La guerra dei disertori

Intervista a Konstantin Karitonov, membro del Russian Socialist Movement e costretto a lasciare la Russia per sfuggire alla repressione di Putin.

24 / 2 / 2023

La macchina della guerra innescata da Vladimir Putin in Ucraina esattamente un anno fa è stata parallela alla sua politica di repressione contro il dissenso interno, in particolare contro alcuni esponenti della sinistra politica russa che certo non è in maggioranza nel paese, ma che rappresenta un segmento di società molto attiva politicamente.

Quella che abbiamo sotto gli occhi è una guerra maturata dentro il riordino degli assetti globali del capitalismo globale, da un lato prodotto da nuove posizioni di credito e debito finanziario (si veda E. Brancaccio, R. Giammetti, S. Lucarelli La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista, Mimesis 2022), dall’altro spinto dalla necessità di accaparrarsi le risorse estrattive rese sempre più scarse dalla crisi ecologica.

Da un punto di vista invece delle politiche interne nei paesi coinvolti nello scenario bellicistico, l’accentuarsi di politiche autoritarie va a braccetto con le politiche di austerità di guerra. Queste ultime a loro volta fanno perno su una nuova (quanto vecchia) propaganda del concetto di scarsità e di sacrificio patriottico, registrando anche l’impennarsi della speculazione finanziaria sui prezzi delle materie prime. La riduzione degli spazi di libertà sta contagiando anche il “fronte occidentale” (basti al modo in cui la stampa mainstream tratta il tema della guerra in Ucraina in Italia), ma in Russia sta raggiungendo livelli molto accentuati. Ecco alcuni esempi: alla fine del 2022, il più famoso politico di sinistra della Russia, il socialista democratico Mikhail Lobanov, è stato arrestato e picchiato. La piattaforma "Nomination" da lui creata ha unito l'opposizione contro la guerra alle elezioni comunali di Mosca del settembre 2022.

Kirill Ukraintsev, leader del sindacato Courier e noto video blogger di sinistra, è in carcere da aprile. Il motivo dell'arresto sono le proteste e gli scioperi che i corrieri hanno organizzato per migliorare le loro condizioni di lavoro. La femminista, artista e attivista contro la guerra Alexandra Skochilenko, che distribuiva simboli contro la guerra, rischia una lunga detenzione. Sei anarchici - Kirill Brik, Deniz Aydin, Yuri Neznamov, Nikita Oleinik, Roman Paklin, Daniil Chertykov - sono stati arrestati nel cosiddetto "caso Tyumen". Sono stati brutalmente torturati per estorcere confessioni su piani di sabotaggio. Daria Polyudova, attivista del gruppo Resistenza di Sinistra, è stata recentemente condannata a nove (!) anni di carcere per "appello all'estremismo". Il giornalista di sinistra Igor Kuznetsov è in carcere da un anno, accusato di "estremismo" per le sue posizioni contro la guerra e contro Putin.

Di seguito proponiamo un’intervista a Konstantin Karitonov per Globalproject.info. Già intervistato nel 2019 in questa intervista, è membro del Russian Socialist Movement, ha già lavorato presso il “Center for Social-Political History” della  “State Historical Library” di Mosca, una delle più grandi biblioteche storiche d’Europa. Da poco tempo si è sentito costretto a lasciare la Russia, il suo paese, a cause proprio delle politiche repressive di Putin contro il dissenso.

Tu sei un cittadino russo, e un attivista per i diritti sociali nel tuo paese d’origine. Quali sono state le ragioni, in questo drammatico contesto di guerra, che ti hanno portato a lasciare il Paese?

Ho partecipato alla mia prima manifestazione politica 18 anni fa, contro l’aziendalizzazione dell'istruzione in Russia. Erano i primi anni del putinismo e ora, a 36 anni, ho deciso di lasciare il mio Paese. È stata una decisione molto difficile e non ho mai voluto emigrare nonostante tutte le difficoltà sociali e politiche che comportano vivere in Russia.

La Russia è un Paese ricco, con un altissimo livello di disuguaglianza nella vita sociale e una vera e propria dittatura in politica. Di anno in anno, da un movimento sociale sconfitto all'altro, da una protesta repressa all'altra, abbiamo visto come il potere di Putin prenda sotto controllo sempre più spazi non solo nella vita politica, ma anche in quella culturale, sociale e accademica. Soprattutto dopo l'annessione della Crimea e l'invasione del Donbas.

Ma sono sempre rimasto ottimista sul nostro futuro, ho visto non solo i problemi, ma anche le opportunità di cambiamento. Questo sistema ingiusto non dovrebbe continuare ad esistere per molto, naturalmente i russi non sono "putinisti" nel loro cuore, sono in grado di vedere ciò che è buono e ciò che è sbagliato e prima o poi chi è al potere commetterà un errore, e la maggioranza non sosterrà più passivamente questo regime antidemocratico e asociale.

Anche quando è iniziata la guerra russo-ucraina, non ho cambiato idea. Questo potrebbe essere l'errore della classe dirigente. Sebbene la maggioranza della popolazione russa ha tollerato l'invasione, ci sono stati ad esempio molti soldati che si sono rifiutati di prendere parte alla guerra e una quantità molto ridotta di volontari.

