La Siria a Ginevra

Mentre la guerra civile in Siria falcia quotidianamente centinaia di vittime alla convention di Montreux si scatenano i veti incrociati e la guerriglia della disinformazione.

23 / 1 / 2014

La soluzione della guerra civile alla conferenza di Montreux il ‘Ginevra 2’ non può darsi e – purtroppo – non si darà. Il segnale simbolico lo si è avuto con la diffusione del dossier fotografico con cui si documentano le torture e le uccisioni nelle carceri siriane di oltre 11.000 prigionieri.

La documentazione riguarda i pretoriani del regime di Assad, ma le organizzazioni umanitarie sottolineano che altrettanta violenza sui prigionieri detenuti è praticata dalle varie formazioni combattenti, islamiche e non. Circola da giorni la voce insistente di una possibile incriminazione per crimini contro l’umanità del rais di Siria, il che inficerebbe non poco il negoziato, posto che uno dei suoi punti è appunto il salvacondotto internazionale per tutto il clan di Assad, se non una sua permanenza al potere.

In tutto ciò una man forte è fornita dall’Iran che in tutti questi anni di guerra civile ha sostenuto direttamente ed indirettamente attraverso i miliziani Hezbollah libanesi.

L’Iran, il principale alleato di Assad, è stato prima invitato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, e poi escluso dal tavolo su pressione degli Stati Uniti e dell'opposizione siriana.Un errore, secondo Teheran che ha reagito in maniera pacata, ma ha sottolineato che "tutti sanno che senza l'Iran le possibilità di una vera soluzione in Siria non è poi così grande".

L'iniziativa di Ban Ki-moon, che oggi ha parlato ai delegati di una "sfida formidabile" da affrontare, ma con la possibilità di "un nuovo inizio" per la Siria, ha rischiato di far saltare il tavolo, ma in realtà a lista degli assenti è abbastanza lunga anche senza contare l'Iran. Prima di tutto manca una consistente fetta dell'opposizione armata, i gruppi jihadisti che non riconoscono Ginevra 2 e difficilmente accetteranno eventuali accordi. Inoltre, manca pure una parte della Coalizione nazionale siriana, cioè il Consiglio nazionale siriano, tiratosi indietro all'ultimo momento.

D'altronde i punti all'ordine del giorno sono tanti e complicati. In primis la sorte di Assad: i cosiddetti ribelli, sostenuti da Washington, da altre capitali europee e dai Paesi arabi sunniti capeggiati da Riad, vogliono una sua uscita di scena, mentre il presidente sarebbe addirittura pronto a ricandidarsi alla guida del Paese. Le sue truppe stanno riconquistando terreno sul campo di battaglia e il potere negoziale del presidente si è rafforzato nell'ultimo anno. Inoltre, l'intesa sul destino di Assad è il presupposto per discutere l'intera agenda di Ginevra 2, quindi se non si troverà un accordo su questo, difficilmente la conferenza avrà successo.

A tal proposito segnaliamo l’articolo presente sul Manifesto del 21.01.2013 a firma Chiara Cruciati di cui riportiamo uno stalcio.

Negli ultimi venti giorni oltre mille ribelli sono rima­sti uccisi negli scon­tri inte­stini alle oppo­si­zioni, una guerra civile nella guerra civile che sta per­met­tendo la costante avan­zata dell’esercito gover­na­tivo. A Nord, nelle pro­vince di Aleppo e Idlib, è l’Esercito Libero Siriano – soste­nuto da altre for­ma­zioni isla­mi­ste – a com­bat­tere con­tro l’Isil (lo Stato ilsmaico dell’Iraq e del Levante), accu­sato di fare gli inte­ressi del pre­si­dente Bashar al-Assad.
Nelle regioni set­ten­trio­nali del Paese si assi­ste da set­ti­mane ad un’ampia spac­ca­tura tra gruppi vicini per ideo­lo­gia o per obiet­tivi, ma sem­pre più distanti sul campo di bat­ta­glia. Seb­bene la mag­gior parte dei ribelli sia sun­nita – in oppo­si­zione alla fami­glia Assad, sciita ala­wita – una parte delle oppo­si­zioni resta di natura laica, come l’Esercito Libero Siriano.

Dall’altra il Fronte Al-Nusra e l’Isil — entrambi affi­liati di Al Qaeda — fanno della Sha­ria l’obiettivo finale dello scon­tro anche armato e sono soste­nuti da nume­ro­sis­simi jiha­di­sti stra­nieri. Intorno una galas­sia di sva­riati gruppi minori, laici e islamisti.

Il Fronte al-Nusra, pre­sente in tutto il Paese, con­trolla per lo più il ter­ri­to­rio ad Est ed in par­ti­co­lare Sha­ha­deh e Al-Omar, aree ric­che di petro­lio. L’ISIL, da parte sua, è riu­scito in bre­vis­simo tempo a garan­tirsi il con­trollo di parte del Nord Ovest siriano e di città chiave come Raq­qah e comu­nità nelle pro­vince di Aleppo e Idlib, fino a Lata­kia. A Nord Est un ruolo con­si­stente è gio­cato anche dai mili­ziani curdi, attivi nella pro­vin­cia di Hasa­kah e impe­gnati in scon­tri con­tro i gruppi isla­mi­sti. Sotto il con­trollo curdo è caduta parte della stessa città di Hasa­kah, oltre a diverse comu­nità della provincia.

Gli ultimi mesi hanno però visto un’avanzata con­ti­nua dell’esercito gover­na­tivo verso Nord con la ripresa di Al-Safira, ad Aleppo, di Kha­na­ser, Qara, Nabek e Ariha. Ma la roc­ca­forte del regime di Bashar Assad resta Dama­sco: gruppi di ribelli man­ten­gono il con­trollo di alcuni quar­tieri e peri­fe­rie intorno alla capi­tale ma, gra­zie anche al soste­gno dei mili­ziani di Hez­bol­lah, la capi­tale siriana resta ancora nelle mani del governo.