L’emergenza virale e il mondo di domani

I paesi asiatici stanno gestendo la crisi meglio che l’Occidente. Mentre lí si lavora con dati e mascherine, qui si é arrivati tardi e si chiudono le frontiere.

1 / 4 / 2020

Riceviamo e pubblichiamo la traduzione integrale di un articolo di Byung-Chul Han - filosofo sud-coreano, a cura di Fabio Gatti, precedentemente pubblicato sul quotidiano spagnolo El País il 22 marzo 2020.

Il coronavirus sta mettendo alla prova il nostro sistema. A quanto pare, l’Asia sembra avere più sotto controllo la pandemia dell’Europa. Ad Hong Kong, Taiwan e Singapore ci sono molti pochi infetti. A Taiwan si registrano 108 casi e ad Hong Kong 193. In Germania, al contrario, dopo un ben più breve periodo di tempo ci sono già 15320 casi confermati, e in Spagna 19980 (dati del 20 marzo 2020). Anche la Corea del Sud ha superato la fase più critica, così come il Giappone. Perfino la Cina, il paese di origine di questa pandemia, sembra avere la situazione abbastanza sotto controllo. Tuttavia, è bene ricordarlo, né in Taiwan né in Corea è stato decretato il divieto di uscire di casa, né sono stati chiusi negozi e ristoranti. Nel frattempo, è cominciato un esodo di asiatici in uscita dall’Europa. Cinesi e coreani vogliono ritornare nei propri paesi, perché lì si sentono più sicuri. I prezzi dei voli sono saliti alle stelle. Quasi non si riesce a trovare un biglietto per un volo verso la Cina o la Corea.

L’Europa sta fallendo. I numeri delle infezioni aumentano esponenzialmente. Sembra che l’Europa non riesca a controllare la pandemia. In Italia, muoiono ogni giorno centinaia di persone. Vengono tolti i respiratori agli anziani per aiutare i giovani. Però è anche il caso di osservare un eccesso di reazioni inutili. La chiusura delle frontiere è evidentemente una espressione disperata di sovranità. Veniamo riportati all’epoca della sovranità. È il sovrano colui che decide sullo stato di emergenza. È sovrano chi chiude i propri confini nazionali. Però si tratta di una esibizione di sovranità vuota, che non serve a nulla. Sarebbe molto più di aiuto cooperare intensamente all’interno dell’Eurozona piuttosto che chiudere le frontiere all’impazzata. Nel frattempo, l’Europa ha anche vietato l’entrata agli stranieri: un atto completamente assurdo visto che l’Europa è esattamente il posto in cui nessuno, in questo momento, vuole venire. Al massimo sarebbe sensato vietare il movimento degli europei verso altri paesi, per proteggere il mondo dall’Europa. In fin dei conti è l’Europa, in questo momento, il centro della pandemia.

I vantaggi dell'Asia

In confronto all’Europa, quali vantaggi offre il modello asiatico in termini di efficienza per combattere la pandemia? Gli stati asiatici come Giappone, Corea, Cina, Hong Kong e Singapore hanno una mentalità autoritaria, che deriva dalla loro tradizione culturale (confucianesimo). Le persone sono meno riluttanti e più obbedienti che in Europa. Confidano di più nello Stato. E in Corea o in Giappone, così come in Cina, la vita quotidiana è organizzata in maniera molto più rigida che in Europa. Ma soprattutto, per affrontare il virus gli asiatici hanno scommesso fortemente sulla vigilanza digitale. Sospettano che nei big data potrebbe nascondersi un enorme potenziale per difendersi dalla pandemia. Potremmo dire che in Asia le epidemie non vengono combattute solo dai virologi e dagli epidemiologi, ma anche e soprattutto dagli informatici e dagli specialisti in macro dati. Un cambio di paradigma del quale l’Europa ancora non si è accorta. Gli apologeti della vigilanza digitale proclamerebbero che i big data salvano vite umane.

