MILANO - Non solo torture ma anche stupri, per piegare la volontà
dei giovani manifestanti arrestati dopo i disordini seguiti alla
controversa rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad lo scorso 12
giugno. Stupri generalizzati, su ragazzi e ragazze, «una tragedia» per
la Repubblica islamica peggiore della dittatura della Scià.
L'AMMISSIONE -
Dopo che domenica le autorità iraniane hanno ammesso che alcuni
oppositore in carcere sono stati torturati e che tre sono morti («ma
per malattia»), Mehdi Karrubi, uno dei candidati sconfitti, ha alzato
il tiro con un carico da novanta. «Alcuni alti funzionari mi hanno
riferito cose veramente vergognose - ha scritto in una lettera all'ex
presidente Akbar Hashemi Rafsanjani - Che alcune giovani donne sono
state selvaggiamente violentate ... Che anche alcuni giovani uomini
sono stati selvaggiamente violentati e che da allora soffrono di
depressione e hanno seri problemi psicologici e fisici». «Se ciò fosse
vero, sarebbe una tragedia per la Repubblica islamica - ha aggiunto
Karrubi - Una tragedia che cancellerebbe i peccati di molte dittature,
compresa quella del deposto Scià».
LETTERA - La lettera
è stata inviata a Rafsanjani il 29 luglio e Karrubi aveva avvisato che
- in mancanza di risposta - l'avrebbe resa pubblica entro dici giorni.
Di giorni ne sono trascorsi due in più e ora la denuncia è andata su
Internet, impossibile da ignorare anche per le autorità di Teheran. Una
prima, breve, risposta è venuta dal presidente del parlamento Ali
Larijani. La veridicità di queste affermazioni, ha detto, è tutta da
verificare e si devono aspettare le conclusioni dell'apposita
commissione, incaricata dal Parlamento di indagare sulle condizioni dei
detenuti e delle prigioni. Ed è probabilmente da considerarsi un'altra
risposta, seppure dal fronte opposto, anche la decisione di Rafsanjani
di rinunciare a guidare - come previsto dalla turnazione tra i quattro
più importanti ayatollah di Teheran - la preghiera collettiva di
venerdì nella capitale. L'ex presidente intende evitare che si
verifichino «eventuali scontri».
I NUMERI - Attualmente
sono circa 200 le persone ancora rinchiuse in carcere e di queste
almeno 110 sono dal primo agosto sotto processo di fronte ai giudici
del Tribunale rivoluzionario di Teheran. Circa 2.000 erano state
arrestate in seguito agli scontri e alle manifestazioni durante le
quali ci sono stati - secondo il bilancio ufficiale - 30 morti. Proprio
in relazione al processo, le autorità di Teheran hanno oggi ribadito
con estrema decisione che la responsabilità dei disordini viene
dall'Occidente, che continua con le sue «ingerenze» nelle questioni
interne iraniane. Ripetendo che il processo si tiene nel rispetto
«delle leggi internazionali» e che la reazione dei paesi occidentali è
«illegale e sorprendente», il portavoce del ministero degli Esteri
iraniano Hassan Ghashghavi è stato lapidario: «Resisteremo con
decisione a qualsiasi intervento» straniero. Non sono quindi
sorprendenti, secondo gli osservatori, le successive dichiarazioni sui
tre americani arrestati a fine luglio dopo aver sconfinato dall'Iraq.
La vicenda rischia di andare per le lunghe, ha avvertito il capo della
commissione parlamentare iraniana della Sicurezza nazionale Aladdin
Brujerdi. E ha spiegato: «Dato che abbiamo tenuto in carcere nostri
responsabili per un certo periodo di tempo, non credo che gli americani
si aspettino che la sorte di queste persone sia decisa rapidamente».
Prima di lui, un influente parlamentare della stessa commissione,
Mohammad Karamirad, aveva affermato che «il loro ingresso illegale non
può essere del tutto estraneo ai disordini post-elettorali ... Quale
missione dovevano portare a termine in Iran? Perchè non hanno chiesto
visti iraniani?». Come dire: siamo certi che sono spie. (Ansa)
dal Corriere della Sera.it
10 agosto 2009