La Tunisia oggi, la voce di Najwa Karmi (Centre Media Citoyen Sidi Bouzid)

2 / 9 / 2014

La terza intervista raccolta ad un attivista della sinistra che ci parla della situazione politica nel paese a tre anni dalla primavera di rivolta.

I media di regime parlavano della Tunisia come se fosse la Svizzera, ma noi cittadini vedevamo bene la situazione reale. I problemi più gravi sotto Ben Ali erano la corruzione dilagante e la mancanza di sviluppo economico, che era sempre stato il grande obiettivo della Tunisia post-coloniale. Prima della rivoluzione ho partecipato a iniziative di opposizione quando ero studente all'università di Sousse, di solito erano organizzate dall'Uget. A causa della pervasiva repressione poliziesca, all'epoca l'unico modo per fare politica contro il regime era nascondersi nei sindacati, che erano le uniche organizzazioni in grado di dare un minimo di protezione ai propri militanti.

La rivoluzione non è stata un'esplosione improvvisa come spesso si pensa. Prima del 17 dicembre 2010 c'erano state molte altre proteste che però furono oscurate dai media. È stato un po' un caso che la rivoluzione sia cominciata proprio qui a Sidi Bouzid, perché molte altre aree interne vivono una situazione assai simile. Se gli episodi del 17 dicembre non si fossero verificati, ci sarebbe stata comunque una rivoluzione più avanti perché il sentimento di frustrazione nei confronti del regime era ormai molto generalizzato.

A Sidi Bouzid sono state le donne a scendere per prime in strada, all'inizio erano soprattutto le familiari di Mohamed Bouazizi. Proprio di fronte alla sede del governatorato, dove Bouazizi si era dato fuoco, ci sono dei bar in cui si incontrano molti giovani, soprattutto disoccupati. Quando i ragazzi videro la disperazione delle donne della famiglia Bouazizi si unirono a loro e l'assembramento andò ingrandendosi sempre di più. Ma secondo me ciò che scatenò veramente la rivoluzione fu il fatto che il giorno dopo c'era il grande concorso pubblico per i laureati che vogliono diventare insegnanti. In questo concorso la corruzione è determinante: per passare bisogna pagare delle mazzette davvero ingenti, che la maggior parte dei giovani non può permettersi. Il risultato è che i figli delle famiglie benestanti possono assicurarsi un posto, cosa che riproduce e amplifica le disuguaglianze sociali esistenti. Il giorno del concorso ci furono grandi manifestazioni. 

Si può dire che furono i giovani laureati a dare inizio alla rivoluzione, anche se poi furono seguiti da tutti gli altri. Il primo martire, Mohamed Ammari, fu ucciso il 24 dicembre a Menzel Bouzaiane e a quel punto tutto il paese andò in fiamme. In città come Thala e Kasserine ci fu davvero la guerra.

La rivoluzione fu spontanea ma l'Ugtt ebbe un ruolo importante nel sostenerla e proteggerla. All'epoca l'ufficio esecutivo dell'Ugtt non era rappresentativo dell'organizzazione nel suo complesso. Anche se il segretario generale Abdessalem Jerad prese le distanze dalle manifestazioni contro il regime, la gran parte del sindacato non lo seguì e i militanti scesero in strada in tutto il paese. Anche gli organi dirigenti regionali si ribellarono all'esecutivo centrale e sostennero la protesta. 

Rispetto il punto di vista di chi critica l'Ugtt da sinistra ma questa posizione non ha molto seguito presso la maggioranza dei tunisini. Inoltre bisogna ricordare che ora i nostri problemi non sono solo quelli socioeconomici, c'è anche la questione dell'ascesa degli islamisti, che anche se non hanno partecipato alla rivoluzione sono molto forti. Se ci si mette anche contro l'Ugtt, come si può vincere la battaglia contro Ennahda? Storicamente ci sono stati periodi di alta conflittualità tra sindacato e regime e altri periodi di coesistenza pacifica. Nei periodi di conflitto l'Ugtt è stata in grado di mettere in difficoltà il regime, perché è la più grande forza sociale, e anche in qualche modo politica, del paese. Anche Ennahda, quando è giunta a scontrarsi con l'Ugtt, si è ritrovata fuori dal governo. Sicuramente l'Ugtt non è perfetta e ha problemi di corruzione al suo interno, ma è comunque riformabile.

Non credo che dopo la rivoluzione non sia cambiato niente, anche se mi capita di dire il contrario. Dopo cinquant'anni di indipendenza i tunisini vogliono passare alla seconda tappa, quella della cittadinanza, della libertà e della democrazia. La prima versione della costituzione era davvero catastrofica, era fatta a immagine e somiglianza di Ennahda, ma la società civile progressista è stata in grado di fare pressione per cambiarla. Trovo che il testo definitivo sia soddisfacente per quanto riguarda i temi della libertà e dell'uguaglianza di genere. Ma rimangono molti punti deboli, soprattutto per quanto riguarda l'economia e i diritti sociali. La costituzione è molto vaga in merito e non obbliga lo stato a trovare delle soluzioni per la disoccupazione. Penso che sarebbe meglio nazionalizzare le grandi aziende degli uomini d'affari collusi con il regime, ma per ora non è stato possibile.

Anche se gli islamisti probabilmente torneranno al potere, non saranno in grado di attaccare i diritti della donna perché il movimento femminista e i gruppi della società civile sono molto forti e l'Ugtt si è posta a difesa dell'uguaglianza di genere. Tuttavia, nonostante i passi avanti a livello costituzionale, non si può dire che la situazione concreta delle donne sia migliorata dopo la rivoluzione, al contrario ora si verificano più molestie rispetto all'epoca di Ben Ali. Probabilmente il fenomeno è dovuto all'instabilità istituzionale e soprattutto a ragioni socio-economiche, perché il tasso di disoccupazione giovanile è molto elevato. Ci vogliono molti soldi per sposarsi e senza lavoro non si può fare, ma allo stesso tempo la cultura tunisina tende a lasciare pochi margini alla libertà sessuale.

I partiti del Fronte Popolare sono composti da veri militanti, da persone oneste e generose, ma non hanno il potere di mobilitare le masse perché non sono riusciti a creare un immaginario compatibile con la società tunisina. Il martire Chokri Belaid era il leader più carismatico, quello più vicino al popolo, e forse proprio per questo è stato assassinato.

I gruppi della società civile hanno avuto un ruolo fondamentale per la conquista dei diritti in Tunisia, perché sono in grado di portare avanti iniziative vicine ai cittadini e quindi di proporre soluzioni che arrivano dal basso. La situazione politica attuale è molto difficile, ma credo che se le forze della società civile progressista si alleeranno tra di loro riusciremo a superare con successo questa fase.

*** Lorenzo “Fe” Feltrin, di Treviso, è dottorando in scienze politiche alla University of Warwick, dove si occupa di sindacati e movimenti sociali in Marocco e Tunisia. Ha precedentemente collaborato con la casa editrice milanese Agenzia X, per la quale ha pubblicato il libro Londra Zero Zero sulle subculture anni zero della capitale inglese.