Le posizioni critiche di fronte al tema della vigilanza digitale in Asia sono praticamente inesistenti. Si parla appena di protezione dei dati personali, perfino negli stati più liberali come Giappone e Corea. Nessuno si arrabbia per la frenesia delle autorità nel raccogliere dati. Nel frattempo, la Cina ha introdotto un sistema di “credito sociale” che permette una valutazione completa dei cittadini inimmaginabile per gli europei. Ad ogni cittadino viene dato un punteggio in base alla propria condotta sociale. In Cina non esiste nessun momento della vita quotidiana che non sia soggetto a osservazione. Si controlla ogni clic, ogni acquisto, ogni contatto, ogni attività nelle reti sociali. A chi attraversa con il semaforo rosso, interagisce con individui critici nei confronti del regime o scrive commenti critici nelle reti sociali vengono sottratti punti. Per questi individui, la vita può arrivare ad essere molto pericolosa. Al contrario, a chi compra mediante internet alimenti salutari o legge quotidiani affini al regime, vengono dati punti. Colui il quale raggiunge un sufficiente numero di punti ottiene un visto di viaggio o crediti a tassi agevolati. Chi invece si trova al di sotto di una certa soglia di punteggio potrebbe perdere il posto di lavoro. In Cina questa vigilanza sociale è possibile perché esiste un illimitato scambio di dati tra i fornitori di servizi internet e di telefonia mobile, e le autorità. La protezione dei dati praticamente non esiste. Nel vocabolario dei cinesi non compare il termine “sfera privata”.

In Cina esistono 200 milioni di videocamere di vigilanza, molte delle quali utilizzano una efficiente tecnica di riconoscimento facciale. Sono in grado di identificare persino i nei del volto. È impossibile sottrarsi a queste videocamere. Dotate di intelligenza artificiale, possono osservare e valutare il comportamento di tutti i cittadini nello spazio pubblico, nei negozi, nelle strade, nelle stazioni e negli aeroporti.

Tutta questa struttura per la vigilanza digitale è risultata essere, in questo momento, estremamente efficace per il contenimento dell’epidemia. Quando qualcuno esce dalla stazione di Pechino viene automaticamente catturato da una telecamera che misura la sua temperatura corporea. Se la temperatura è preoccupante, tutte le persone che erano sedute nello stesso vagone ricevono una notifica sul proprio cellulare. Non sorprende che il sistema sappia chi era seduto dove, nel treno. Le reti sociali raccontano che si stanno utilizzando anche droni per controllare le quarantene. Se qualcuno interrompe clandestinamente la quarantena, un drone si dirige volando verso di lui e gli ordina di rientrare a casa. Forse addirittura gli fa una multa e gliela lascia cadere al suolo, chi lo sa. Una situazione che per gli europei potrebbe tranquillamente definirsi distopica, ma alla quale a quanto pare non viene opposta alcuna resistenza in Cina.  

Né in Cina né in altri stati asiatici come Corea del Sud, Hong Kong, Singapore, Taiwan o Giappone esiste una coscienza critica di fronte alla vigilanza digitale o ai big data. La digitalizzazione li ubriaca direttamente. Questo ha a che vedere anche con un motivo culturale: in Asia prevale il collettivismo. Non esiste un individualismo accentuato. Individualismo ed egoismo non sono la stessa cosa; ovviamente anche l’egoismo è molto diffuso in Asia.

A quanto pare i big data risultano essere più efficaci per combattere il virus dell’assurda chiusura delle frontiere che in questo momento si sta effettuando in Europa. Tuttavia, a causa della protezione dei dati in Europa risulta impossibile una lotta digitale al virus comparabile a quella asiatica. Gli operatori di telefonia mobile e di servizi internet cinesi condividono i dati sensibili dei propri clienti con i servizi di sicurezza e i ministeri della Sanità. Lo Stato pertanto sa dove sono, chi incontro, cosa faccio, cosa cerco, cosa penso, cosa mangio, cosa compro, dove sto andando. È possibile che in futuro lo Stato arrivi a controllare la mia temperatura corporea, il livello di zucchero nel sangue, e molto altro. Una biopolitica digitale che affianca la psicopolitica digitale che controlla attivamente le persone.

