La guerra che la pandemia non ha frenato: Chiapas, le comunità zapatiste e una scommessa sulla vita

Le aggressioni contro le comunità zapatiste e la prosecuzione della “guerra interna” ad opera di AMLO

9 / 2 / 2021

Emma Purgato ha tradotto un articolo, pubblicato a febbraio 2021 su periodicoeltorito.org, in cui vengono analizzate le ultime aggressioni contro le comunità zapatiste nel contesto della prosecuzione della “guerra interna” ad opera del presidente messicano Andrés Manuel López Obrador. In questo panorama di morte e violenza paramilitare, gli zapatisti scommettono sulla vita anche grazie alla Gira Zapatista che a breve li condurrà in Europa, per rinsaldare l’alleanza e la strategia comune tra comunità resistenti.

I

A pochi giorni dalla fine di gennaio, e nel mezzo di una pandemia che ha sospeso numerose attività economiche in tutto il paese, sono state rese pubbliche nuove aggressioni alle comunità zapatiste in Chiapas. Il 18, 20 e 21 gennaio la comunità Moisés Gandhi, appartenente al Municipio Autónomo Lucio Cabañas, della Junta de Buen Gobierno Zapatista (JBG) “Nuevo Amanecer en Resistencia y Rebeldía por la Vida y la Humanidad”, Caracol 10 Patria Nueva, è stata aggredita con armi da fuoco da membri della Organización de Cafeticultores de Ocosingo (ORCAO) delle comunità di San Antonio, Cuxuljá, San Francisco e 7 de Febrero del municipio ufficiale di Ocosingo, come denunciato dalla JGB e dal Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba)[1]. Probabilmente si penserà che si tratti di un fatto isolato, un’altra delle tristi notizie con cui è iniziato il 2021, tra tanta morte e tragedie.

Il fatto è che, come è noto, non si tratta della prima aggressione, ma questa si inserisce in una serie di attacchi subiti dalla comunità su quello che riguarda il governo della 4T. La recente persecuzione armata contro le comunità tzeltal è iniziata ad aprile 2019 ed è peggiorata nel corso dell’anno passato, approfittando delle condizioni imposte dalla pandemia di Covid-19, con il saccheggio e il rogo della bottega di caffè situata nel centro commerciale “Nuevo Amanecer del Arcoìris” e il sequestro di Félix López Hernández, base d’appoggio zapatista[2]. Nonostante la smobilitazione imposta dalla pandemia, le pressioni di diverse organizzazioni, collettivi e individui erano riuscite a frenare momentaneamente questa escalation, fino alla sua ripresa quest’anno.

Le tre aggressioni si sono date nel contesto delle iniziative politiche zapatiste.

La prima, a un mese dall’insediamento di AMLO come presidente, all’alba del primo gennaio 2019 con la mobilitazione di miliziani e miliziane della 21ª División de Infantería Zapatista nel Caracol “Madre de los Caracoles, mar de nuestros sueños”, a la Realidad, Chiapas. Mobilitazione che riaffermò l’indipendenza politica dell’EZLN e delle comunità zapatiste, e mise in mostra la disciplina, organizzazione, coscienza e volontà di resistenza di fronte alle strategie di guerra in corso, ai mega-progetti economici subordinati alla logica di accumulazione dei signori del denaro, e di fronte alla strategia indigenista di integrazione, esclusione e subordinazione politica messa in atto dal governo.

La seconda, poco dopo un’altra mobilitazione zapatista ad agosto 2019 con la rottura dell’assedio militare e paramilitare, in un’azione in cui si crearono nuovi Municipios Autónomos Rebeldes Zapatistas (MARZ), Juntas de Buen Gobierno (JBG) e Caracoles.

L’ultima nel contesto dei vari annunci e preparativi per la campagna per la vita e l’incontro con collettivi, comunità e resistenze su tutto il pianeta Terra, iniziando dalla vecchia Europa che è programmata per aprile di quest’anno.

