La strategia di Ankara, il ricatto di Erdogan, il ruolo di Trump e dell'Europa, un Paese in macerie e un sogno infranto: è la guerra (infinita) in Siria

15 / 10 / 2019

«Se dobbiamo decidere tra il compromesso e il genocidio del nostro popolo, sicuramente sceglieremo la nostra gente», con queste toccanti parole domenica notte le SDF hanno annunciato, per bocca del comandante in capo Mazlum Kobani, di aver stipulato un accordo con il presidente siriano Assad (con la Russia come supervisore) che permette alla truppe siriane fedeli al presidente di entrare nei territori della Federazione e di proteggere le città, e anche il confine, dall’attacco turco e jihadista, dopo l’abbandono e la ritirata delle truppe Usa su ordine di Trump. 

mappa offensiva turca

Già qualche ora dopo l’accordo diverse colonne di uomini e mezzi dell’Esercito Arabo Siriano (SAA) si stanno muovendo verso nord in direzione Mambi, Kobane e Al-Heseke. La situazione più tesa rimane a Mambi dove, alla notizia dell’accordo, turchi e jihadisti si sono lanciati verso la città in forze nel tentativo di prenderla prima dell’arrivo sul campo delle SAA. 

Almeno 750 persone, sospettate di avere legami con Isis, sono fuggite oggi dal campo di detenzione di Ain Issa in seguito ad un bombardamento turco nelle vicinanze. Questo fatto, sommato alle precedenti mobilitazioni e proteste in tutti i campi di detenzione di ex membri di Isis, mette in luce la volontà dei miliziani di rialzare la testa e approfittare del caos per riguadagnare forza. Dalle notizie che giungono dal campo sembra che la rivolta, esplosa sia nella parte civile che nella parte riservata alle famiglie di Isis, abbia avuto la meglio delle poche guardie rimaste perché il grosso del dispositivo di sicurezza è stato spostato altrove, per fronteggiare l’avanzata turca.

Erano circolate ieri numerose notizie riguardo la sorte di Tal-Abyad e Serekaniye, attaccate pesantemente da mercoledì. Le notizie, riportate dalla propaganda di regime turca, parlavano di centinaia di combattenti SDF uccisi e che entrambe le città erano totalmente conquistate. Questa mattina queste notizie sono state completamente smentite da filmati e foto che mostrano la resistenza nei centri cittadini e sembra addirittura che Serekaniye sia totalmente libera. Va altresì detto che alcune aree della città di Tal-Abyad, ma soprattutto alcuni villaggi nelle campagne tra le due città, risultano effettivamente in possesso dei miliziani filo turchi e dell’esercito turco. 

Un gravissimo episodio è avvenuto due giorni fa sulla strada internazionale M4, arteria che collega Aleppo con Al-Hasaka, dove un gruppo di jihadisti della brigata Ahrar Al Sharqiya parte di quell’accozzaglia chiamato Esercito Nazionale Siriano, hanno iniziato a fermare le auto di passaggio e a prendere come prigionieri i civili. Gli jihadisti, fedeli alla loro essenza, non hanno mancato di riprendere le esecuzioni dei loro prigionieri a bordo strada, in puro stile Isis. 

Anche da Kobane, città martire dell’Isis, giungono cattive notizie. Fino a qualche ora fa, la presenza di una base militare americana ha sostanzialmente garantito una certa tranquillità nonostante le artiglierie turche avessero già preso di mira le alture intorno al centro città. L’altra notte, uno scambio di colpi di mortaio, aveva messo in allarme i soldati americani che si erano prontamente ritirati per non finire nel fuoco incrociato. Alcune fonti statunitensi, tra cui Brett McGurk ex inviato speciale per la lotta a Daesh, sostengono che il bombardamento verso la base americana sia stato un atto deliberatamente voluto dalla Turchia, sostanzialmente una minaccia. Infatti, è notizia di qualche minuto fa, le forze americane si starebbero ritirando da Kobane verso il deserto da dove dovrebbero essere evacuate. I comandi americani infatti sostengono che con il peggiorare della situazione le truppe sul campo si troverebbero presto nel fuoco incrociato e non potrebbero agire per difendersi. Si prospetta quindi l’apertura di ulteriori fronti d’attacco lungo il confine turco-siriano anche se, dopo una recente telefonata tra Donald Trump e il comandante in capo delle SDF Mazlum Kobani, metta al sicuro Kobane dagli attacchi turchi.

È un ulteriore fatto di cronaca di questi terribili giorni ma forse va letto come il tentativo di distruggere non solo la resistenza rivoluzionaria ma anche le istituzione della rivoluzione confederale e le persone che stanno portando avanti questa missione. Sempre ieri è stata barbaramente uccisa Hevrin Khalaf, segretaria generale del Partito Futuro e attivista per i diritti delle donne. Ci sono diverse versioni sul suo omicidio ma tutte tendono a concordare sul fatto che una cellula jihadista, infiltrata o presente sul terreno appena conquistato, abbia fermato il fuoristrada su cui Hevrin viaggiava e l’abbiano uccisa a sangue freddo. Questo omicidio, insieme ai bombardamenti indiscriminati sui civili in fuga, non è niente di meno di una tattica ben precisa e decisa a tavolino. Colpire il nemico in maniera indiscriminata per fare in modo che abbandoni il territorio, colpire i leader politici e cercare di annientare fisicamente la resistenza.

«Andremo fino in fondo. Siamo determinati. finiremo quello che abbiamo iniziato», ha detto il presidente Turco Recep Tayyip Erdogan, confermando l'intenzione di non interrompere l'offensiva contro i curdi nel nord-est della Siria. Non lo spaventano le minacce di sanzioni dagli Usa, la crisi umanitaria, i pareri del Pentagono e le preoccupazioni di Macron. Vuole andare avanti dritto per la sua strada, a spese di migliaia di civili, a spese di un’esperienza democratica che si affaccia in Medio Oriente.

*** Ph. Credit: in copertina Getty Images