A Wuhan, sono state messe in piedi migliaia di squadre investigative digitali per cercare potenziali persone infette basandosi esclusivamente su dati tecnici. Basandosi esclusivamente sull'analisi dei big data, scoprono chi è potenzialmente infetto, chi deve essere tenuto sotto osservazione e infine messo in quarantena. Anche per quanto riguarda la pandemia, il futuro sta nella digitalizzazione. In vista dell'epidemia, forse dovremmo ridefinire anche la sovranità. È sovrano chi ha dati. Quando l'Europa proclama uno stato di allarme o chiude i confini, continua ad aggrapparsi ai vecchi modelli di sovranità.

Non solo in Cina, ma anche in altri paesi asiatici, la sorveglianza digitale è ampiamente utilizzata per contenere l'epidemia. A Taiwan, lo Stato invia simultaneamente a tutti i cittadini un SMS per localizzare le persone che hanno avuto contatti con persone infette o per informare di luoghi ed edifici in cui le persone sono state infettate. Già in una fase molto precoce, Taiwan ha utilizzato una connessione dati per individuare possibili persone infette in base ai viaggi che avevano effettuato. In Corea, chiunque si avvicini a un edificio in cui è stata una persona infetta riceve un segnale di allarme attraverso l'app "Corona". Tutti i luoghi in cui sono stati degli infetti sono registrati nell'applicazione. La protezione dei dati e la sfera privata non sono particolarmente prese in considerazione. Le telecamere di sorveglianza sono installate su ogni piano di ciascun edificio in Corea, in ogni ufficio o in ogni negozio. È praticamente impossibile muoversi negli spazi pubblici senza essere filmato da una videocamera. Con i dati del telefono cellulare e il materiale filmato tramite video, è possibile creare il profilo di movimento completo di una persona infetta. I movimenti di tutti gli infetti sono pubblicati. Può succedere che gli affari segreti vengano scoperti. Negli uffici del Ministero della Salute coreano ci sono alcune persone chiamate "tracker" che non fanno altro che guardare le riprese video di giorno e di notte per completare il profilo del movimento dell'infezione e individuare le persone che hanno avuto contatti con loro.

Una notevole differenza tra Asia ed Europa è rappresentata dalle maschere protettive. In Corea non c'è quasi nessuno che vada in giro senza mascherine respiratorie speciali in grado di filtrare l'aria dai virus. Non sono le solite maschere chirurgiche, ma speciali maschere protettive con filtri, che sono anche indossate dai medici che si prendono cura degli infetti. Nelle scorse settimane, la questione prioritaria in Corea è stata la distribuzione di mascherine per la popolazione. Davanti alle farmacie si formavano enormi file. I politici venivano valutati in base alla rapidità con cui le hanno fornite all'intera popolazione. Sono state costruite in fretta e furia nuove macchine per la loro produzione. Al momento la fornitura sembra funzionare bene. Esiste addirittura un'applicazione che ti informa in quale farmacia vicina puoi ancora trovare le mascherine. Credo che le maschere protettive, di cui in Asia è equipaggiata l'intera popolazione, siano state fondamentali per contenere l'epidemia.

I coreani indossano maschere antivirus anche sul posto di lavoro. Persino i politici fanno le loro apparizioni pubbliche solo con maschere. Il presidente coreano la indossa per dare l'esempio, anche durante le conferenze stampa. In Corea ti fanno nero se non indossi la mascherina. Al contrario, in Europa si dice spesso che sono di scarsa utilità, il che è una sciocchezza. Perché allora i dottori indossano maschere protettive? Ma occorre cambiare la maschera abbastanza spesso, perché quando si bagnano perdono la loro funzione filtrante. Tuttavia, i coreani hanno già sviluppato una "mascherina per coronavirus" fatta di nano-filtri che possono anche essere lavati. Si dice che possa proteggere le persone dal virus per un mese. In realtà è un'ottima soluzione finché non ci sono vaccini o farmaci. In Europa, al contrario, i medici devono recarsi in Russia per procurarsele. Macron ha ordinato la confisca delle mascherine per poterle distribuire al personale sanitario. Ma ciò che hanno ricevuto in seguito sono state normali maschere non filtrate con l'indicazione che sarebbero state sufficienti per proteggersi dal coronavirus, il che è falso. L'Europa sta fallendo. A che serve chiudere negozi e ristoranti se le persone continuano ad affollare la metropolitana o gli autobus durante le ore di punta? Come mantenere la distanza necessaria? Persino nei supermercati è quasi impossibile. In una situazione del genere, le maschere protettive salverebbero effettivamente vite umane. Sta emergendo una società di due classi. Chi ha un’auto propria è esposto a meno rischi. Anche le mascherine normali farebbero molto se indossate dagli infetti, perché in questo modo non diffonderebbero il virus verso l’esterno.

