Le soulèvement finale

Speciale "Le Père Duchesne: uno sguardo sulla Francia”: intervista ad attivist* di Les Soulèvements de la Terre in vista delle mobilitazioni del 25 e 26 marzo a Poitou.

23 / 3 / 2023

Il 25 e 26 marzo sono previste a Poitou, nella Francia Nord-Occidentale, due giornate di mobilitazione internazionale contro la costruzione dei mega-bacini e in difesa dell’acqua. La manifestazione, alla quale parteciperà una nutrita di delegazione di Rise Up 4 Climate Justice e dei Centri Sociali del Nord-Est è stata lanciata dal movimento sociale e ambientale Les Soulèvements de la Terre. Per questa occasione nella rubrica “Le Père Duchesne: uno sguardo sulla Francia”, a cura di Athénaïs Gauthier Hagry, viene pubblicata un’intervista ad alcun* attivist* di questo movimento, che si descrive come "un tentativo di costruire una rete di lotte locali e allo stesso tempo di stimolare un movimento di resistenza e di ridistribuzione delle terre su scala più ampia". Les Soulèvements de la Terre ha preso in eredità la ventennale lotta contro la costruzione dell'aeroporto internazionale di Notre-Dame-des-Landes.

Qual è secondo voi il legame tra i nuovi movimenti ecologisti e le ZAD? Le battaglie ecologiste degli ultimi anni sono riuscite a creare un collegamento tra le lotte ambientaliste territoriali, i sindacati e movimenti sociali più ampi?

Le marce per il clima del 2019 hanno portato in primo piano la questione globale, evidenziando la consapevolezza del cambiamento climatico sostenuto dai rapporti scientifici e la necessità di un'azione forte da parte soprattutto dei governi. Molto presto, queste marce si sono scontrate con una forma di impotenza, poiché l'energia dei giovani delle città non è stata sufficiente da sola a far piegare i politici su questi temi. A quel punto, credo che ci sia stata la consapevolezza che le richieste da sole non erano efficaci e che era necessario "piegare" i politici. E di conseguenza costruire nuovi rapporti di forza per poter ottenere dai politici ciò che chiedevamo.

Le lotte territoriali, che sono sempre esistite ovunque e che hanno attraversato diversi momenti storici, sono state un punto di ancoraggio per gran parte di questi giovani, nel momento in cui le marce per il clima stavano esaurendo il loro portato di massa. Ma è soprattutto una questione strategica. Nell'ambito delle rivolte per la terra, non invochiamo necessariamente un'azione globale, questo termine non ha molto senso per noi.

Cosa significa azione globale? Una moltitudine di azioni o gesti sparsi che sarebbero validi su scala planetaria? Tuttavia, il nostro approccio è quello di rendere visibili le dinamiche generali di distruzione e accaparramento della terra che sono alla base di ogni progetto infrastrutturale e mostrare come una lotta localizzata non riguardi solo quelli che vivono nella porta accanto.

Ogni progetto infrastrutturale che cementifica o consegna terreni coltivabili all'agricoltura industriale fa parte di una logica che è la stessa: l'ottimizzazione della produzione per ottenere profitti, l'ottimizzazione del movimento di merci e persone per ottenere profitti. La lotta contro i meba-bacini è emblematica di questa logica, perché è la soluzione fornita dal governo e dall'agroindustria per salvare il modello produttivista, ma soprattutto è un progetto per costruire riserve in una regione di prova, in modo che in seguito più di mille progetti possano nascere ovunque in Francia, e non solo. È quindi molto importante che la dinamica di lotta locale nella regione Poitou Charente sia sostenuta  dal maggior numero possibile di persone.

La convergenza tra questioni ambientali e sociali è stata sempre più visibile nelle mobilitazioni contro la riforma delle pensioni. Infatti, associazioni come Greenpeace, Extinction Rebellion e Friends of the Earth hanno partecipato alle manifestazioni. Come percepite questa partecipazione? Come la difesa dell'ambiente è legata alle pensioni e in generale alle tematiche sociali? Si può immaginare, ad esempio, che movimenti sociali come i Gilet Gialli, Greenpeace e il collettivo NousToutes si uniscono alle vostre manifestazioni? 

In questo senso, le risorse umane si stanno esaurendo come le risorse cosiddette "naturali". Oggi esiste un senso comune che si sti muovendo per comprendere e collegare le logiche estrattiviste e produttive del liberismo da un punto di vista sociale ed ecologico.

Vogliamo davvero decompartimentare le lotte ambientaliste da un quadro troppo rigido di difesa del territorio, vogliamo divulgare queste lotte e metterne in evidenza il carattere sociale. Inoltre, pensiamo che questo sia il modo per sperare di ottenere qualche vittoria. È quello che è successo alla ZAD di Notre Dame des Landes, quando persone provenienti da tutto il Paese sono venute a difendere questo pezzo di terra, e sindacalisti, contadini e attivisti di vari movimenti hanno portato avanti la lotta insieme.

