Diritti negati in Serbia

La dura vita del gaypride a Belgrado

Domenica si è tenuto a Belgrado il gaypride, circondato da carri armati e 7000 poliziotti per evitare gli attacchi dei nazionalisti.

30 / 9 / 2014

Domenica 28 settembre è stato il primo gaypride tenutosi a Belgrado senza feriti e grossi incidenti, protetto da 7000 poliziotti di fronte a una partecipazione di 2000 persone, con la presenza di quattro ministri, membri dell'opposizione, del sindaco e degli ambasciatori USA e di alcuni paesi europei. L'ultima volta che una manifestazione organizzata dalla comunità LGBT ha attraversato le vie della capitale serba, ovvero nel 2010, ci furono pesantissimi scontri tra estremisti di destra, perlopiù hooligans del “Partizan” e della “Stella Rossa” e la polizia, con un bilancio finale di 140 feriti e una città messa a ferro e fuoco. Da quel momento il governo ha deciso di vietare la sfilata per le minacce e la paura dei disordini che puntualmente si verificavano.

Quest'anno il copione sembrava ripetersi e nonostante la manifestazione fosse stata autorizzata, gli organizzatori temevano che con l'avvicinarsi della data il governo avrebbe fatto un passo indietro, cedendo alle pressioni dei nazionalisti.

La sera precedente al corteo, circa 5000 persone tra nazionalisti, militanti dei partiti dell'estrema destra, hooligans e membri delle comunità ortodosse hanno invaso le strade di Belgrado cercando di impedire il pride. Si sono verificati piccoli tafferugli e scontri con le forze dell'ordine mentre la mattina successiva, a poche ore dalla manifestazione, la città è stata completamente militarizzata con carri armati, blindati e poliziotti in tenuta antisomossa. Il gaypride ha potuto sfilare tranquillamente solo grazie alla perfetta organizzazione della polizia che ha creato stretti cordoni ben visibili ai manifestanti, al di fuori dei quali era da considerarsi zona vietata.

Alcuni incidenti si sono verificati solo in periferia, come il tentativo di invasione della sede della TV B92, con un bilancio finale di qualche testa spaccata, tra cui quella del fratello del sindaco e 50 arresti tra le quali anche due persone fermate con il fucile in mano.

Il governo serbo e il premier Vucic sono riusciti formalmente a garantire le condizioni per lo svolgimento del pride, grazie soprattutto alle pressioni dell'Unione Europea e degli USA, ma oltre a ciò nulla di sostanziale è cambiato nella società serba. La coalizione di governo e i rappresentanti istituzionali continuano a sostenere la loro contrarietà ai valori espressi dalla comunità LGBT e a un avanzamento in materia di diritti e di legislazione.

Un tale atteggiamento da parte delle autorità indica, in realtà, la forte pressione dei gruppi radicali e religiosi con i quali il governo non ha ancora fatto i conti. Infatti la Chiesa Ortodossa e le comunità religiose detengono ancora una forte influenza nella vita politica e sociale del paese. Qualche giorno prima del pride, il patriarca ha addirittura minacciato violenze simili a quelle accadute nel 2010 se la manifestazione non fosse stata impedita. Poche ore dopo il pride invece, migliaia di ortodossi hanno sfilato lungo il percorso del corteo esibendosi in preghiere, purificando le strade e scandendo slogan quali “Ammazzate i froci” oppure “serbi e russi-fratelli per sempre”. Forti critiche sono state rivolte anche al primo ministro Vucic e al suo partito conservatore, colpevole di aver girato le spalle ai serbi ed essersi piegato alla volontà dell'Europa e di Obama.

La vita per la comunità LGBT in Serbia è difficile; minacce e pestaggi sono all'ordine del giorno mentre l'appoggio dello Stato e delle sue istituzioni è assente. Non è un caso che le organizzazioni LGBT si aspettano un sostegno concreto soprattutto da Bruxelles e da Washington mentre il governo serbo fa quel poco che gli consente di mantenere buoni i rapporti con la comunità internazionale.

Il problema dei diritti degli omossesuali è uno tra i tanti per un paese dove centinaia di migliaia di persone lottano contro la povertà, dove i diritti dei lavoratori e non solo stentano ancora ad affermarsi e il sistema giuridico e carcerario risulta essere tra i peggiori d'Europa. Tuttavia, la comunità LGBT è forse l'unica minoranza in Serbia i cui diritti legali e costituzionali vengono messi in dubbio pubblicamente e lo stato non si preoccupa di porre un freno a questa situazione.

I paesi dell'Unione Europea hanno elogiato l'organizzazione con la quale è stato possibile lo svolgimento del pride ma è triste notare come una manifestazione per i diritti debba essere circondata da carri armati e 7000 poliziotti per evitare l'attacco da parte di nazionalisti e hooligans. La società serba deve fare ancora molti passi in avanti sul terreno dei diritti delle coppie gay e la strada si preannuncia lunga e complicata.