Le lotte come scuola

11 / 10 / 2022

La decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti sulla criminalizzazione dell'aborto stimola un dialogo transfrontaliero tra le lotte femministe del nord e del sud del continente. Un articolo di Susana Draper e Veronica Gago, originariamente pubblicato su Jacobinlat.com, traduzione a cura di Denise Rigo.

“Aborto legale a livello mondiale!”, è stato il canto predominante qualche giorno fa di fronte all’ambasciata degli Stati Uniti a Buenos Aires. I fazzoletti verdi hanno occupato le strade, sono tornati ad scoppiare i petardi e a circolare vari cartelloni in inglese scritti a mano (“Abort capitalism!”, “Abort the court!”) con una forte caratterizzazione abortista, antimperialista e contro la corporazione giudiziaria.

Non c'è da stupirsi: le decisioni della Corte Suprema degli Stati Uniti circa il libero possesso di armi in spazi pubblici e la penalizzazione dell’aborto portano alla costruzione di un dialogo che va al di là delle frontiere circa le lotte dei femminismi che stanno investendo l’America Latina e la necessità di attivare nuove chiavi comuni per far fronte a quello che sta accadendo in questi tempi reazionari di stampo patriarcale, conservatore e neoliberale.

Infatti, durante le mobilitazioni di lunedì 4 luglio, a "interrompere" la festa più importante degli Stati Uniti sono state le proteste contro la criminalizzazione dell'aborto, che si sono svolte in tutto il Paese.

Infatti, durante le mobilitazioni di lunedì 4 luglio, a "interrompere" la festa più importante degli Stati Uniti sono state le proteste contro la criminalizzazione dell'aborto, che si sono svolte in tutto il Paese. 

Ad Akron, in Ohio, sono confluite anche le proteste di #BlackLivesMatter, dopo che sono state rese pubbliche le informazioni sull'omicidio di Jayland Walker, un venticinquenne nero che il 27 giugno è passato con il rosso ed è stato colpito sessanta volte da otto agenti di polizia che "pensavano fosse armato". 

Le critiche sulla decisione del libero porto d'armi sono state nuovamente al centro del dibattito il 4 luglio, quando una persona ha sparato diversi colpi di pistola a un corteo a Chicago, causando sei morti e circa ventiquattro feriti. 

Diverse manifestazioni femministe avevano già annunciato l’hackeraggio della data: “il 4 luglio è stato cancellato vista la mancanza di Indipendenza. Saluti, le donne”, recitava uno dei manifesti; un altro invitava a non utilizzare i colori della bandiera (rosso, bianco e blu) e a utilizzare solamente il verde in tutto il paese; ogni appello sottolineava la necessità di occupare le strade: #GetInTheStreet, #StayInTheStreet.

Da Riseup4abortionrights a Los Angeles, sono stati lanciati sui social media volantini che invitavano le compagne del sud del continente a condividere le loro storie di lotta per l'aborto libero da leggere durante gli eventi e a tracciare una zona di apprendimento, un riverbero orale delle strategie che mettono in moto le pedagogie femministe. 

"Nessuna giustizia riproduttiva senza la fine della violenza della polizia", uno degli slogan lanciati da diversi gruppi del femminismo nero, è forse una delle migliori sintesi per intravedere la logica di collegamento delle lotte che è necessaria in un momento urgente come quello attuale. Con questo vogliamo sottolineare diversi aspetti. Da un lato, che le intense discussioni contro le armi e contro la violenza delle forze dell’ordine delle settimane precedenti la decisione della corte di garantire il loro “libero” possesso in luoghi pubblici e di penalizzare il diritto all’aborto, hanno ricevuto una sconvolgente continuità nei giorni successivi.

Ciò che viene legiferato ha un impatto immediato su ciò che viene attivato nelle strade. 

Nel frattempo, dall'altra parte, il movimento femminista dell'America Latina, protagonista della marea verde, è diventato una presenza chiave nelle manifestazioni statunitensi attraverso i foulard verdi e nei tentativi di ricreare azioni coordinate.