Senza dubbio, vedendo e/o leggendo le notizie si penserà probabilmente che si tratti di un altro “tipico” conflitto per le terre tra comunità o tra produttori di caffè, facendo eco alla normalizzazione e naturalizzazione delle semplificazioni e i travisamenti fatti dai media prezzolati. Non è loro la colpa di non fare giornalismo serio e informare in modo veritiero. A ogni modo. Forse si è familiari con la guerra in Chiapas, ma contro gli zapatisti, perché non appoggiano l’attuale presidente, forse prima di fare un’analisi si grida “gli zapatisti ancora una volta creano problemi”, ”mi sa che sono creazioni di Salinas”, “fanno solo il gioco della destra” e tutte le etichette dispregiative che si possono esprimere – queste sì che fanno il gioco della destra e dei padroni del denaro e del paese -. Nel migliore dei casi si sarà molto convinti dell’ingiustizia dell’aggressione, delle sue ragioni storiche e immediate, per cui forse non è necessario leggere questo scritto, più che come convalida della propria convinzione. In un caso non proprio così, ma comunque di tutto rispetto, si inizierà a farsi delle domande: La guerra non era finita? Con la 4T i militari non se ne sono forse andati dal Chiapas, e non si è ridotta la loro presenza nazionale e politica? Perché le comunità zapatiste hanno dovuto rompere un assedio militare, paramilitare, e addirittura della nuova Guardia Nacional? e, in questo senso, se gli aggressori non sono militari, qual è il loro legame con la guerra? Se si è lettori ferrati nella materia forse si ha già la risposta in mente, tuttavia alcune righe contengono elementi utili per nutrire la comprensione comune e coltivare il dubbio metodico.

II

Per iniziare a spiegare il senso degli avvenimenti cominciamo da ciò che si può vedere nell’immediato relativamente al governo di Andrés Manuel López Obrador (AMLO) e il suo partito (MORENA), la sua politica economica e militare rispetto al Chiapas e le comunità zapatiste. Queste ultime e l’organico del governo si trovano di per sé separati, non a causa di differenze superficiali, ma per differenze di strategia e tattica per il cambiamento sociale e politico del paese. L’Ejército Zapatista de Liberación Nacional (EZLN) e le comunità zapatiste hanno puntato sull’organizzazione dal basso della società civile, su convocare i popoli indigeni, il popolo del Messico e i popoli del mondo a darsi forme e mezzi per il superamento del capitalismo attraverso la costruzione di un potere alternativo a livello nazionale e una rete a livello globale.

L’ultima di queste iniziative è stata la formazione del Concejo Indígena de Gobierno (2016) come tramite di guida del Congreso Nacional Indígena (CNI), la campagna politica della sua portavoce María de Jesús Patricio – Marichuy -, la formazione di reti di appoggio che poi sono diventate Redes de Resistencia y Rebeldía, così come una chiamata alla discussione nella forma organizzativa del Consejo o Concejo per il resto delle classi e i settori, identità ecc. Tuttavia, non c’è stata una risposta né nel discorso né nella pratica più estesa. Ciò è dovuto prima di tutto alla distruzione provocata dalla guerra interna, il limitato sviluppo politico, organizzativo e di coscienza delle organizzazioni precedenti, smantellate dalla notte della fase neoliberale del capitalismo e pervase da vizi come il clientelismo, le limitazioni a costruire mediazioni democratiche, organizzazioni di massa forti, ecc.; ad ogni modo, di fronte a un panorama di decomposizione organica generalizzata del nostro popolo e senza un progetto globale o particolare con l’obbiettivo di spingere a trasformazioni più profonde.

