Dopo la caduta di Gheddafi nel 2011, vaste quantità delle sue armi abbandonate di fabbricazione sovietica sono cadute nelle mani di gruppi ribelli e di insorti affiliati ad al-Qaeda.

Mercanti di armi e guerra civile

Bombe al Sarin

24 / 9 / 2013

Mentre il regime di Assad a Damasco ha negato la responsabilità dei missili al gas sarin che hanno ucciso circa 1.400 siriani nel sobborgo di Ghouta il 21 agosto, circolano ora in città informazioni che le nuove “prove” russe a proposito dell’attacco comprendono le date di esportazione degli specifici razzi usati e – cosa più importante – i nomi dei paesi ai quali sono stati venduti in origine. Sono stati apparentemente fabbricati nell’Unione Sovietica nel 1967 e venduti da Mosca a tre paesi arabi: Yemen, Egitto e alla Libia del colonnello Gheddafi. Questi dettagli non possono essere verificati mediante documenti e Vladimir Putin non ha rivelato i motivi per cui ha dichiarato a Barack Obama di sapere che l’esercito di Assad non ha lanciato i missili al sarin; ma se l’informazione è corretta – e si ritiene sia pervenuta da Mosca – la Russia non ha venduto questa particolare partita di munizioni chimiche alla Siria.

Dopo la caduta di Gheddafi nel 2011, vaste quantità delle sue armi abbandonate di fabbricazione sovietica sono cadute nelle mani di gruppi ribelli e di insorti affiliati ad al-Qaeda. Molte sono state rinvenute successivamente nel Mali, alcune in Algeria e una gran quantità nel Sinai. I siriani affermano da molto tempo che una quantità considerevole di armi di fabbricazione sovietica sono finite dalla Libia nelle mani di ribelli nella guerra civile del paese con l’aiuto del Qatar, che aveva appoggiato i ribelli siriani contro Gheddafi e oggi paga le spedizioni di armi agli insorti siriani.

Non c’è dubbio che la Siria abbia un considerevole arsenale di armi chimiche. Né che le scorte siriane contengano grandi quantità di missili da 122mm di gas sarin. Ma se i russi sono stati effettivamente in grado di identificare gli specifici marchi dei missili su frammenti rinvenuti a Ghouta – e se si tratta di munizioni mai esportate in Siria – il regime di Assad vanterà che la sua innocente è stata provata.

In un paese – in realtà in un mondo – in cui la propaganda ha più influenza della verità, scoprire l’origine delle sostanze chimiche che hanno soffocato tanti siriani un mese fa è un’indagine piena di pericoli giornalistici. I giornalisti che trasmettono dispacci dalle parti della Siria tenute dai ribelli sono accusati dal regime di Assad di frequentare i terroristi. I giornalisti che riferiscono dal lato governativo delle linee siriane del fronte sono regolarmente accusati di dar voce alla propaganda del regime. E anche se il regime di Assad non è stato responsabile degli attacchi del 21 agosto, le sue forze hanno commesso una gran quantità di crimini di guerra negli ultimi due anni. Torture, massacri, bombardamento di obiettivi civili sono da tempo dimostrati.

Ciò nonostante, va anche detto che gravi dubbi sono espressi dall’ONU e da altre organizzazioni internazionali a Damasco che il gas sarin sia stato lanciato dall’esercito di Assad. Anche se questi incaricati internazionali non possono essere identificati, alcuni di loro erano a Damasco il 21 agosto e hanno posto una serie di domande cui nessuno ha ancora fornito una risposta. Perché, ad esempio, la Siria avrebbe atteso fino a quando gli ispettori dell’ONU si erano sistemati a Damasco il 18 agosto prima di usare il gas sarin poco più di due giorni dopo, e solo a quattro miglia dall’hotel in cui si erano appena registrati gli ispettori dell’ONU? Avendo in tal modo regalato all’ONU la prova dell’uso del gas sarin – che gli ispettori hanno rapidamente acquisito sul campo – il regime di Assad, se colpevole, si sarebbe certamente reso conto che un attacco militare sarebbe stato messo in atto dalle nazioni occidentali.

Così come stanno le cose, la Siria sta per perdere le sue intere difese chimiche strategiche a lungo termine contro un Israele dotato di armi nucleari perché, se si deve credere ai leader dell’occidente, ha voluto lanciare solo sette missili vecchi di quasi mezzo secolo contro un sobborgo ribelle in cui solo 300 delle 1.400 vittime (se si deve credere agli stessi ribelli) erano combattenti. Come ha dichiarato ieri una ONG occidentale: “Se Assad voleva davvero usare il gas sarin perché, in nome di Dio, ha atteso due anni e proprio quando l’ONU era effettivamente sul terreno per indagare?”

I russi, naturalmente, hanno negato in modo simile in precedenza la responsabilità di Assad negli attacchi con il sarin. Quando almeno 26 siriani erano morti per avvelenamento da sarin a Khan al-Assal il 19 marzo – Mosca aveva di nuovo attribuito la responsabilità ai ribelli. I russi in seguito hanno presentato all’ONU un rapporto di cento pagine contenente le loro “prove”. Come le prove di Putin a proposito degli attacchi del 21 agosto, esse non sono state rivelate.

Un testimone che era con le truppe siriane della Quarta Divisione dell’esercito il 21 agosto – un ex ufficiale delle Forze Speciali considerato una fonte affidabile – ha affermato di non aver visto alcuna prova di lanci di proiettili al gas, anche se si trovava in uno dei sobborghi, Moadamiya, che è stato un bersaglio del sarin. Ricorda in effetti che i soldati avevano espresso preoccupazione quando avevano visto le prime immagini su YouTube di civili che soffocavano, non per simpatia, ma perché temevano di dover combattere in mezzo a nuvole di veleno.

“Ci si spingerebbe forse oltre le teorie della cospirazione affermando che il governo non è stato coinvolto”, ha affermato un giornalista siriano la settimana scorsa, “ma siamo sicuri che i ribelli disponevano del sarin. Avevano bisogno di stranieri che insegnassero loro come lanciarlo. O c’è una “terza forza” che non conosciamo? Se l’occidente aveva bisogno di una scusa per attaccare la Siria, l’ha avuta giusto in tempo, nel posto giusto e di fronte agli ispettori dell’ONU.”

Da Z Net

Originale: The Independent

Traduzione di Giuseppe Volpe