Cosa possiamo leggere in ciò che sta accadendo e come possiamo rafforzare sequenze di analisi collettiva che ci permettano di immaginare come ribaltare le decisioni della Corte e anche alimentare un movimento popolare femminista transfrontaliero a livello emisferico? Come possiamo affrontare questa associazione patriarcale tra la liberalizzazione delle armi e la criminalizzazione dell'aborto, quando entrambe mirano direttamente alla persecuzione delle donne e delle persone razzializzate? Che effetti di empowerment e legittimazione delle destre su altre latitudini provoca questa ondata anti diritti?

Non possiamo non citare lo scandalo di poche settimane fa in Brasile, denunciato dalle compagne di Portal Catarinas, quando la giudice Joana Ribeiro Zimmer della Corte di Giustizia di Santa Catarina (TJSC) ha cercato di convincere una ragazzina di 11 anni violentata a non abortire (quando in quel Paese l'aborto è legale per stupro) e ha ordinato di collocarla in una "casa di accoglienza" per minori per impedirle di abortire. L'indignazione è diventata virale con l'hashtag "Criança não é mãe" e alla fine è stato praticato l'aborto, che il presidente Bolsonaro ha definito "inammissibile". Ma questo episodio è stato utilizzato per diffondere, in un'udienza pubblica convocata dagli organi amministrativi federali, discorsi che descrivono le donne come "bugiarde e assassine" o che "concepiscono i bambini ballando il funk". L'udienza, a cui la società civile non ha potuto partecipare, è diventata uno spazio per la propaganda antiabortista.

Siamo arrivate a questo punto per scrivere: vogliamo approfondire la dimensione internazionalista che il movimento ha sviluppato negli ultimi anni per comprendere la portata globale della controffensiva, elaborare ciò che può essere attivato nella situazione attuale e proporre chiavi di lettura dell'esperienza organizzativa come terreno comune. Come si esprime questo internazionalismo? Come si costruiscono e sostengono le alleanze? 

Vogliamo sottolineare come la lotta per il diritto all'aborto, che ha ottenuto recenti vittorie in Colombia, Argentina e Messico, e che ha fatto importanti passi avanti nel quadro della riforma costituzionale in Cile, funzioni come forza di connessione tra le lotte, e non come semplice rivendicazione ammantata di diritti di proprietà sul corpo individuale. Vogliamo indagare se questa chiave di connessione e mobilitazione sia quella che si sta iniziando a sperimentare negli Stati Uniti, che si presentano in modo particolare: imparando dal Sud del mondo e, allo stesso tempo, collegandosi a una lunga lotta sotterranea in quel Paese contro la sorveglianza e la criminalizzazione sistematica di alcune vite e comunità.

Abbiamo vissuto un’inversione epistemica: dalle nostre geografie del sud sono emersi saperi organizzativi che possono leggersi alla luce delle vittorie verdi nella cornice della massificazione del femminismo in relazon agli scioperi dell’ 8M, che si intrecciano e sviluppano nei sindacati, coordinamenti popolari, movimenti sociali, collettivi migranti, iniziative territoriali, etc... Le azioni e i desideri che sta generando il movimento femminista si ricollegano anche a una saga di lotte e proteste (come le rivolte in Cile, Colombia e Ecuador e in altri molteplici conflitti meno visibili sulla stampa) che aggiornano sia la sua capacità internazionalista sia la sua versatilità ad agire su più livelli contemporaneamente: di strada, legislativo, sindacale, elettorale, giudiziario.

È in queste capacità che dobbiamo cercare le ragioni per cui oggi la negazione del diritto all'aborto è diventata la punta di diamante di un più ampio taglio dei diritti e delle risorse pubbliche per renderli accessibili.

Impoverire, indebitare, vigilare e criminalizzare.

Silvia Federici dice a proposito dell'attuale situazione negli Stati Uniti: “La guerra contro le donne è un punto centrale nell’attuale momento del neoliberalismo. Perché chi controlla il procedimento di riproduzione, controlla le forme dello sfruttamento”. 

