La vittoria senza precedenti della sinistra in Colombia, ma la violenza continua inarrestabile

24 / 3 / 2022

Lo scorso 13 marzo i cittadini colombiani si sono recati alle urne per rinnovare il Congreso Nacional. Quella colombiana è stata una tornata elettorale molto sentita non solo a livello nazionale ma anche a livello continentale, dal momento che molto ci si aspettava dal possibile successo della coalizione progressista “Pacto Histórico” guidata dall’ex sindaco di Bogotá Gustavo Petro. 

L’elezione del Congreso inoltre ha anticipato di due mesi le altrettanto importanti elezioni presidenziali che, secondo i sondaggi, vedono in testa proprio il candidato progressista Petro e che potrebbero aprire scenari inediti per il paese e per tutto il continente. Infatti, una guida progressista del paese sarebbe una novità assoluta che porterebbe certamente a rimodulare anche i rapporti di forza continentali isolando il Brasile e le poche minori forze conservatrici ancora al potere e soprattutto a ridefinire la posizione della Colombia nei confronti degli Stati Uniti, che hanno sempre usato il paese come “patio trasero”, dal quale attuare e diffondere politiche interventiste in tutta la regione.

Lo spoglio dei voti ha visto il Pacto Histórico primeggiare sia alla Camera sia al Senato dove ha conquistato 16 seggi, diventati 23 alla Camera e 19 al Senato dopo un primo ricontrollo delle schede. Importante successo ha avuto anche Francia Marquez, attivista ambientalista, indigena e femminista capace di raccogliere oltre 780 mila preferenze, la terza candidata più votata, nella consulta di coalizione del Pacto Histórico, attraendo sulla sua figura molte delle istanze uscite dalle piazze negli ultimi mesi di protesta. Francia Marquez, già vincitrice del Premio Goldman nel 2018 (premio considerato il Nobel degli ambientalisti vinto in passato anche da Berta Caceres e Oscar Olivera, solo per citare due nomi), ha dichiarato: «I risultati di domenica riflettono il cambiamento che le persone vogliono. Le e gli ultimi ci siamo ritrovati nelle esperienze che abbiamo dovuto subire. Il compito continua ancora, vogliamo che il Pacto Histórico sia il governo che garantisce i diritti dei colombiani». Grazie a questo clamoroso successo, Francia Marquez è stata scelta per affiancare Gustavo Petro come candidata vicepresidente alle prossime elezioni di fine maggio. 

I buoni risultati elettorali della sinistra tuttavia potrebbero non rappresentare fedelmente la fotografia del paese dal momento che fin dal giorno delle elezioni sono apparse in rete numerose denunce di irregolarità, compravendita di voti, conteggi che non tornano, sparizioni di schede e pure di seggi elettorali spostati all’insaputa degli elettori. Tante, troppe irregolarità che hanno fatto gridare al fraude da più parti. A una settimana dal voto, in molti chiedono quindi il riconteggio totale accusando l’organo elettorale di aver favorito il partito di governo. Lo stesso Petro in questi giorni confusi ha denunciato la mancanza di trasparenza nelle operazioni di voto ma anche in quelle di riconteggio: «In questo momento, 17 milioni di voti colombiani sono nelle mani della maggioranza uribista del CNE» ha twittato recentemente.

Elezioni che si sono svolte in un clima appesantito da una violenza strutturale che pare inarrestabile. Nei mesi scorsi il paro nacional aveva messo sotto i riflettori l’operato della polizia e in particolare della temibile e famigerata ESMAD: le ONG Temblores e Campaña Defender la Libertad hanno documentato infatti che durante i due mesi di blocco e proteste contro il governo Duque sono state uccise circa 80 persone e ci sono stati oltre due mila interventi violenti da parte delle forze armate. La violenza non è circoscritta alle proteste del paro. I dati raccolti da un’altra ONG di difesa dei diritti umani, Indepaz, hanno documentato come nel 2021 siano stati assassinati 168 leader sociali e 48 firmatari degli accordi di pace. Inoltre, in 92 massacri hanno perso la vita 326 persone. Il 2022 si è aperto come si è concluso l’anno precedente, ovvero con una scia di violenza che sembra incontrollabile. Le zone del conflitto sono le stesse dove storicamente c’è la disputa per il controllo del territorio tra forze armate, paramilitari ed ELN. 

In quasi tre mesi sono già 43 i leader sociali e 11 i firmatari degli accordi di pace morti in circostanze violente. Sono 23 invece i massacri dall’inizio dell’anno, con un saldo di circa 80 morti. In questo conflitto ad essere colpite maggiormente sono la popolazione civile e le organizzazioni campesine e indigene che lottano per costruire alternative di pace nel Paese. Qualche mese fa, in una intervista rilasciata a Global Project, l’avvocato Juan Carlos Torregroza, aveva raccontato la difficile situazione in Arauca, uno dei dipartimenti più colpiti dal conflitto, a seguito di un attentato avvenuto a Saravena nella sede di alcune organizzazioni sociali. 

In questi mesi il clima non è cambiato, tutt’altro, le elezioni hanno acuito la tensione anche in virtù del possibile rovesciamento dell’oligarchia al potere. Se questo avverrà, sarà possibile solo grazie alla spinta dal basso avvenuta negli ultimi mesi, con la consapevolezza che un cambio di paradigma per il paese è necessario per sopravvivere. Tuttavia, come sta succedendo anche in altri Stati del continente, è bene ricordare che solo la continua pressione dal basso potrà far indirizzare il nuovo inquilino della Casa de Nariño verso un cambiamento reale: giusto pochi giorni fa, infatti, il candidato Petro ha reagito così a un atto di protesta messo in piedi dalla primera linea Escudos Azules di Bogotá nella Cattedrale di Bogotá: «Noi abbiamo messo la libertà di culto nella Costituzione, l’uribismo, disperato la schiaffeggia. Chiedo alla Chiesa cattolica di avviare un'azione penale contro queste persone».

Il canovaccio sembra quindi essere quello di sempre con partiti o coalizioni progressiste che approfittano delle rivendicazioni e della pressione popolare e poi, in nome di una pacificazione ad uso dei los de arriba, e soprattutto in nome della conquista del potere fine a sé stesso, “sacrificano” le stesse organizzazioni desde abajo che hanno determinato il cambio. È per questo che le organizzazioni sociali e popolari colombiane continuano a costruire il proprio futuro dal basso e con la lotta nonostante la possibile vittoria di Petro. Come stanno facendo in queste ore diverse organizzazioni sociali e di difesa dei diritti umani che hanno organizzato la Caravana Humanitaria #SOS Solidaridad con Arauca e il Foro dei Diritti Umani che si svolgerà al termine della carovana nella capitale del dipartimento, Arauca, con l’obiettivo di «esprimere il sostegno e accompagnare con la solidarietà i movimenti sociali del dipartimento di Arauca» colpiti dal conflitto per il controllo del territorio. Perché non sarà certo solo la volontà di un uomo a poter affrontare da solo strutture di potere violente consolidate da decenni.

Qualunque sia il risultato delle elezioni del 29 maggio una cosa è certa: se esiste una possibilità di cambiamento reale questa è dovuta al sacrificio e allo sforzo di migliaia di organizzazioni, gruppi, collettivi, situazioni, singoli continueranno ad attivare per rendere il paese un poco più giusto.