La strage continua. Dopo il massacro di Jenin, l’esercito israeliano bombarda la Striscia di Gaza

Ieri 26 gennaio, l’IDF ha fatto irruzione nella città palestinese di Jenin, uccidendo 10 persone e ferendone altre venti. Scontri e manifestazioni in tutta la Palestina ed ennesimo bombardamento sulla Striscia.

27 / 1 / 2023

I rumori pacati che accompagnano le prime luci dell’alba vengono sovrastati ancora una volta dal boato dei blindati e dei bulldozer dell’esercito israeliano. È il 26 gennaio quando Jenin si prepara a subire una delle più massicce operazioni militari degli ultimi anni. “Operazioni di controterrorismo nelle regioni di Giudea e Samaria”: è così che l’Israel Defense Forces è solita chiamare le incursioni militari portate avanti quotidianamente nei territori occupati palestinesi, che ogni volta si lasciano dietro morti, feriti e sequestri. 

Jenin

Quella di ieri, è stata giustificata come un’azione preventiva indirizzata ad alcuni militanti del Jihad palestinese, sospettati dall’Occupazione di progettare non meglio specificati “attentati contro la sicurezza di Israele”. Quanto è avvenuto nella realtà è stato invece un massacro: 10 morti e una ventina di feriti, tra cui diversi in maniera grave. 

Per cinque ore il fuoco dei cecchini israeliani, appostati sui tetti delle case palestinesi, tiene sotto stretto assedio la città. La resistenza armata risponde. Il sangue palestinese comincia a scorrere.

L’ennesimo crimine di guerra

Tra le prime vittime c’è Magda Abdel Fattah Mahmoud Obeid, 61 anni, colpita al collo nella sua abitazione. Il numero delle persone uccise e ferite comincia a salire rapidamente, tutte colpite alla testa o al petto, segnale inequivocabile che il mandato è quello di uccidere. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha diffuso una nota, affermando che l’esercito israeliano ha autorizzato i soccorsi solamente al termine delle operazioni. I paramedici e le ambulanze della Mezzaluna Rossa sono stati bloccati e presi di mira dai cecchini mentre in mezzo al fuoco raccoglievano morti e feriti, mettendo a repentaglio la propria vita. 

Jenin

Il Ministero della Salute palestinese ha denunciato un fitto lancio di lacrimogeni nel piazzale dell’ospedale, nel punto di arrivo delle ambulanze. Alcuni video diffusi dai media palestinesi mostrano come i gas abbiano raggiunto anche i reparti pediatrici, obbligando i pazienti e i medici ad evacuare le corsie. 

Diversi giornalisti hanno inoltre riferito di essere stati aggrediti e bloccati dall’Esercito israeliano, che ha scomodato persino l’artiglieria pesante, lanciando razzi anticarro contro alcune abitazioni. Tre palestinesi sono periti nell’esplosione, un quarto, sopravvissuto all'attacco, è stato sequestrato dai militari per essere deportato nelle prigioni israeliane, una prassi tanto illegale quanto diffusa, in piena violazione della Quarta Convenzione di Ginevra.

Mentre il Primo Ministro Benjamin Netanyahu dichiara, pur definendosi “pronto a tutto”, di non volere un’escalation, il deputato della Knesset Almog Cohen, esponente del Partito Sionista Religioso alleato al governo, ha invitato i soldati “a continuare ad uccidere”.

Il neo Ministro della Pubblica Sicurezza Itamar Ben-Gvir, dopo aver conferito un'onorificenza al militare che ha ucciso il giorno prima un bambino all’interno del campo di Shuafat, a Gerusalemme, si è congratulato con i vertici che hanno guidato l’operazione. Secondo Haaretz, proprio Ben-Gvir sarebbe al lavoro per istituire una Guardia Nazionale da utilizzare per una nuova guerra contro Gaza.

Le reazioni

Le fazioni militari palestinesi hanno diffuso alcune comunicazioni, lasciando intendere l’arrivo di una risposta “proporzionale all’offesa subita”, sia proveniente da Gaza, sia dalla Cisgiordania. Manifestazioni e scontri con i soldati israeliani si sono verificati in diverse città della Cisgiordania già dalla mattina. Durante la serata, la resistenza armata palestinese ha preso di mira i check point militari di Dotan, Al-Jalama e Shuafat. Milizie armate hanno anche aperto il fuoco contro l’esercito all’ingresso del villaggio di Beit Ummar, vicino Hebron. 

Importanti scontri sono avvenuti in diverse zone di Gerusalemme, dove i coloni hanno preso di mira il quartiere cristiano e l’Occupazione ha rafforzato la presenza militare in vista della preghiera del venerdì. 

Jenin

Dopo l’innalzamento del livello di allerta e le proteste che si sono verificate ieri lungo il muro di separazione, molteplici attacchi aerei si sono verificati in diverse aree della Striscia durante la notte, con almeno 15 attacchi che hanno preso di mira il campo profughi di Al-Maghazi, il quartiere di Al-Zaitoun a sud di Gaza City e un campo a est di Beit Hanoun, a nord di Gaza. Non si registrano vittime. L'esercito israeliano ha giustificato gli attacchi aerei su Gaza, una delle aree più densamente popolate del mondo con 2,1 milioni di residenti, come risposta al lancio di due razzi verso i territori del ‘48, entrambi neutralizzati dalla Cupola di Ferro. Il livello di allerta rimarrà alto per almeno il resto della giornata.

jenin

L’Autorità Palestinese ha annunciato nel frattempo la sospensione immediata del Coordinamento per la sicurezza con Israele. Una posizione accolta freddamente sia dai media israeliani sia da controparte palestinese: non è la prima infatti che da Ramallah giungono simili dichiarazioni, prive di un’effettiva consequenzialità. L’ultima volta è avvenuto il 19 maggio 2020, in seguito alla pubblicazione del “Deal of the Century” di Donald Trump. Sei mesi dopo, con l’insediamento dell’amministrazione Biden, l’accordo di collaborazione con le autorità israeliane era stato ripristinato regolarmente.

La comunità internazionale, con poche e ininfluenti eccezioni provenienti perlopiù da paesi arabi, continua a rimanere colpevolmente silente di fronte alla pulizia etnica della Palestina: 75 anni di occupazione e colonizzazione, di attacchi feroci alternati a quella subdola guerra a bassa intensità che dall’inizio del 2023 ha già causato 31 morti. Un bollettino di guerra drammatico, destinato ad essere aggiornato ancora a lungo.