Le demolizioni di Masafer Yatta sono l’ultimo atto di un apartheid che deve finire

La Corte Suprema di Israele ha emesso a maggio una sentenza che apre la strada alla distruzione di otto piccoli villaggi a sud di Hebron. Si tratterebbe, inoltre, della più grande espulsione di massa dal 1948.

4 / 1 / 2023

Svegliarsi con il rumore dei bulldozer che circondano la propria casa o scoprire che hanno già iniziato a demolire la propria scuola è il tipo di paura con cui Masafer Yatta si addormenta e si sveglia. Khirbet al-Fakheet e Jinba sono due dei dodici villaggi che da oltre trent’anni vivono sotto la spada di Damocle dell'Occupazione. Lo scorso 5 maggio la Corte suprema israeliana ha decretato lo sfratto delle comunità palestinesi di otto villaggi, circa 1300 donne, uomini e bambini che da intere generazioni vivono in simbiosi con quelle terre così aspre e rocciose, ma così pregne di storia e significato. Qualora si concretizzasse, si tratterebbe della più grande espulsione di massa dai tempi della Nakba del 1948.

La zona di Masafer Yatta si aggrappa alle basse colline sotto Hebron ed è circondata da strade sterrate e polverose; a chiuderla, a sud, è il muro che ha mangiato ulteriori terre coltivabili e le esercitazioni compiute dall’esercito israeliano, che ha scelto quel territorio perché simile al sud del Libano. 

Sotto occupazione militare israeliana dal 1967, nel 1981 è stata dichiarata unilateralmente zona militare e da allora viene utilizzata come poligono di tiro e per addestramento di truppe e mezzi corazzati. Frequenti sono le incursioni dell’esercito, gli arresti e le intimidazioni, ma anche le demolizioni forzate di tende, abitazioni e infrastrutture. 

Un destino non condiviso con i coloni dei vicini insediamenti illegali israeliani di Avigayll e Maon, che fioriscono grazie all’appropriazione esclusiva delle risorse, a partire da quelle idriche, e si rendono responsabili di numerose aggressioni ai danni della popolazione dei villaggi, soprattutto contadini e pastori. Violenze che non risparmiano nemmeno i bambini. 

Non è facile infatti andare a scuola in quelle zone, ci sono quando non vengono smantellate, come rischiano quelle di Khirbet al-Fakheet e Jinba, mentre lo scorso novembre la triste sorte è toccata alla scuola di Isfey al-Fauqa: era in funzione solo da un paio di settimane e serviva circa 23 studenti dei villaggi circostanti. 

Gli studenti sono spesso costretti a recarsi nelle comunità vicine per ricevere istruzione, distanti almeno quattro chilometri. Durante la stagione delle piogge, i sentieri sterrati diventano inaccessibili, allungando ulteriormente il viaggio. A volte bisogna camminare vicino agli insediamenti e le aggressioni a bambini e attivisti solidali sono talmente brutali che, in seguito a numerose pressioni della società civile e della comunità internazionale, il governo israeliano è stato costretto ad assegnare un veicolo militare affinché accompagni i bambini nel tratto di strada che separa le due colonie, con lo scopo di disincentivare le violenze. Rimosso su decisione del governo di Tel Aviv gli scorsi mesi, “l’accompagnamento” non è mai servito veramente allo scopo decantato: il mezzo militare si è spesso presentato in ritardo o non si è presentato affatto, costringendo i bambini a lunghe attese o a perdere intere giornate di lezioni. In altre occasioni le aggressioni dei coloni si sono verificate indisturbate, senza che i militari intervenissero.

Con l’affacciarsi del 2023 è arrivato anche l’ultimatum alla comunità di Masafer Yatta: duecento famiglie verranno sfrattate, quasi novecento strutture demolite, tra cui case, recinti per il bestiame, scuole, cliniche, moschee, cisterne d'acqua e latrine. 

