La rivolta e la sommossa a Baltimora

30 / 4 / 2015

Baltimora, 12 aprile, il ventenne afroamericano Freddie Gray è fermato e arrestato per ragioni che rimangono ignote. Il fermo, documentato col cellulare da qualche passante, avviene apparentemente senza collutazioni. Caricato nella camionetta, Gray arriva al commissariato che non è più in grado di camminare e parlare, e non respira quasi più. Il 19 aprile morirà per lesioni spinali, dopo una settimana di coma. Inizialmente la città sostiene, in via ufficiale, che Gray si sia dato alla fuga dopo uno scambio di occhiate con un agente, e che la fuga si sia conclusa con un fermo non violento; nel tragitto tra il luogo del fermo e la stazione di polizia, di cui non è possibile ricostruire nulla, in qualche maniera Gray si trova con la spina dorsale rotta. La sua fedina penale era già sporca, in tasca aveva un coltello, il cui possesso non rappresenta di per sé un reato. Venerdi 24 aprile, il commissario Anthony Batts e alcuni altri ufficiali riconoscono pubblicamente la possibilità di errori commessi da parte degli agenti durante l’arresto, e vengono pertanto attaccati dal presidente della terza loggia del Fraternal Order of Police della città.

Il 25 aprile, a Baltimora si radunano oltre 1200 persone a protestare, in solidarietà alla famiglia di Gray. Mentre il dipartimento di polizia rilascia notifiche di allerta contro il pericolo di “agitatori esterni,” nelle strade si radunano attivisti, diverse organizzazioni sociali attive sul territorio, cittadini, famiglie, rappresentanti politici e religiosi; si presentano anche le due gang storiche presenti in diverse metropoli americane, i Crips e i Bloods, che dichiarano inaspettatamente tregua e si uniscono al corteo. Alla manifestazione non violenta si succede la sommossa, con attacchi “alla proprietà privata” e sassaiole, provocate e corrisposte, contro gli agenti in tenuta antisommossa. La sommossa è ancora in corso martedì, e la città dichiara il coprifuoco e la rafforza la presenza di militari nelle strade. La guardia federale viene chiamata in soccorso alla polizia locale, e si dichiara lo stato d’emergenza. Prima che la città rafforzasse i controlli, nel pomeriggio di sabato i Crips e i Bloods erano autonomamente intervenute dialogando con i manifestanti e incitandoli a controllorare la situazione piuttosto che sfasciare le strade. Ai media che hanno voluto intervistarli, portavoce delle due gang hanno unitamente dichiarato comprensione per la reazione violenta, e hanno specificato che la ferma volontà di controllarla non era indirizzata rassicurare l’opinione pubblica, ma rivolta ai soli manifestanti. Sempre sabato, il dipartimento di polizia ha rilasciato una dichiarazione che definiva la tregua dichiarata tra le due gang “minaccia credibile alle forze di polizia.” 

Nel mezzo degli appelli mediatici e politici alla non violenza e nella congerie di report televisivi che ripropongono il canovaccio della o del giornalista bianco che chiede al reporter nero spiegazioni sul come e il perché i teppisti stiano vandalizzando i commerci del proprio quartiere (tra i più citati spicca CVS, multinazionale farmaceutica ben distante dal concetto di business locale), quello che emerge è uno spaccato degli Stati Uniti complesso e con radici affondate nel passato. La città, che ha una popolazione di oltre 600.000 abitanti, ha perso nella seconda metà del Novecento oltre 100.000 posti di lavoro, de-industrializzandosi quasi completamente e arrivando oggi ad una percentuale di disoccupazione del 8.7%, contro quella del paese che è del 5.8%. La disoccupazione tra i maschi neri sorpassa il 57% contro il ¾ di maschi bianchi occupati. Ad oggi, la popolazione bianca di Baltimora è al 31.6%, mentre la popolazione residente nera supera il 63%. 

Nella città, la percentuale di residenti bianchi è diminuita drasticamente dagli anni Settanta, quando il declino economico si è accompagnato dalla fuga di buona parte del capitale economico, e il mercato immobiliare è stato fruttato da speculatori che capitalizzando sul pregiudizio razziale dei proprietari di immobili e sulle mutazioni demografiche e etniche tra quartieri, acquistavano dai bianchi in fuga case a prezzi irrisori, per poi rivenderle ad afroamericani e migranti a prezzi raddoppiati. 

Il cosiddetto “racial gap” è aumentato consistentemente dagli anni Settanta, e le disparità economiche sono divenute fortissime. Nel quartiere di Freddie Gray il 24% di famiglie vive al di sotto degli standard federali di povertà, con un introito annuo pari o inferiore a 24.000 dollari, e la fonte di guadagno più sicura è radicata nel traffico di droga. La classe media e l’ex classe operaia di Baltimora si sono poi trovate nell’occhio del ciclone con la crisi dei mutui subprime, e ora più della metà delle proprietà immobiliari di Baltimora soggette a pignoramento tra il 2005 e il 2008 sono vuote e sigillate; il 71% di queste proprietà disabitate si trova in quartieri a maggioranza nera. Questi numeri mostrano che la distribuzione della ricchezza (come pure delle pratiche di estrattivismo economico) si assesta ancora sulla linea del colore, una forte segregazione a cui corrisponde in maniera inversa, la composizione del dipartimento di polizia, dove l’80% da agenti è bianco non residenti all’interno della città o delle comunità che “serve.” 

