Istanbul - VIsita agli operai della ex fabbrica occupata Diren! Kazova

Visita al shopping centre di Istanbul.

22 / 4 / 2014

Nel secondo giorno di carovana, dopo aver sentito parlare di una fabbrica di indumenti occupata nel quartiere di Sisli, uno dei nostri due gruppi di lavoro decide in mattinata di andare alla ricerca di quest'ultima.

Giunti a destinazione ci troviamo di fronte ad una bottega al quanto singolare. Al posto del pavimento vi sono adagiati dei “sanpietrini” di cui in seguito ci faranno sapere che sono stati messi lì per ricordare ai lavoratori che vengono dalla strada.

Inizialmente, i lavoratori, non aspettandosi una nostra visita ci accolgono con un timido imbarazzo, molto ospitali (l'immancabile tazza di tè e biscotti) ma niente inglese.

Nell'attesa dell'interprete ci scambiamo qualche impacciato convenevole anche grazie all'utilizzo della funzione translate di un famoso motore di ricerca.

Con l'arrivo dell'interprete, iniziamo a capire meglio il tipo di esperienza cui ci troviamo di fronte. Scopriamo che il punto vendita dove siamo capitati logicamente non è la fabbrica in cui viene prodotta la merce destinata al mercato ma è uno spazio adibito e arredato in funzione alla comunicazione con l'esterno.

Uno degli operai inizia allora il racconto del percorso che stanno portando avanti.

Ci spiega con enfasi che il nome della fabbrica è Kazova (nome che verrà mantenuto) e che nel febbraio 2013 il proprietario, dopo aver fatto fallire l'azienda, scappa lasciando 94 lavoratori con 5 mensilità insolute.

Immediatamente iniziano delle azioni di resistenza alla chiusura della fabbrica supportati da quello che noi definiremo un collettivo, il Revolution People Front.

Dato che scappando il proprietario aveva reso inutilizzabili gli 11 macchinari atti alla produzione, gli operai decidono di venderne 8 per ripristinarne e acquistarne 3.

Tra febbraio e giugno, l'assemblea autoconvocata dei lavoratori ormai rimasti in 30, decide in tre occasioni di tentare l'occupazione a tutti gli effetti ma in nessuno dei tre casi la cosa va in porto. Sarà soltanto lo scoppio della rivolta di Gezi park a dar loro la consapevolezza che i tempi sono ormai maturi per fare questo grande passo. 
Poco dopo la fine degli scontri di piazza, tramite un'azione brutale, con tanto di mura sfondate la fabbrica viene sgomberata e le 3 macchine di cui prima sequestrate.

Nonostante ciò i lavoratori confidano nella possibilità di riottenere i loro mezzi di produzione a giugno con la conclusione di un processo che verte sulla proprietà degli stessi.

Attualmente, quindi, Kazova ha uno spazio affittato in cui vorrebbero far ripartire la produzione attraverso la costituzione di una cooperativa che nel suo statuto ha come punti cardini la parità salariale e un orario di lavoro di 6 ore giornaliere.

L'incontro è proseguito con la narrazione di eventi organizzati a sostegno della loro causa, come ad esempio, l'organizzazione di una sfilata di moda con attivisti e attiviste delle giornate di Gezi come modelli.

La mattinata si è conclusa con una piacevole scoperta: una delle lavoratrici presente durante la discussione si rivela a noi come la protagonista di una delle immagini simbolo delle giornate di protesta tra Gezi Park e piazza Taksim.

"Sulle rotte dell'Euromediterraneo" in Tunisia, Turchia e Libano organizzate da:
Un Ponte per ...
Coalizione Ya Basta Marche, Nordest, Emilia Romagna e Perugia
Info e contatti generali: [email protected] e [email protected]

I report completi dell'iniziativa saranno in Globalproject.info e Unponteper.it
Media Patner dell'iniziativa: Nena News, Osservatorio Iraq, Progetto Melting Pot Europa, CORE online

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Operaio Kazova

Fabbrica Kazova