D’altra parte, AMLO e MORENA hanno sviluppato una strategia di mobilitazione elettorale e gestione governativa con un ampio margine di alleanze e compromessi con i signori del denaro e diverse espressioni politiche reazionarie, sacrificando lungo la strada le organizzazioni e gli interessi popolari, restringendo la loro attenzione alla politica di programmi sociali inaugurata dal neoliberismo. Ormai il governo ha scommesso sul controllo e l’amministrazione dell’apparato di Stato per limare gli spigoli più aggressivi del neoliberismo, ma senza un orizzonte di superamento del capitalismo, nella pratica ha promosso la disorganizzazione popolare con la pretesa di governare “per ricchi e poveri” e rappresentare “l’interesse generale”. Quest’ultimo in realtà è determinato dal rapporto di forze tra i signori del denaro, siano nazionali o stranieri, e i subalterni e dominati, noi che stiamo in basso. Nel contesto di questo rapporto di forze, l’apparente neutralità del governare per ricchi e poveri favorisce, nella pratica, i più forti – i signori del denaro -; senza l’organizzazione e promozione della partecipazione popolare nella gestione politica e la trasformazione dello Stato, il presunto interesse generale che ingloba ricchi e poveri appare come quello che è, una vile menzogna. È per questo che l’attuale governo ha costruito la ricomposizione del consenso attorno al progetto di vita in comune dei signori del denaro, ancora quando, dall’inizio dell’esercizio governativo, sono stati fatti sforzi per guadagnare un margine di autonomia politica rispetto agli interessi immediati in alcuni settori dei signori del denaro – soppressione dell’aeroporto a Texcoco, lotta contro i furti di combustibile e la corruzione, la creazione della Guardia Nacional o la recente strategia di eliminazione di organismi autonomi[3]. Questa relazione organica di rappresentanza degli interessi a lungo termine dei signori del denaro, così come gli stretti margini di azione là in alto, si sono avallati e rafforzati con la pandemia, la precipitazione della crisi economica capitalista e la necessità di ricomporre il processo di accumulazione.

III

Questo si esprime anche nell’ambito della politica militare. Si ricorderà che il capo politico della 4T promise la ritirata dell’esercito dalle funzioni di polizia che esercitava illegalmente. Però, a causa del grado di potere, autonomia e protagonismo politico guadagnato dal settore durante il periodo precedente alla guerra, l’attuale governo ha mantenuto la militarizzazione usando come argomentazione la presenza del crimine organizzato in approssimativamente due terzi del paese, utilizzandola come forza costruttrice e garante dei megaprogetti con concessioni – come quelle legate al Treno Maya -, cosa che si è mantenuta e accresciuta con la creazione della Guardia Nacional (GN) a marzo 2019. Per quanto riguarda il Chiapas, questo si è espresso nell’aumento della presenza della GN nello stato con almeno tre coordinamenti regionali legati alle zone di influenza zapatista, come ha documentato la rivista Contralínea[4],rafforzando l’assedio militare e paramilitare alle comunità e all’EZLN, la stessa cosa che si era contestata con l’azione di agosto e la creazione di nuovi Centros de Resistencia Autónoma y Rebeldía Zapatista (CRAREZ).

In questo senso, la strategia di guerra controinsorgente in Chiapas, con la presenza dell’esercito e i paramilitari, ora si rafforza con la Guardia Nacional senza cambiare la sua natura, i suoi metodi operativi e obbiettivi. Di fatto, prima del dispiegamento politico-militare zapatista di gennaio 2019, i giornalisti di RompevientoTV avevano denunciato pubblicamente le azioni paramilitari che continuavano ad essere impiegate nella zona alla fine del 2018, e prima di questo Alejandro Encinas, sottosegretario dei diritti umani, aveva alluso alla minaccia a basi d’appoggio zapatiste o zone d’influenza, dopo di che la risposta governativa si tradusse in una maggiore presenza della GN che non è terminata con la violenza paramilitare[5]. Questa aveva raggiunto il massimo livello, e numero di vittime con l’assassinio di 10 membri totali del Congreso Nacional Indígena (CNI) in tutto il paese[6], crimini che, sebbene non siano direttamente riconducibili al personale dell’Esercito né alla GN, sono parte della logica paramilitare segnalata. Nel frattempo, in Chiapas venivano portate avanti le prime aggressioni che abbiamo menzionato.