Nei paesi europei quasi nessuno indossa la mascherina. Ci sono alcuni che la indossano, ma sono asiatici. I miei connazionali residenti in Europa si lamentano del fatto che vengono guardati in modo strano quando la portano sul viso. Dietro questo c'è una differenza culturale. In Europa esiste un individualismo che porta con sé l'abitudine di indossare una faccia scoperta. Gli unici che vanno in giro mascherati sono i criminali. Ma ora, vedendo le immagini della Corea, sono diventato così abituato a vedere gente mascherata che la faccia nuda dei miei concittadini europei è quasi oscena per me. Vorrei indossare anche io una mascherina protettiva, ma non se ne trovano più.

In passato, la produzione di maschere, così come quella di tanti altri prodotti, è stata esternalizzata in Cina. Per questo adesso in Europa non si trovano mascherine. Gli stati asiatici stanno cercando di fornire a tutta la popolazione maschere protettive. In Cina, quando anche lì sono iniziate a scarseggiare, hanno riorganizzato alcune fabbriche per produrle. In Europa, nemmeno il personale sanitario le ottiene. Finché le persone continuano ad affollarsi su autobus o metropolitane per andare al lavoro senza mascherine, il divieto di uscire di casa ovviamente non servirà a molto. Come si fa a mantenere la distanza necessaria sugli autobus o sulla metropolitana nelle ore di punta? Una lezione che dovremmo prendere dalla pandemia dovrebbe essere la convenienza di riportare in Europa la produzione di determinati prodotti, come mascherine protettive o medicinali e prodotti farmaceutici.

Nonostante tutto il rischio, che non va minimizzato, il panico che ha scatenato la pandemia di coronavirus è sproporzionato. Neanche l'influenza spagnola, che era molto più mortale, ebbe effetti così devastanti sull'economia. Di cosa si tratta davvero? Perché il mondo reagisce con un panico simile a un virus? Emmanuel Macron ha persino parlato di guerra e del nemico invisibile che dobbiamo sconfiggere. Stiamo affrontando un ritorno del nemico? L'influenza spagnola si diffuse nel bel mezzo del primo conflitto mondiale. A quel tempo tutti erano circondati da nemici. Nessuno avrebbe associato l'epidemia con una guerra o un nemico. Ma oggi viviamo in una società totalmente diversa.

In realtà abbiamo vissuto per molto tempo senza nemici. La guerra fredda è finita da molto. Ultimamente anche il terrorismo islamico sembrava essersi trasferito in zone lontane. Esattamente dieci anni fa, ho sostenuto nel mio saggio "La società della stanchezza" la tesi secondo cui viviamo in un'epoca in cui il paradigma immunologico, che si basa sulla negatività del nemico, ha perso la sua validità. Come ai tempi della guerra fredda, la società organizzata immunologicamente è caratterizzata da una vita circondata da confini e recinti, che impediscono la circolazione accelerata di beni e capitali. La globalizzazione sopprime tutte queste soglie immunitarie per dare via libera al capitale. Anche la diffusa promiscuità e permissività, che oggi sono diffuse in tutte le aree vitali, eliminano la negatività dell'ignoto o del nemico. L’agguato più pericoloso ci arriva oggi non dalla negatività del nemico, ma dall'eccesso di positività, che si esprime come eccesso di prestazioni, eccesso di produzione e eccesso di comunicazione. La negatività del nemico non trova posto nella nostra società illimitata e permissiva. La repressione da parte degli altri lascia il posto alla depressione, lo sfruttamento da parte degli altri lascia spazio all'auto-sfruttamento volontario e all'auto-ottimizzazione. Nella società dello spettacolo, la guerra è soprattutto contro se stessi.

