Inaugurazione dell'ambasciata statunitense a Gerusalemme: strage di palestinesi.

14 / 5 / 2018

Ventimila palestinesi di Gaza hanno provato ad avvicinarsi al confine della Striscia, per protestare contro l’inaugurazione dell’Ambasciata statunitense ad Arnona, quartiere di Gerusalemme. Inaugurazione che coincide con il settantesimo anniversario della nascita dello Stato d’Israele.

Il bilancio – molto provvisorio – parla di 40 palestinesi uccisi dal fuoco dei militari israeliani, che presidiavano il confine di Gaza, e di 2.000 persone ferite. Questi sono i numeri riportati alle 15,30 dal ministero della Salute palestinese.

La decisione, da parte dell’amministrazione Trump, di spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, concedendo di fatto alla città contesa lo status di capitale di Israele, è stata presa circa sei mesi fa. Da allora le tensioni in tutta l’area sono aumentate esponenzialmente, con l’esercito israeliano coinvolto a più riprese in operazioni militari che hanno assunto la forma di veri e propri massacri, come accaduto lo scorso 30 marzo, nel primo giorno della “Marcia del Ritorno”. La scelta operata dagli Stati Uniti ha creato una spaccatura nella comunità internazionale, in particolare all’interno dell’Unione Europea. Sebbene l’UE abbia più volte criticato la scelta di opzioni unilaterali per affrontare la crisi israelo-palestinese, alcuni Paesi membri si sono accodati agli Stati Uniti, riconoscendo la legittimità dell’atto. All’inaugurazione sono infatti presenti membri dei governi di Austria, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Bulgaria.

La scelta di Trump va, però, letta nel lungo periodo e fa parte di quella special relationship tra USA e Israele che da sempre condiziona il destino politico e geopolitico dell’area. La decisione di spostare l’ambasciata a Gerusalemme poggia, infatti, su un atto legislativo risalente al 1995, durante l’amministrazione Clinton.

Le manifestazioni odierne sono iniziate nella mattinata, con il lancio di gas, da parte dell’esercito, sulle tende degli accampamenti poste ad oltre mezzo chilometro dalla frontiera. Ieri il ministro dell’Educazione israeliano Naftali Bennett aveva annunciato alla radio: «la barriera sarà un “muro di ferro” e chiunque si avvicinerà sarà considerato un “terrorista”», prefigurando di fatto lo scenario odierno.

Nonostante le intimidazioni, la massa umana al confine si è ampliata sempre di più nel corso della giornata. Nel frattempo sono iniziate manifestazioni, con violenti scontri, anche in Cisgiordania, a Betlemme, Hebron e Qalandiya e al checkpoint tra Gerusalemme e Ramallah.

Nel primo pomeriggio, secondo quanto riportato da Palestine Tv, l’esercito israeliano ha iniziato a utilizzare artiglieria pesante a Rafah e Beit Hanun. Intanto a Gerusalemme la polizia israeliana ha bloccato un nutrito gruppo di manifestanti palestinesi che intendeva protestare vicino alla nuova sede dell’ambasciata, raggiungendola con gli autobus.

Dentro l’edificio è in corso la festa delle istituzioni israeliane: con un tweet Netanyahu ha ringraziato il presidente statunitense Trump e dato il benvenuto alla delegazione americana a Gerusalemme. Il tycoon, dal canto suo, ricambia la cortesia parlando apertamente di «grande giorno».