Questa violenza focalizzata sulle comunità e i popoli indigeni è correlata all’aumento della presenza della GN, l’Esercito e la Marina nelle zone strategiche per i megaprogetti, in particolare nei territori indigeni, nella penisola dello Yucatàn, a Veracruz, e a sud in Oaxaca, Guerrero e Chiapas[7]. Nel caso del Chiapas, a metà del 2020, in piena pandemia, erano dispiegati 5404 elementi: 2330 della Secretaría de la Defensa Nacional (SEDENA), 433 della Secretaría de Marina (SEMAR) e la maggior parte, 2641, della GN, ai quali si sommavano 4109 agenti di polizia statale e 12861 della municipale, con la lotta al narcotraffico e l’attenzione per la pandemia come scuse, come riportato da Contralínea[8], nonostante in realtà questo dispiegamento poliziesco-militare abbia compiuto funzioni di controllo della popolazione migrante e di rafforzamento dell’assedio alle comunità zapatiste dell’EZLN. In questo senso, non si tratta solo di una politica regionale, quanto federale e di Stato di fronte a un nemico dichiarato.

Nonostante l’aumento della presenza armata in Chiapas, ancora senza nessun confronto diretto, è possibile attestare che la guerra si sviluppa in altri modi, come è successo con le aggressioni al CNI, con il fine di farlo apparire come un conflitto tra comunità, dispute per la terra e conflitti particolari. Ricordiamo brevemente che, dal 1994, la strategia è stata, dalla prospettiva contro insorgente, “togliere l’acqua al pesce”, ovvero smantellare l’EZLN e le comunità zapatiste dalla base, a partire dalle basi d’appoggio, imprimere paura, generare allontanamento e dispersione in modo indiretto attraverso l’azione di gruppi civili con addestramento militare. Di questi atti di violenza è sufficiente ricordare i crimini perpetrati ad Acteal (1997) che ancora attendono giustizia. A questa politica aggressiva si sono sommati programmi di governo per accelerare la cooptazione, divisione e disorganizzazione delle comunità indigene.

Nel caso delle aggressioni del 2020, se osserviamo attentamente, possiamo trovare obbiettivi ed artefici della violenza che fanno parte di questa strategia multidimensionale. Ricordiamo che nonostante l’ORCAO avesse appoggiato le richieste delle comunità zapatiste e la realizzazione degli Accordi di San Andrés, alla fine del decennio del 1990 aveva rotto la sua alleanza con l’EZLN.

Nel contesto del tradimento degli Accordi di San Andrés da parte del Congreso ad aprile 2001, dell’implementazione del Piano Puebla-Panamá, di programmi statali per la campagna – cooptati all’ORCAO -, di diagnostiche della Banca Mondiale per implementare la sua strategia di “sviluppo” del sud con progetti in Chiapas, Oaxaca e Guerrero, di un’azione generale per smantellare i municipi autonomi nati dalla rottura dell’assedio alla fine del 1994, si implementarono azioni di infiltrazione e divisione delle comunità da parte dell’Esercito Federale a ottobre 2001 e febbraio 2002. Prima della creazione delle Juntas de Buen Gobierno, l’ORCAO e il Centro Coordinador del Instituto Nacional Indigenista da Ocosingo a Coxuljá, Ocosingo, aggredirono il centro comunitario di commercio “Nuevo Amanecer del Arcoíris”, creato dai MARZ 1º de Enero, 17 de Noviembre, Ernesto Guevara, Miguel Hidalgo, Olga Isabel, Vicente Guerrero e Lucio Cabañas, sotto il pretesto di una disputa per il terreno comune con l’ORCAO, come parte di una serie di simili atti di invasione – con livelli di violenza distinti – di terre recuperate nel 1994 da altri MARZ. In quell’occasione in particolare fu aggredita la comunità Moisés Gandhi che si sposto in quel luogo per evitare con mezzi pacifici l’azione, cosa che fu relativamente possibile mediare con l’intervento del Frayba e la Comisión para la Reconciliación[9]. Lì nacque il gruppo paramilitare legato all’ORCAO dedicato a osteggiare le comunità e le basi d’appoggio zapatiste dopo l’incidente menzionato, aggressioni che si sarebbero ripetute in diverse occasioni in futuro – assieme a molte altre azioni paramilitari -, soprattutto dal 2014 come si può verificare con una ricerca nell’archivio storico dell’Enlace Zapatista[10].

