L'Australia scende in piazza contro il governo negazionista

Decine di migliaia di persone hanno manifestato in tutto il Paese venerdì 10 gennaio. Intervista a Piergiorgio Moro, attivista australiano che vive a Melbourne.

17 / 1 / 2020

Decine di morti e un intero paese colpito mortalmente: è questo il bilancio sommario ma efficace dell’apocalisse di fiamme che ha devastato l’Australia nelle settimane precedenti. E lo scorso venerdì 10 gennaio, sono state decine di migliaia i cittadini che in tutta l’Australia sono scesi in piazza a protestare contro il governo, criticato per non perseguire nessun tipo di politica per affrontare il cambiamento climatico e reo di spalleggiare le imprese che sfruttano i combustibili fossili.

Mattia Gallo ha intervistato Piergiorgio Moro, attivista australiano che vive a Melbourne, delegato del sindacato Australian Services Union VicTas, e membro di Australia Asia Worker Links (AAWL); fa parte della radio antagonista 3CR Radio - una radio comunitaria e autofinanziata, con posizioni politiche che vanno dalla socialdemocrazia a un’anticapitalismo radicale attiva a Melbourne dal 1976 - in cui tiene una trasmissione.

 

Ci puoi raccontare come è stata la manifestazione di Melbourne ed in generale, come sono state le manifestazioni in Australia della scorsa settimana?

Lo scorso venerdì 10 gennaio ci sono state manifestazioni in tutte le città principali dell’Australia contro la politica climatica del governo. A Melbourne si è registrata la manifestazione più grande. Anche se c’era una pioggia insistente, per ironia della sorte, c’erano almeno 20,000 persone. A Sydney ce n’erano circa 10,000 mentre nelle città minori il numero era più piccolo.

Gli slogan erano tutti conto il governo Australiano che a livello globale è uno di quelli che si oppone ai drastici tagli sulle emissioni di carbone ed è in prima fila nel blocco dei paesi ‘negazionisti’ sulla questione del riscaldamento globale. In Australia le compagnie minerarie e di energia hanno un potere economico e politico enorme. È una rete in cui interessi economici si intrecciano a quelli di personaggi, media e politici conservatori, e particolarmente il conglomerato della famiglia Murdoch. Questo blocco è riuscito a contrastare e bloccare da anni qualsiasi vero tentativo di diminuire le emissioni di CO2.

I claims delle manifestazioni sono stati legati, a parte la richiesta di dimissioni del Primo Ministro Scott Morrison, al  riconoscimento del fatto che il cambiamento climatico sia causato dalle attività umane.

 

Qual è stata la reazione dei media e della politica australiana nei confronti delle manifestazioni?

C’è stata una grande spinta contro le manifestazioni nei giorni precedenti  alla loro data, da parte dei media e dai due partiti maggiori, i Liberali e i Laburisti. La ragione espressa pubblicamente era che questo non fosse il momento giusto per manifestare, dato che non si doveva giocare politicamente sopra la tragedia degli incendi. La polizia a Melbourne è andata  persino oltre dicendo che loro erano tutti impegnate negli incendi e non potevano essere presenti alla manifestazione per garantire la sicurezza. A parte il fatto che gli organizzatori hanno risposto di non avere bisogno della polizia, questa dichiarazione della polizia era palesemente falsa, dato che non avevano fatto nessuna dichiarazione pubblica simile relativamente ai grandi incontri sportivi tenutisi negli stessi giorni.

La serie di incendi che ha colpito duramente l’Australia ha avuto proporzioni enormi e catastrofiche. Si poteva prevedere tutto questo, secondo te?

Non solo si poteva prevedere, la possibile catastrofe era stata predetta dall’inizio del 2019 dai corpi di pompieri specializzati in ambito forestale. Queste organizzazioni avevano più volte avvertito che quest’estate si preannunciava disastrosa per la siccità che aveva colpito gli stati di NSW e Queensland. Non solo, avevano più volte richiesto incontri d’urgenza con il governo durante i primi sei mesi del 2019 per pianificare meglio come combattere questo rischio e anche per avere più risorse, in particolare aerei. Il governo australiano non li ha mai voluti incontrare.

La situazione poi si è sviluppata ancora peggio del previsto per due fattori complementari. Il primo era che le piogge dei monsoni estivi non sono iniziate durante il mese d’ottobre (sono poi iniziate all’inizio del gennaio 2020) prolungando cosi la durata della siccità, e in secondo luogo, a dicembre è arrivata una ondata di caldo senza precedenti nelle zone orientali dell’Australia che ha battuto tutti i record climatici.

Gli incendi sono iniziati a settembre e hanno continuato a intensificarsi col passare delle settimane per via di siccità e calore. Arrivati a novembre la situazione si era fatta drammatica con numerosi incendi fuori controllo in due stati, ma nonostante questo, il vice primo ministro Michael McCormack ha accusato i ‘pazzi delle città’ di voler collegare per forza i roghi alla politica climatica e all’industria del carbone australiana.

Per la fine di dicembre, gli incendi si sono poi estesi anche più a sud nello stato del Victoria, dove i mesi critici di solito erano solo gennaio e febbraio.

 

La questione della miniera di carbone di Adaniin Australia è una tra quelle che è più oggetto di critiche da parte dei cittadini australiani contro il riscaldamento climatico. Ci puoi raccontare qualcosa a proposito?

La miniera di carbone di Adani è praticamente diventato il caso ‘emblematico’ della situazione australiana. Il progetto di questa miniera risale al 2010, ma è solo a metà del 2017 che il caso Adani è  esploso con l’annuncio del presidente del conglomerato Adani dell’avvio formale della costruzione della miniera di carbone Carmichael. Questa è situata nei pressi della Grande Barriera Corallina e sarebbe diventata una delle più grandi al mondo. Le controversie e le proteste sono iniziate immediatamente, anche perché la compagnia ha chiesto miliardi di dollari Australiani in sussidi. Volendoli sintetizzare, i peggiori problemi ecologici del progetto Adani sono:

- il dragaggio del fondo marino fino a 1,1 milioni di metri cubi;

- la produzione di oltre 4,5 miliardi di tonnellate di gas a effetto serra, provenienti dall’estrazione e dalla combustione del carbone;

- l’utilizzo di più di 25 milioni di litri di acqua dolce del Grande Bacino Artesiano, una riserva sempre più in preda alla siccità.

Stop miniera Adani Australia

Il progetto della miniera Adani era stato una dei punti più discussi dell’ultime elezioni federali, a maggio del 2019, poi vinte dai partiti conservatori. Con la vittoria della destra sembrava che il futuro di questa miniera fosse stato assicurato, ma per via di questi enormi incendi degli ultimi mesi, il dibattito sulla miniera Adani è ritornato ad essere discusso ampliamente.

Un punto importante da aggiungere è che la miniera di Adani è solo una delle tante miniere carbonifere che sono pianificate per lo sviluppo nei prossimi anni, alle quali poi vanno sommate le miniere già esistenti in Australia. In altre parole, il carbone è un settore molto importante per l’economia del Paese e perciò c’è una resistenza forte da parte delle imprese dei combustibili fossili contro una politica a favore del clima.