Il capo del Consiglio del villaggio di Masafer Yatta, Nidal Younis, ha dichiarato che le autorità di occupazione israeliane hanno deciso di effettuare lo sgombero dell’area, sottolineando anche che l'AP non ha fornito dettagli sull'ora e la data. A niente sono serviti tutti i ricorsi - da maggio in poi - degli avvocati che rappresentano gli abitanti di Masafer Yatta. 

C’è anche un altro aspetto. Per generazioni, le grotte sono state le uniche case per gli abitanti di Masafer Yatta, ancora oggi alcune sono ancora abitate, ed è per questo che c'è un legame così forte con esse, tanto da ricoprire il ruolo di "spazi sicuri", luoghi in cui trasmettere le tradizioni del passato alle nuove generazioni, rifugi dove andare quando il resto degli edifici vengono rasi al suolo. 

Il tradizionale stile di vita seminomade di quest'area è minacciato anche dai cambiamenti sociali e culturali che avvengono di generazione in generazione. Gran parte dei giovani palestinesi si sono trasferiti nella città di Yatta, a nord-ovest di Masafer Yatta. Altri si sono trasferiti in città come Hebron, Betlemme e Ramallah per studiare o lavorare. 

"Il momento più terrificante è quando non si ha la garanzia di avere una casa", assieme alle ripetute ondate di violenza dei coloni nasce però anche la resistenza popolare, che altro non è che l’affermazione stessa di esistere da parte di questa comunità e di lottare con efficacia per i propri diritti. Youth of Sumud, che organizza manifestazioni e forme di resistenza non violenta, esprime proprio quella forte volontà di non abbandonare le proprie terre, la propria storia e la propria cultura.

Come spiega Mariam Barghouti in un editoriale di fine anno, c’è un bilancio da fare su questo 2022 appena passato, un anno di resistenza frutto di un decennio di preparazione. È stato preceduto da diverse rivolte popolari (o, in arabo, habbat sha'biyya) che sono state costellate da proteste di massa e da numerose iniziative individuali; ma il 2022 è stato un momento di svolta, quello nel quale si deve andare oltre alla disinvoltura dei media main stream che parlano di “conflitto” e riconoscere che il sionismo altro non è che un progetto coloniale che vuole essere costantemente in guerra con il popolo palestinese.

Nell'ultimo anno, in Cisgiordania, si è assistito alla nascita di nuovi gruppi armati organizzati, attivi soprattutto nelle città di Nablus e Jenin e accompagnati da una serie altrettanto formidabile di attacchi di "lupi solitari" contro obiettivi militari israeliani e di coloni. La risposta del governo israeliano è stata quella di lanciare una campagna militare ad ampio raggio in tutta la Cisgiordania, con l'obiettivo di spezzare la schiena alla resistenza palestinese. L'esercito israeliano l’ha battezzata "Operazione Break the Wave". 

L'ascesa dell'estrema destra e l'emergere di Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich come nuovi protagonisti della politica israeliana, mostra al mondo il vero volto del sionismo. E ci sono diversi eventi che lo rendono palese: dall'intensificarsi degli attacchi dei coloni contro i palestinesi durante tutto l'anno; dalle sentenze che sanciscono la confisca delle terre palestinesi; dalla pulizia etnica di comunità come quelle di Masafer Yatta.

L'esercito israeliano non si è limitato a colpire i gruppi armati di Nablus e Jenin, ma ha mirato a colpire e ferire tutta la società palestinese. Durante ogni incursione nelle città e nei villaggi palestinesi, l'esercito israeliano ha ripreso la sua decennale politica di uccisioni extragiudiziali. Sono tanti i civili caduti, sono tanti i giovani e addirittura i bambini.

Ma se la resistenza palestinese ci insegna qualcosa, è che chi abita da sempre quelle terre non accetterà mai la mera sopravvivenza sotto il colonialismo. L’attacco a Masafer Yatta è solo l’ultimo esempio di un apartheid che deve finire.