IV

Nel mezzo di questo panorama di morte, di questa dura tormenta capitalista e di violenza paramilitare, gli zapatisti ci chiamano a scommettere sulla vita. Con l’iniziativa politica per la vita inaugurata ad ottobre 2020 ci convocano a partecipare al processo di costruzione di un “noi” ampio. Non solo il soggetto nazionale che cercò di organizzare l’Otra Campaña, ma quello mondiale che ha iniziato a formarsi con le discussioni precedenti a questa, sospese a causa della guerra e della militarizzazione del paese, riprese solo nel 2013 con il “Ellos y nosotros” per costruire il programma per cui lottiamo. Parte di questo cammino iniziato con la Sexta Declaración de la Selva Lacandona è questo passaggio, questa navigazione al di là dell’Atlantico, perché dopo il dolore, in mezzo a tanto lutto, tanta tristezza, si semini la primavera, si costruiscano tutti i sì, a partire da un grande SÍ che dia riparo a tutti noi in questo grande accordo comune, semplice, ma radicale. Sì, vogliamo vivere! Sì alla vita! Viva la vida, muera la muerte! andiamo allora, manchi quel che manchi. Viviamo tempi decisivi, sono noi possiamo attuare per noi questa grande opera di creazione del nuovo, generare condizioni per un salto qualitativo. Avanti.

Citazioni

[1] “Nuevas agresiones armadas de la ORCAO a la comunidad Moisés Gandhi”, Acción Urgente No. 1, San Cristóbal de las Casas, Chiapas, México, 21 gennaio 2021. https://frayba.org.mx/nuevas-agresiones-armadas-de-la-orcao-a-la-comunidad-moises-gandhi/

[2] “Denuncia de la Junta de Buen Gobierno Zapatista ‘Nuevo Amanecer en Resistencia y Rebeldía por la vida y la humanidad”, Caracol Patria Nueva, Chiapas Zapatista, 10 novembre 2020. http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/11/10/los-zapatistas-denuncian-el-secuestro-de-un-base-de-apoyo-por-paramilitares-de-la-orcao/

[3] La relazione tra la riorganizzazione del progetto di dominazione statale e i vari megaprogetti, in particolare il Treno Maya e il Corredor Transístmico si può vedere in Metabólica. Revista de crítica ambiental: https://tejiendorevolucion.org/revistametabolica.html

[4] Zósimo Camacho, “La Guardia Nacional y los territorios zapatistas”, Contralínea, México, 26 maggio 2019. https://www.contralinea.com.mx/archivo-revista/2019/05/26/la-guardia-nacional-y-los-territorios-zapatistas/

[5] Le testimonianze si possono consultare nei vari reportage realizzati dal giornalista Ernesto Ledesma pubblicati sul canale Youtube di RompevientoTV al seguente indirizzo: https://www.youtube.com/results?search_query=Rompeviento+aldama

[6] Zósimo Camacho, “La “guerra” contra el Congreso Nacional Indígena”, Contralínea, México, 17 giugno 2019.  https://www.contralinea.com.mx/archivo-revista/2019/06/17/la-guerra-contra-el-congreso-nacional-indigena/

[7] Zósimo Camacho, “Oficial, militarización de Chiapas, Oaxaca, Guerrero y Península de Yucatán”, Contralínea, México, 16 agosto 2019.  https://www.contralinea.com.mx/archivo-revista/2019/08/16/oficial-militarizacion-de-chiapas-oaxaca-guerrero-y-peninsula-de-yucatan/

[8] Aseneth Hernández, “5 mil 404 militares, marinos y GN desplegados en Chiapas”, Contralínea, México, 4 giugno 2020.  https://www.contralinea.com.mx/archivo-revista/2020/06/04/5-mil-404-militares-marinos-y-gn-desplegados-en-chiapas/

[9] Sulla questione delle aggressioni del 2001-2002 si possono consultare i testi di David Velasco-Yáñez, "La batalla de Cuxuljá", Xipe Totek (41), ITESO, 2002; “Chiapas: Ley indígena y contrainsurgencia activa”, Xipe Totek (42), ITESO, 2002.

[10] Già si conosce, forse no: se possibile, vedere qui: http://enlacezapatista.ezln.org.mx