Che succede alle giovani generazioni in Tunisia e Algeria? Tre settimane dopo il tentato suicidio di un giovane venditore ambulante nella regione di Sidi Bouzid, le manifestazioni continuano. All’origine del malessere, la mancanza di lavoro e di prospettive
La rabbia e la protesta dei giovani tunisini ha trovato eco anche a Parigi: il 6 gennaio, 250 manifestanti si sono ritrovati ad esprimere la loro solidarietà agli amici rimasti in Tunisia. Un po' anche in reazione al silenzio imbarazzante di Parigi (la Tunisia è stata colonia francese), preoccupata di conservare un legame speciale con il presidente Bel Ali.
All'origine dei disordini, il tentativo di immolarsi,
appiccandosi fuoco, di un giovane venditore ambulante, Mohamed Bouazizi,
il 17 dicembre scorso a Sidi Bouzid. Diplomato, Mohamed non aveva
trovato un lavoro corrispondente al suo titolo di studio. Il che è vero
per tanti, troppi giovani tunisini.
Il 24 dicembre a Menzel Bouziane, durante una delle
manifestazioni, veniva ucciso dalle forze dell'ordine un giovane di 18
anni, Mohamed Ammari. Numerosi anche i feriti. I giovani manifestanti
tunisini attaccano le sedi comunali, i commissariati di polizia, senza
risparmiare le rappresentanze del partito al potere, il Raggruppamento
costituzionale democratico (Rcd).
Queste manifestazioni giovanili dicono che esiste in Tunisia un
problema serio: quello delle zone rurali abbandonate a sé stesse,
sottosviluppate. La Tunisia ha molto investito, negli ultimi decenni,
nell'industria tessile e nel turismo. Ma l'agricoltura?
Dall'indipendenza (1956) ad oggi, il paese ha visto raddoppiare
la propria popolazione. Il malessere sociale è diffuso: i giovani non
vedono futuro davanti a loro. Sono stati 80mila i giovani laureati
usciti dalle università tunisine lo scorso anno. Ufficialmente la
disoccupazione giovanile è al 20%. Ma c'è da scommettere che sia molto
più alta.
Non manca poi l'aspetto politico di queste manifestazioni. Non è
normale che Ben Ali, al potere dal 1987, governi il paese censurando
pesantemente ogni opposizione e si faccia rieleggere ogni 5 anni con
percentuali che sfiorano il 100%! Da questo potere i giovani si sentono
esclusi, così come si sentono emarginati dalla vita sociale.
La Tunisia, che le istituzioni internazionali considerano
positivamente, è dunque scossa da un'ondata di contestazione sociale che
viene dal paese profondo. I giovani contestano un potere che nei loro
confronti dice di voler usare la carota, ma finisce inevitabilmente per
mostrare il bastone contro coloro, gli studenti, che accusa di offuscare
l'immagine del paese.
Anche in Algeria, in particolare nella capitale Algeri, stiamo
assistendo a scontri tra giovani e polizia. La causa : l'aumento brusco e
senza spiegazioni del prezzo dei prodotti alimentari di base, come olio
e zucchero.
Anche qui, come in Tunisia, si è assistito ad un'esplosione della
popolazione giovane: dall'indipendenza (1962) ad oggi gli algerini sono
cresciuti di tre volte. Mancano le case, col risultato che giovani sono
costretti a rimanere a vivere con i genitori. Non si creano posti di
lavoro. I giovani sanno che l'Algeria incassa cifre enormi dai prodotti
petroliferi (lo scorso anno fino a 150 miliardi di dollari!), ma questa
manna non viene condivisa, non va a vantaggio della maggioranza della
popolazione, e rimane nelle mani di un'oligarchia che si è impadronita
del potere politico ed economico.
Rabbia e frustrazione prima o dopo dovevano scoppiare, come già
si è visto in passato. Queste manifestazioni di rabbia e frustrazione da
parte dei giovani sorprendono soltanto coloro che vogliono tenere gli
occhi chiusi di fronte alla realtà di un Maghreb che sta esplodendo.
(E.B.)