Le immagini che ha raccolto nella sua ricerca storica sulla caccia alle streghe hanno un remake nel XXI secolo, che ancora una volta nega la progressività dei diritti, le loro conquiste definitive.

Scopriamo anche che, come ha rivelato la legislazione antiabortista del Texas, si sta rafforzando un sistema di sorveglianza capillare che non si limita a perseguire la persona che abortisce, ma incoraggia la segnalazione di un'intera rete di potenziali complici che diventano soggetti criminalizzabili. In questo senso, si sta rafforzando una cultura basata sul sospetto, sul controllo e sulla denuncia, comprese le modalità con cui vengono perseguite tutte le informazioni registrate nelle app per la fertilità, l'ovulazione e il ciclo mestruale.

Di fronte alla crescente precarietà della vita, i femminismi popolari del Sud hanno messo al centro la riproduzione sociale. Allo stesso modo, scopriamo che negli Stati Uniti ciò è avvenuto a partire dalla trasformazione delle narrazioni e nei limiti in cui si inscrive l'attuale lotta contro l'abolizione dei diritti all'aborto. Parlando di "giustizia riproduttiva" e non solo di diritti, si genera un cambiamento nel pensare alla riproduzione in senso ampio, collegandola al lavoro (retribuito e non), alle migrazioni, ai territori della precarietà e alle forme di aggressione sistemica implicite nella violenza neoliberale.

Come spiega Loretta Ross, una delle fondatrici storiche di SisterSong, la giustizia riproduttiva apre un campo di analisi che fa riferimento al diritto all'autonomia, compreso il diritto di avere o non avere figli e il diritto alla maternità all'interno di comunità sostenibili e salutari.  Anche in questo caso, ciò ci permette di allontanarci dall'inquadramento più liberale dell'aborto come "scelta" individuale e come diritto che può essere isolato dagli altri. Nel corso dei decenni, le discussioni e le prospettive hanno gradualmente preso altre direzioni con gli interventi dei femminismi neri, che hanno ampliato e collegato i modi di comprendere tutto ciò che è in gioco quando si parla di "riproduzione".

Fazzoletti verdi e fazzoletti bianchi

In un momento in cui l'estrema destra conservatrice avanza e prende di mira i corpi delle donne, delle lesbiche, en travestì, delle persone trans e non binarie, crediamo che queste connessioni, pur collegando storie specifiche di territori diversi, esprimano la forza di un internazionalismo che si manifesta nella quotidianità di ogni lotta. Scendere in piazza con il verde esprime una lotta femminista che va oltre il territorio e ci sostiene in una rete di solidarietà internazionale che, speriamo, sia solo all'inizio. 

Il fazzoletto bianco de Las Madres de Plaza de Mayo è un simbolo mondiale della lotta di queste donne contro il terrorismo di Stato dell’ultima dittatura militare-civile-politica-clericale in Argentina (1976-1983), nella quale il ruolo della CIA è stato fondamentale per il coordinamento della repressione a livello locale e regionale. Tale semplice capo, fatto inizialmente con un pannolino di stoffa, le ha rese icone della resistenza.

Con la massificazione del femminismo, la rivendicazione de las Madres e de las Abuelas è diventata un elemento chiave in quanto traccia genealogie con quella linea storica di politicizzazione delle appartenenze e degli affetti, di rivendicazione dell radicalità e della loro tenacia nel chiedere memoria, verità e giustizia. La Campagna Nazionale per il Diritto all’Aborto, nel momento in cui si popolarizza e diventa la marea verde nel 2018, ha trovato nella moltiplicazione del fazzoletto verde un simbolo fondamentale. La connessione tra questi due colori costruisce una traiettoria particolare, sinuosa, dove il fazzoletto verde oltre al diritto all’aborto si ricollega all’idea che “la maternità sarà desiderata o non sarà”.

