Dal 19 ottobre 34 militanti del Pkk hanno varcato il confine tra Iraq e Turchia e si dirigono, disarmati e a piedi, ad Ankara. Portano una lettera di richieste per dare una possibilità concreta alla pace. Sono accompagnati, lungo il loro cammino, da migliaia di kurdi che li festeggiano e li incoraggiano. Il governo turco per ora li lascia fare, e anche questo è un fatto straordinario
34 militanti del Partito dei Lavoratori del
Kurdistan [Pkk] due giorni fa, il 19 ottobre, hanno oltrepassato,
disarmati, la frontiera di Habur, tra Iraq e Turchia. Si
autodefiniscono «gruppo di pace», il loro viaggio è stato ideato da
Abdullah Apo Ocalan, leader del Pkk condannato all’ergastolo e detenuto
dal 1999 nel carcere di Imrali. I 34 sono diretti ad Ankara a piedi,
portano una lettera di richieste per la pace tra la Turchia e il popolo
kurdo da presentare al governo. Per ora il governo turco non li ha
fermati, e su tutti i giornali del paese è dato molto risalto
all’avvenimento.
Nei pressi di Silopi, appena entrati in Turchia, i membri del «gruppo
di pace» sono stati prelevati dalle forze di sicurezza e interrogati da
un giudice e cinque procuratori turchi. Poi però sono stati liberati e
lasciati andare, e una volta superata la frontiera irachena hanno
trovato ad attenderli lungo la strada migliaia di cittadini di etnia
kurda, che li hanno accolti sventolando bandiere e scandendo slogan che
chiedevano una soluzione pacifica per la questione kurda. Il loro
cammino è accompagnato da due giorni da persone che li festeggiano e li
incoraggiano.
Sono richieste di buon senso, quelle portate dal gruppo di pace. «Nulla
che vada oltre, in forma e contenuto, a ciò che il governo di Ankara
dovrebbe riconoscere come diritti inalienabili dell’uomo in quanto
nazione predisposta ad una politica filoccidentale», ha scritto Antonio
Marafioti su Peacereporter.net.
Nella lettera di richieste del comitato di pace [il cui testo integrale
è su Peacereporter.net], si legge: «Al fine di sbloccare l’attuale
momento di impasse della iniziativa di pace relativa alla questione
kurda in Turchia e al processo di democratizzazione della Turchia, noi,
il gruppo di pace che agisce in base alla storica iniziativa di
Abdullah Ocalan, siamo venuti in Turchia per contribuire a creare delle
solide basi per la pace. […] Una soluzione democratica della questione
kurda offrirà le fondamenta per la democratizzazione e la
stabilizzazione di tutta la regione. Per dare vita a questa possibilità
noi siamo fiduciosi che, in primo luogo, le forze e le comunità che ne
hanno la responsabilità approccino questo processo in una maniera
delicata e piena di sensibilità. Quali siano le condizioni per una
soluzione, la democrazia comunque non prevarrà senza una volontà
comune. […]
Ogni conflitto deve avere il suo percorso di dialogo per una soluzione pacifica. […]
Noi elenchiamo le nostre richieste affinché il nostro messaggio di pace
possa avere vita: 1. Che la road map disegnata dal nostro leader possa
essere consegnata ai legittimi destinatari affinché possa avere avvio
un dibattito pubblico; 2. che entrambi le parti in conflitto rispettino
il cessate il fuoco; 3. sulla base del riconoscimento della nostra
identità kurda, che nella Costituzione sia garantita e protetta la
nostra identità e il nostro diritto a vivere liberamente, in
eguaglianza e come parte di una Turchia democratica; 4. che sia
possibile praticare liberamente la nostra lingua; 5. che sia garantito
il diritto di dare nomi kurdi ai nostri figli e sia garantito di
educarli in kurdo; 6. che sia permesso di praticare la nostra storia,
letteratura, cultura e musica come popolazione kurda e che sia permesso
la loro preservazione ed il loro sviluppo; 7. che ci sia possibile
unirci come kurdi e così prendere parte al processo politico
democratico, esprimendoci liberamente; 8. che le città ed i villaggi
del Kurdistan siano liberati dalle guardie di villaggio e dalla
violenza governativa e che vi si possa vivere in sicurezza».
Ora sono due le questioni sul tavolo: la prima è l’accettazione da
parte del governo Erdogan di una trattativa che parta dalla «road map»
di Apo Ocalan, che non è mai stata resa pubblica; la seconda questione
è la ferma condanna dell’opposizione nazionalista [Partito del
Movimento nazionalista, Mhp] e di sinistra [Partito Repubblicano del
popolo, Chp] ad un processo di distensione che prescinda dalla resa del
Pkk alle autorità turche. «Se Erdogan e i suoi dimostreranno di poter
varcare anche loro il confine tra i monti dell’odio e la terra del
dialogo, probabilmente la Turchia otterrà la pace desiderata e
l’ingresso a Bruxelles», scrive ancora Marafioti. «In caso contrario
sarà difficile convincere per i decenni futuri un solo guerrigliero
delle altre migliaia rimaste nel nord Iraq a tendere per primo la mano
all’eterno rivale». Secondo Jonathan Head, corrispondente della Bbc da
Istanbul, «la maniera in cui verranno trattati adesso sarà vista come
una chiara indicazione della buona volontà del governo».