Collettivi e organizzazioni sindacali che non lottano direttamente per le questioni ambientali stanno già partecipando alle nostre mobilitazioni. Lo dimostra l'appello per la manifestazione del 25 marzo: più di 150 collettivi e organizzazioni hanno aderito all'appello. Tra questi, ci sono la CGT, i sindacati SUD/Solidaires, ecc.

Per i Gilets Jaunes il discorso è un pò diverso, perchè non sono un'organizzazione in quanto tale, ma sono ovunque. Hanno partecipato dall’inizio alle nostre mobilitazioni anche perché durante il movimento dei Gilet Gialli vero e proprio - nel 2018/2019 - c'è stata una politicizzazione della questione ambientale dal punto di vista della classe operaia. C'è stato un rifiuto di pagare la « transizione » ambientale imposta dal potere, ma anche una consapevolezza e un'apertura alle lotte ambientaliste.

Sulle questioni intersezionali, in particolare con i movimenti femministi e queer, i legami esistono ma devono ancora essere costruiti nel discorso. Nella pratica, invece, le nostre forme di organizzazione interna e il modo in cui organizziamo i nostri eventi sono molto mutuati da ciò che le questioni femministe ci insegnano. Sulla questione dell'assistenza, della prevenzione delle aggressioni, ecc. c'è un intero polo di "retroguardia" per il fine settimana del 25 marzo che è stato creato e che è davvero sostanzioso.

Il mese scorso siete stati in Italia per incontrare diverse organizzazioni di movimento. Vedete la necessità di creare coalizioni europee sui temi della giustizia ambientale e sociale? Pensate sia possibile immaginare una piattaforma contro le politiche neoliberali dell'Unione Europea?

Abbiamo girato in Italia per incontrare le realtà vicine e discutere la nostra strategia in una dinamica di condivisione sui temi dell'ecologia radicale oggi. Cosa significa lottare contro la distruzione del suolo? Cosa significa lottare insieme e non ognuno nella propria lotta? Come accogliere una diversità di tattiche che si rivolge ad azioni comuni assunte da tutti? Come possiamo davvero bloccare e disarmare il modello produttivo che vogliamo cambiare? Come possiamo prendere decisioni collettive su un calendario di azioni che ci permetta di aumentare l'equilibrio generale del potere sulla questione del land grabbing?

Non crediano che la nostra idea sia quella di creare una coalizione o una piattaforma europea. Non vogliamo che le nostre organizzazioni siano troppo grandi e troppo generiche, perché pensiamo che se lo diventassero finirebbero per neutralizzarsi. Vogliamo invece che fioriscano movimenti coerenti e offensivi nei confronti di chi da vita a progetti deleteri per il nostro pianeta. La nostra idea è quella di condividere la nostra esperienza e i nostri obiettivi strategici, in modo che le dinamiche sorelle possano emergere al di là della Francia. E naturalmente vorremmo essere in stretto contatto con queste dinamiche.

Il 25 e 26 marzo avete promosso la mobilitazione per la difesa dell'acqua nella regione del Poitou (in Francia). L'obiettivo di questa manifestazione è lottare contro i mega-bacini che attingono alle falde acquifere, che descrivete come "giganteschi crateri di una decina di ettari, riempiti attingendo alle falde acquifere, sono diventati il simbolo di un disadattamento al cambiamento climatico". L'obiettivo della manifestazione è quello di fermare i progetti di bacino la loro costruzione, a Sainte-Soline, Mauzé-sur-le-Mignon e altrove. Cosa può aprire questa manifestazione? Ritenete che il sostegno della comunità internazionale sia essenziale?

A seguito delle mobilitazioni e del lavoro di controinchiesta che è stato fatto sulla questione dei megabacini, il progetto in quanto tale è in « cattive acque ». La siccità del 2022 e quella annunciata per il 2023 non aiutano la situazione, perché gli agricoltori irrigui capiscono che probabilmente non riusciranno a riempire le loro riserve. L'acqua non è sufficiente ed è gestita male, quindi dobbiamo cambiare il modello agricolo. Sempre più persone si rendono conto che i bacini idrici sono solo un cerotto a breve termine per mantenere i livelli di irrigazione e di produzione, ma che non funzioneranno a lungo con l'attuale siccità. L'obiettivo della manifestazione è quello di evidenziare questi problemi in modo lampante. E anche di bloccare gli attuali cantieri e dissuadere dall'avviarne di nuovi. Il costo della messa in sicurezza dei cantieri è colossale e scommettiamo che a lungo termine non sarà sostenibile per loro. Si chiede una moratoria sui progetti di mega-piscine e un cambiamento del modello agricolo. La dimostrazione potrebbe portare a questa moratoria e all'arresto dei progetti attuali e futuri.

I problemi legati all'acqua sono internazionali, è un bene comune che è stato monopolizzato e minacciato per molti anni in diversi Paesi. Vogliamo creare legami a livello internazionale su questo tema, ma anche condividere le realtà qui con quelle altrove. È un tema importante per noi.