Negli Stati Uniti, la sequenza del fazzoletto bianco-verde può relazionarsi con ciò che le mobilitazioni delle madri di figli assassinati dalla violenza delle forze dell’ordine hanno sollevato, collegando la giustizia riproduttiva con la lotta contro la violenza della polizia che, come afferma Monica Raye Simpson, "distrugge intere famiglie e ruba i figli delle famiglie nere". Le manifestazioni contro la penalizzazione dell’aborto e contro l’omicidio di Walker commesso dalla polizia di Akron hanno esplicitato tale connessione.

Questo è un punto chiave, dato che è nell’ambito di lotta della giustizia riproduttiva che si è resa visibile la situazione di vigilanza, criminalizzazione e precarizzazione della vita delle donne povere e razzializzate per poter avere figli e portare avanti una vita dignitosa all’interno di comunità sostenibili. Collegando le discussioni sull'aborto a una dimensione collettiva e di classe, come è stato fatto in America Latina, l'obiettivo è anche quello di mostrare come le politiche economiche del capitalismo razzializzato abbiano limitato la possibilità di maternità per le donne più impoverite, segnando esplicitamente i confini di classe e razziali su cui le "infanzie" sono protette.

Da un lato, le diverse leggi sul "feticidio" che hanno iniziato a essere elaborate in diversi Stati conservatori hanno generato un assedio sistematico alla vita di migliaia di donne che, se perdevano la gravidanza, potevano essere condannate a decenni di carcere.  Il pamphlet "The Criminalisation of Pregnancy: A War on Reproduction" (La criminalizzazione della gravidanza: una guerra alla riproduzione), creato dal Feminist Research on Violence, descrive in dettaglio l'intensificarsi delle politiche legali incentrate sul controllo e sulla criminalizzazione della vita di milioni di donne razzializzate e impoverite dalle logiche neoliberali.  

D'altra parte, non è un caso che un'altra delle azioni previste per il 4 luglio sia stata indetta presso l'edificio dell'ufficio della polizia per l'immigrazione a New York con lo slogan “Reproductive Justice means Immigrant Rights” ("Giustizia riproduttiva significa diritti degli immigrati"). Che la giustizia riproduttiva significhi diritti per i migranti rimette al centro la riproduzione, poiché quali condizioni materiali per la riproduzione della vita sono rese possibili da un sistema che opera dall'espropriazione multipla del territorio, della casa, del cibo, delle cure mediche, ecc? In che modo la criminalizzazione dell'aborto si collega alla lunga storia di sterilizzazione forzata di donne nere e e non solo nelle carceri, con il caso reso pubblico due anni fa della pratica di sterilizzazione forzata di donne migranti nelle carceri dell'ICE a Irwin County, in Georgia?

Sono queste connessioni che devono essere rafforzate nella pratica politica della costruzione di alleanze. Spesso, però, vengono subordinate quando l'attivismo (di solito le organizzazioni più consolidate) si concentra sulla raccolta di fondi, sulle feste di gala, perdendo il legame con le basi. Come ha scritto di recente Judith Butler a proposito delle argomentazioni del tribunale: "Se la destra ci riunisce come bersaglio più efficacemente di quanto ci riunisca in un movimento, allora siamo perdute".

Potremmo anche metterla così: la controffensiva patriarcale, conservatrice e neoliberale ci legge a partire dai nostri elementi comuni; privilegia - in termini di trasformazione in "minacce e nemici" - ciò che rivendichiamo come sovversione di un ordine classista, razzista e patriarcale. È qui che dobbiamo imparare una lezione fondamentale dai movimenti del Sud del mondo: la loro capacità di articolare, comporre e sostenere contemporaneamente diversi livelli di azione, ma sapendo sempre che sono le mobilitazioni di strada e il lavoro di base a poter alterare gli equilibri di potere, quello capace di esprimersi in alleanze concrete e trasversali.

Immagine di copertina: manifestazione davanti alla Corte Suprema di Washington DC. il 24 giugno 2022. (Foto: Brandon Bell / Getty Images).