi giorni al 40%. E proprio per la paura di un nuovo estallido, il presidente ha cercato di disinnescare in tutti i modi la crescente protesta nel paese: per il giorno del paro nacional, il presidente della CONAIE Leonidas Iza è stato convocato dalla magistratura per deporre in merito ai fatti risalenti alla rivolta del 2019. Iza ha presentato una giustificazione per la sua assenza denunciando i due pesi e due misure della giustizia, che chiude un occhio di fronte al presidente che non vuole deporre per il caso Pandora Papers e invece promette rappresaglie contro i cittadini che lottano per i diritti di tutti.

In questo clima si è svolta la giornata di protesta, peraltro iniziata molto presto: non era ancora sorto il sole che già circolavano in rete le foto dei primi blocchi stradali in varie parti del paese, tra i quali le vie di accesso alle città di Loya, Puyo, Guaranda e Pastaza. Blocchi che sono stati al centro delle polemiche delle ultime ore perché il governo ha annunciato la linea dura contro chiunque avesse limitato la circolazione, pur “garantendo” il diritto alla protesta. E infatti, puntuale, è arrivata la repressione delle forze armate che sono intervenute per riaprire al transito le strade bloccate. 

Una grande marcia indigena si è tenuta nella provincia di Cotopaxi, dove la base storica dela CONAIE si è mobilitata in massa in questo sciopero generale, mentre nella provincia di Imbabura, a Otavalo e Peguche, un imponente dispiegamento di forze armate ha represso le manifestazioni con un fitto lancio di lacrimogeni. Scaramucce tra manifestanti e polizia si sono verificate anche nella capitale Quito nella storica piazza di Santo Domingo. Il bilancio finale della giornata di paro nacional, secondo fonti ufficiali, è di 37 persone arrestate, la maggioranza delle quali nel cantone di Daule per i blocchi stradali e di cinque feriti, compresa una reporter indipendente, aggredita dalla polizia nazionale mentre stava seguendo le manifestazione nel cantone di Daule. 

Durante la seconda giornata di paro nacional, sono stati numerosi i blocchi che hanno bloccato le principali arterie del paese. In particolare, i manifestanti hanno chiuso importanti vie strategiche nelle province di Azuay, Chimborazo, Imbabura, Pastaza, Morona Santiago, Pichincha, Tungurahua, Bolivar e Cotopaxi. Dura la repressione che ne è seguita, in particolare nella Panamericana a nord a Calderón, barrio popolare a nord della capitale Quito. A fine giornata e nel momento di chiusura di questo articolo, la CONAIE si è riunita virtualmente e nelle prossime ore faranno sapere «le decisioni ufficiali adottate dalle basi».

A conclusione di queste tre giornate di lotta al di sotto delle aspettative, il presidente della CONAIE, Leonidas Iza dopo un’assemblea generale della indigena, ha annunciato la sospensione del paro nacional invitando però i settori popolari, i lavoratori, gli studenti, i contadini e le popolazioni indigene a continuare le mobilitazioni contro il governo di Lasso e chiedendo l’immediata liberazione dei 37 manifestanti arrestati durante la giornata di sciopero.

Foto di copertina Mayriss Espinoza