Messico – Guerra al narcotraffico...o alle organizzazioni comunitarie?

In Guerrero le comunità arrestano i narcos ed il governo manda l'esercito ad intimidirle

2 / 11 / 2011

La “guerra al narcotraffico” dichiarata nel 2006 dal presidente Calderon è in questi tempi uno dei temi più discussi in Messico. Da allora migliaia di soldati sono stati mandati in tutto il paese per compiere operazioni di polizia. Molti criticano la strategia del presidente perché riconoscono che è necessario combattere le cause sociali che alimentano il fenomeno, mentre la mano dura di Calderon ha portato solamente ad un escalation di violenza, provocando dal 2006 ad oggi più di 50 mila morti. In tanti denunciano l'influenza dei gruppi criminali nelle istituzioni e che spesso la retorica della guerra al narcotraffico è stata un pretesto per militarizzare i territori dove sono presenti processi di organizzazione sociale. Un caso piuttosto esemplare, e preoccupante, sta avvenendo in questi giorni nello stato del Guerrero.

Lo stato del Guerrero si è trasformato negli ultimi mesi in uno dei più violenti del paese. Le cifre parlano di più di 1300 morti ammazzati nella prima metà del 2011. Ogni giorno i quotidiani riportano del ritrovamento di cadaveri, di teste umane, abbandonati ai bordi delle strade, appesi ad un cavalcavia, o nel baule di un automobile. La violenza colpisce soprattutto la capitale Acapulco, dove non passa giorno senza che ci sia qualche morto, ma è arrivata in quasi ogni lato dello stato. C'è una zona però, dove non si registra la presenza dei narcos e della loro violenza; è nel cosiddetto “territorio comunitario”, una regione a presenza indigena e contadina dove da 16 anni funziona un sistema di sicurezza e giustizia comunitario, cioè qua il controllo del territorio non è gestito dallo stato ma dalle stesse comunità che si sono dotate dei propri organi di polizia e di giustizia.

Nel territorio comunitario sono avvenuti in questi giorni degli episodi strani e preoccupanti, perché per ben due volte in una settimana sono entrati nelle comunità convogli dell'esercito e della polizia federale che stanno partecipando all'operazione “Guerrero sicuro”, un operazione del governo federale che “ufficialmente” dovrebbe combattere la presenza dei narcos e la violenza nello stato. La prima irruzione dell'esercito ha portato all'arresto di un dirigente della CRAC, l'organizzazione dalla quale dipende il sistema della sicurezza e giustizia comunitaria, composto da più di 70 comunità. Fino a qui potrebbe sembrare una delle tante azioni di repressione contro processi di organizzazione delle comunità. Ma la faccenda si fa strana se si pensa che la polizia comunitaria della CRAC ha arrestato, nei giorni scorsi, 5 narcotrafficanti. Cioè, le comunità organizzate hanno arrestato 5 narcos, e l'esercito che sta combattendo il narcotraffico è entrato queste comunità ed ha arrestato un loro dirigente.

Ma vediamo i fatti.

Il 13 ottobre la polizia comunitaria arresta 5 narcotrafficanti che stavano attraversando il loro territorio a bordo di 3 furgoni carichi con 33 pacchi di mariuana. E' una faccenda complessa, perché in 16 anni di attività della polizia comunitaria è la prima volta che ci si trova a che fare con dei narcotrafficanti. E' una faccenda complessa perché i cartelli dei narcos in questi tempi stanno attuando con estrema violenza, e nei luoghi dove sono presenti determinano la vita politica ed economica, impongono il “pizzo” ai commercianti e fanno valere la loro autorità a colpi di mitra. Infatti dopo questi arresti, agli uffici della polizia comunitaria arrivano ogni giorno numerose telefonate che invitano a liberare i narcos, minacciando di uccidere i dirigenti e gente innocente nelle loro comunità.

La faccenda è troppo delicata per essere gestita dalla sola polizia comunitaria. Così viene deciso di convocare le più di 70 comunità in una assemblea generale per decidere cosa fare. Il 19 di ottobre qualche centinaio di persone si riuniscono a Santa Cruz del Rincon per decidere su tre opzioni. O liberare gli arrestati, o consegnarli al governo, o trattenerli nel territorio comunitario e sottoporli a giudizio e al processo di rieducazione (che è la forma attraverso la quale fanno scontare la pena ai detenuti; invece di metterli in galera li fanno stare nelle comunità per lavori utili alla collettività). L'assemblea regionale decide che i 5 narcos vengano sottoposti a processo e rieducati nel territorio comunitario.

L'organizzazione comunitaria in un comunicato espone la sua posizione: “Vogliamo chiarire che noi non siamo in guerra con nessuno, e che in ogni caso diamo priorità alla sicurezza, integrità e tranquillità delle nostre comunità, così come alle migliori condizioni per la rieducazione dei detenuti, rispettando, secondo le nostre possibilità, i loro diritti come persone”. La faccenda è molto delicata perché i cartelli di narcotrafficanti sono fortemente armati e violenti. Ma le comunità hanno deciso che si devono rispettare le loro istituzioni autonome, e soprattutto vogliono impedire fin da subito che i narcos possano radicare nella loro regione. In tutte le comunità si aumentano il numero dei poliziotti e si rafforzano le misure di sicurezza. Si teme una rappresaglia dei narcotrafficanti.

I narcos per il momento non si sono fatti vedere. Da allora, invece, è aumentata la presenza dell'esercito nella zona. Il 25 ottobre un convoglio di sei camion di soldati, col sostegno della polizia federale e 3 aerei, entra nel territorio comunitario. L'obbiettivo “ufficiale” di questo mega-operativo è arrestare Agustin Barrera, un dirigente della CRAC; è accusato di aver tagliato illegalmente 3 alberi alcuni mesi fa. Un altro dirigente, Placido Valerio dichiara ai giornali che in questi 16 anni di attività della polizia comunitaria “non si era mai visto uno spiegamento militare simile, inoltre esiste un accordo che nessun corpo di polizia o militare può entrare nella zona senza il consenso delle comunità”. Non ci crede nessuno alla versione dell'esercito. La CRAC dichiara alla stampa che l'esercito era entrato con l'intento di riscattare i narcos detenuti. Il 31 ottobre entra di nuovo l'esercito nel territorio, due colonne di camion; di nuovo allerta nelle comunità, ma non succede niente.

Il 5 novembre si svolgerà un altra assemblea regionale. Le comunità decideranno la pena da far scontare ai narcos e il destino del carico di droga. La situazione nella regione tuttora è tesa. La CRAC invita mezzi di informazione e organizzazioni sociali ad assistere all'assemblea ed a sostenere le comunità in questi difficili momenti.

Quando le comunità hanno deciso di non liberare i narcos arrestati sapevano che potevano andare incontro a problemi. Temevano ritorsioni da parte dei cartelli. Per adesso le ritorsioni non sono arrivate dai narcotrafficanti, ma dall'esercito federale, il principale attore della “guerra al narcotraffico” di Calderon.

di Daniele Fini

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