Anche per questo motivo è stata possibile la controffensiva ucraina nelle regioni di Kharkov e Kherson. Ero sicuro che il governo russo non sarebbe stato in grado di organizzare la mobilitazione necessaria per prolungare la guerra. Ero sicuro che la Russia sarebbe stata sconfitta, sarebbe stato un crollo per il nostro Paese, ma anche una possibilità di costruire un Paese migliore e più equo dal punto di vista sociale e politico.

Ma quando la mobilitazione è stata accettata anche dai russi e la Russia ha annesso 4 regioni ucraine (Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporozhye), ho capito che la guerra sarebbe stata lunga. E ho potuto scegliere se rimanere nel mio Paese e stare zitto (o essere imprigionato), o cercare di emigrare in un posto migliore, per cercare di vivere in un'altra vita con la possibilità di fare qualcosa contro la guerra. Così, ho scelto di emigrare.

Hai incontrato persone che sono emigrate come te durante il viaggio dalla Russia verso altri Paesi? E cosa ti hanno raccontato?

Attualmente ho un visto umanitario tedesco sul passaporto, ma non sono ancora in Germania, perché sto aspettando mia moglie e il mio cane. Dalla fine di settembre, quando sono scappato dalla Russia, sono stato in Kazakistan, Turchia, Georgia e Montenegro. E tutti questi luoghi sono pieni di russi, emigrati a causa della guerra. Ho più amici e compagni all'estero che in Russia. A Tbilisi, per esempio, ho incontrato i miei vecchi amici che non vedevo da anni, solo per strada o in un bar. Tutti loro stanno cercando di costruirsi una nuova vita, di fare qualcosa per la fine della guerra e di aiutare i rifugiati ucraini.

Ma, devo anche dire, che si tratta di una minoranza nell'emigrazione russa moderna e la maggior parte dei miei connazionali ancora oggi non vuole prendere parte alla politica, teme soprattutto per la qualità della vita, che in Russia si sta rapidamente abbassando, e non vuole mobilitarsi. Quindi, cercano di vivere "come al solito", anche per costruire una sorta di vita familiare "alla moscovita" nei nuovi Paesi. Quindi, è bello che non sostengano onestamente la guerra, ma, sono sicuro, abbiamo bisogno di più politica anche nell'emigrazione per fermarla.

Pensi che la “mobilitazione parziale” sia stata accettata dai cittadini russi? In base alla tua esperienza diretta in Russia, pensi che ci sia un consenso consolidato verso le politiche di guerra del governo Putin? C'è qualche settore sociale, di lavoratori o cittadini, che esprime maggiore dissenso?

Come ho già detto, penso e vedo che i cittadini russi hanno accettato la mobilitazione in maggioranza. Naturalmente, ci sono delle ragioni per questo. Prima di tutto, la povertà in cui vive la maggior parte dei russi. Per fuggire dal Paese di solito servono soldi, possibilità di lavoro a distanza ed è bene avere un'esperienza di vita in un altro Paese (e anche qualche amico). La maggior parte dei russi non è mai stata in altri Paesi, non ha crediti e non ha risparmi.  Inoltre, c'è molta paura della polizia e dei servizi speciali (FSB, ex-KGB).

Sembrava più facile accettare la mobilitazione che resistere. Inoltre, il denaro che i soldati mobilitati hanno come stipendio (circa 2500-3000 euro) è circa dieci volte superiore a quello che un uomo può guadagnare con il suo lavoro abituale. Il denaro che la sua famiglia avrà in caso di morte (65.000 euro) è la somma che forse non guadagnerà mai nella vita quotidiana. È terribile, ma credo sia vero.

Ma nonostante tutto questo, nella società non c'è un consenso assoluto sulla guerra e sulla politica di Putin. Credo che solo il 30% sostenga la guerra, circa il 10% non la sostiene per nulla e il restante 60% cerchi di vivere come sempre, come se non fosse successo nulla. Ci sono soprattutto giovani e persone istruite che non hanno bisogno di questa guerra, mentre gli anziani (soprattutto i pensionati) la sostengono in grande quantità. La società russa è molto divisa, ci sono conflitti tra genitori e figli, tra amici, ma a causa delle repressioni non possiamo vederli in pubblico.

Puoi parlarci della giornata di mobilitazione in solidarietà degli attivisti russi contro la Guerra tenutasi lo scorso 19 gennaio?

Questo giorno, il 19 gennaio, è molto importante per la sinistra russa e per il movimento antifascista. In questo giorno, nel 2009, l’avvocato Stanislav Markelov e la giornalista Anastasia Baburova sono stati uccisi da neonazisti nel centro di Mosca per motivi politici. Ogni anno, in questo giorno, noi e i nostri compagni abbiamo organizzato manifestazioni e picchetti in diversi luoghi della Russia (e anche in Ucraina e in altri Paesi) in memoria degli antifascisti uccisi e a sostegno della lotta antifascista.

Ora, considerando che è impossibile organizzare qualsiasi azione politica in Russia, e molti attivisti russi sono in esilio, abbiamo scelto questo giorno per sollecitare azioni di solidarietà insieme a coloro che agiscono nella stessa tradizione antifascista, umanistica e antibellica in Russia, e che per questo sono stati repressi. Siamo davvero grati a tutti, russi, ucraini e tutti gli altri a Berlino, Vienna, Amburgo, Erevan, New York, Oakland, Parigi, Tbilisi, Mosca e San Pietroburgo, dove si sono svolte le azioni.