Soglie immunologiche e chiusura dei confini

Bene, nel mezzo di questa società così indebolita dal punto di vista immunologico a causa del capitalismo globale, irrompe improvvisamente il virus. Pieni di panico, erigiamo ancora una volta soglie immunologiche e chiudiamo i confini. Il nemico è tornato. Non combattiamo più contro noi stessi, ma contro il nemico invisibile che viene dall'esterno. L'eccessivo panico in vista del virus è una reazione immunitaria sociale, e persino globale, al nuovo nemico. La reazione immunitaria è così violenta perché abbiamo vissuto a lungo in una società senza nemici, in una società di positività, e ora il virus è percepito come un terrore permanente.

Ma c'è un'altra ragione per l'enorme panico. Ancora una volta ha a che fare con la digitalizzazione. La digitalizzazione rimuove la realtà. La realtà viene sperimentata grazie alla resistenza che offre, e che può anche essere dolorosa. La digitalizzazione, l'intera cultura dei "mi piace", sopprime la negatività della resistenza. E nell’epoca della post-verità e delle fake news, sorge un'apatia verso la realtà. Qui si tratta di un vero virus, e non un virus informatico, che provoca confusione. La realtà, la resistenza, torna a farsi notare sotto forma di un virus nemico. Il panico violento ed esagerato nei confronti del virus si spiega a seguito di questo shock proveniente dalla realtà.

La reazione di panico dei mercati finanziari all'epidemia, inoltre, è espressione di quel panico che è già inerente a loro. Le turbolenze estreme dell'economia mondiale la rendono molto vulnerabile. Nonostante la curva in costante aumento dell'indice azionario, la rischiosa politica monetaria delle banche ha generato negli ultimi anni un panico represso in attesa dell'epidemia. Il virus probabilmente non è altro che la piccola goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ciò che si riflette nel panico dei mercati finanziari non è tanto la paura del virus quanto la paura di se stessi. Lo shock si sarebbe potuto produrre anche senza il virus. Forse il virus è solo il preludio di una crisi molto più grande.

Žižek afferma che il virus ha inferto al capitalismo un colpo fatale, ed evoca un oscuro comunismo. Crede persino che il virus potrebbe far cadere il regime cinese. Žižek si sbaglia. Niente di tutto ciò accadrà. La Cina potrà adesso vendere il suo stato di polizia digitale come modello di successo contro la pandemia. La Cina esibirà la superiorità del suo sistema con ancora più orgoglio. E dopo la pandemia, il capitalismo continuerà ancora più vigorosamente. E i turisti continueranno a calpestare il pianeta. Il virus non può sostituire la ragione. È possibile che lo stato di polizia digitale in stile cinese arriverà anche in Occidente. Come ha già detto Naomi Klein, la confusione è un momento propizio che consente di istituire un nuovo sistema di governo. Anche l'istituzione del neoliberismo fu preceduta da crisi che hanno causato shock. Questo è quello che è successo in Corea o in Grecia. Si spera che dopo lo shock causato da questo virus, un regime di polizia digitale come quello cinese non arrivi in Europa. Se ciò dovesse accadere, come teme Giorgio Agamben, lo stato di eccezione diventerebbe la situazione normale. In quel caso, il virus avrebbe raggiunto un obiettivo che nemmeno il terrorismo islamico è riuscito del tutto a ottenere.

Il virus non sconfiggerà il capitalismo. Non ci sarà nessuna rivoluzione virale. Nessun virus è in grado di fare la rivoluzione. Il virus ci isola e ci individua. Non genera alcun sentimento collettivo forte. In qualche modo, ognuno si preoccupa solo della propria sopravvivenza. La solidarietà che consiste nel mantenere le reciproche distanze non è una solidarietà che ci permette di sognare una società diversa, più pacifica e giusta. Non possiamo lasciare la rivoluzione nelle mani del virus. Speriamo che dopo il virus arrivi una rivoluzione umana. Siamo noi, persone dotate di ragione, che dobbiamo ripensare e limitare in maniera radicale il capitalismo distruttivo, e anche la nostra illimitata e distruttiva mobilità, per salvare noi stessi, il clima e il nostro bellissimo pianeta.

** Ph. Credit: Un oficial de policía vigila ante un cartel el pasado 23 de enero en Pekìn. Kevin Frayer/Getty Images