Dopo la crisi dei mutui subprime, a partire dal 2010-2011, il sindaco e il consiglio cittadino, a componente razziale mista, hanno cominciato ad implementare di austerity che mirano ad attuare uno sviluppo urbano affidato a complessi corporativi esterni (provenienti da New York e Atlanta). A questi gruppi, che hanno un forte potere lobbistico, la città ha garantito un consistente abbattimento degli oneri fiscali per incoraggiare e agevolare l’implementazione di progetti di rinnovo e riqualificazione residenziale e commerciale. Dal 2012, i tagli agli introiti pubblici derivati dai piani di austerità e “development” hanno avuto ripercussioni sul settore dell’educazione, quello dei servizi di sanità e spazi aggregativi o ricreativi, portando alla chiusura o alla privatizzazione di diverse risorse comuni dei quartieri più poveri. Alla crisi abitativa e istituzionale si aggiunge la notizia recente che 25.000 case si troveranno private dell’accesso all’acqua per morosità nel pagamento delle bollette. La decisione, presa senza alcuna consultazione pubblica e implementata a pochi giorni da quando è stata divulgata, ha portato ad una mobilitazione cittadina per chiedere una moratoria che consenta agli interessati di essere uditi con un’interrogazione pubblica, ma la città deve ancora rispondere alla richiesta. 

Una situazione simile si era verificata a Detroit nel 2014 - l’intervento di residenti ed attivisti era andato nella direzione di coinvolgere le Nazioni Unite, che avevano bloccato l’interruzione di erogazione d’acqua appellandosi alla carta dei diritti umani. Gli investimenti in piani di sviluppo urbano e commerciale mirano a far rinascere Baltimora puntando sul turismo e sul ripopolamento dei quartieri attraverso programmi di gentrificazione diretti a quel bacino di consumatori rappresentato da giovani professionisti che si inseriscono o re-inseriscono nel tessuto urbano. Una storia non nuova per le metropoli americane, e che si è accompagnata in questi ultimi anni a rinnovate politiche securitarie che esasperano le relazioni con le comunità locali maggiormente colpite da disoccupazione, impoverimento, dislocazione abitativa. 

Parallelamente alla messa in atto di politiche di austerity, Baltimora ha rafforzato le proprie politiche repressive e securitarie, trovandosi tuttavia a dover affrontare una crisi civile e costituzionale all’interno del proprio dipartimento di polizia, entrato sotto i riflettori nel 2011 per un massiccio caso di corruzione in cui almeno 12 agenti sono stati arrestati per estorsione, corruzione e coinvolgimento in casi di spaccio. In questa contingenza la città si è trovata obbligata ad affrontare una serie di pratiche taciute e impunite di brutalità poliziesca a danni di residenti di colore. Finora, 102 sentenze hanno portato al rimborso di residenti che hanno subito violenze fisiche e psicologiche ad opera delle forze dell’ordine, ma nessuna di queste sentenze ha visto la città o gli ufficiali coinvolti riconoscere e condannare pubblicamente le pratiche di fermo, perquisizione e aggressione violenta che le sentenze hanno dichiarato arbitrarie e deliberate (tra i rimborsati per aggressioni ci sono una donna che all’epoca dell’attacco era incinta, un’anziana, e via dicendo). 

Lo stato del Maryland si è opposto fermamente alla discussione di un progetto di legge che prevedrebbe l’inserimento di telecamere di dotazione per gli agenti. Invece, tra il 2011 e il 2012, 100 milioni di dollari sono stati investiti nella costruzione di un nuovo complesso carcerario minorile all’esterno della città. Diversi residenti, attivisti e critici osservano che le politiche di sorveglianza e repressione sono vissute come un’aggressiva strategia di criminalizzazione messa in atto dalla città con la scusa di rendere i territori “sicure,” in linea con un trend che ha attraversato gli Stati Uniti dalla fine degli anni Novanta. Questa strategia repressiva si sostituisce alla possibilità di dibattito politico, e mette a repentaglio azioni e progetti che le comunità e gruppi locali cercano di creare per autonomizzare le terriorialità rispetto alle fonti di introito a cui si sono trovate legate per decenni. 

Interi quartieri periferici, anche attraverso le pratiche fortemente pregiudiziali e alienanti del corpo di polizia, in larga parte composto da “agitatori esterni” ai quartieri stessi, si trovano incastrati nelle maglie del “stop and frisk” e degli arresti arbitrari, mentre la popolazione carceraria aumenta. L’insurrezione di questi giorni, oltre ad avere echi lontani nel tempo, da voce allo scollamento rispetto alla generazione più vecchia di rappresentanti politici, ritenuti incapaci di (e incapacitati a) sfruttare efficacemente le conquiste del movimento per i diritti civili, e allo sesso tempo si inserisce in un duro e complicato contesto di resistenza al ritorno di segregazione, impoverimento e repressione inasprito dalle politiche di austerità adottate dalla città di Baltimora.